L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Quattro Alexander per Sergej

 di Roberta Pedrotti

Tharaud plays Rachmaninov

Alexander Tharaud, Alexander Melnikov, Alexander Madzar pianoforte

Sabine Devieilhe soprano

Alexander Vedernikov, direttore

Royal Liverpool Philharmonic Orchestra

CD Erato Warner Classics, 019029595469, 2016

Desiderio di piacere. Troppo spesso, ascoltando Rachmaninov si ha la sensazione che la sua musica nasca dal desiderio di piacere: virtuosismo, ampiezza e immediatezza melodica, suadenti richiami alla tradizione slava, nessuna, o quasi, asprezza o audacia che possa più di tanto turbare l'uditorio. Alexander Tharaud guarda a questo desiderio attraverso la lente dell'esperienza del compositore fra depressione e percorso di recupero tramite ipnosi e psicanalisi; allora, il desiderio di piacere può essere ansia di riscatto, di accettazione, può essere letto attraverso diversi chiaroscuri. Non ne risulterà un Rachmaninov inopinatamente nevrotico, ma di certo un Rachmaninov più inquieto e complesso, meno eclatante nel gesto atletico, meno avvolgente nel cantabile, ma nondimeno debitamente virtuoso, ben articolato nelle dinamiche, nei colori, nel fraseggio.

La tensione consapevole che pervade l'accavallarsi dei temi nel moto perpetuo del Secondo concerto non manca di lirica levigatezza, comunque, in perfetto accordo con la Royal Liverpool Philharmonic Orchestra diretta da Alexander Vedernikov.

Questo stesso lirismo più pensoso del consueto torna nelle pagine cameristiche, quelle in cui si è comunque abituati a riconoscere un'ispirazione più raccolta e autentica. Cinq Morceaux de fantaisie non si arenano in stucchevolezze caratteristiche, così come in Vocalize, con la voce limpida di Sabine Devieilhe, il melos suggestivo prevale sullo scintillìo dell'arabesco vocale fine a sé stesso, benché mai in questo disco si rinneghi la cura del bel suono. L'edonismo, se non deve essere fulcro e fine ultimo della lettura di Rachmaninov, non può essere trascurato.

Chiude la raccolta l'ascolto raro di due pezzi a sei mani composti nel 1891, giusto un anno prima dei Morceaux de fantaisie, per le cugine Ludmila, Natalia e Vera Skalon. Si uniscono a Tharaud atri due Alexander: Melnikov e Madzar. Tre pianisti raccolti intorno alla stessa tastiera riescono così a cogliere e restituire l'intimità d'ispirazione di pezzi nati in un contesto e per una destinazione privati, in cui se c'era desiderio di piacere era qualcosa di ben più intimo e profondo del riscatto moscovita con il Secondo concerto dopo il tonfo della Prima sinfonia, della superficiale affermazione presso il pubblico statunitense che lo omaggerà anni dopo. Leggere Rachmaninov, il pianista russo divenuto un'icona e morto nel lusso di Beverly Hills, dalla prospettiva del giovane inquieto e fragile, desideroso di affermarsi in primis con sé stesso, è un'opportunità di cui siamo grati a Tharaud e agli tre Alexander – senza dimenticare Sabine Devieilhe – coinvolti in questa incisione, davvero pregevole anche sotto il profilo tecnico.


 

 

 
 
 

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