L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Pensare al passato

di Michele Olivieri

Ad inaugurare la nuova stagione di danza al Municipale di Piacenza è arrivato il Balletto del Sud con la creazione di Fredy Franzutti in omaggio alle affascinanti atmosfere della Belle Époque, tra sfrenati balli, filologiche ricostruzioni, doverose citazioni e un omaggio al geniale Lindsay Kemp.

PIACENZA 14 gennaio 2023 – Il Balletto del Sud regala una interessante e festosa serata mista per iniziare la sua nuova stagione e quella del dorato Teatro Municipale diretto da Cristina Ferrari. Il programma combina quadri di Fredy Franzutti e il pas de deux dal balletto Le Papillon secondo Maria Taglioni ricreato dallo stesso direttore della compagnia sulla base della precedente collaborazione con Beppe Menegatti e Carla Fracci.

Nato nel 1860 sulla musica di Jacques Offenbach, questo balletto è stato dimenticato nel repertorio, anche se il suo passo a due principale è sopravvissuto sporadicamente. La valenza del lavoro di ricostruzione, la specificità della tecnica, l’esecuzione dei ballerini di oggi e la ricettività degli spettatori pone significative riflessioni. Maria Taglioni lo ideò per Emma Livry (una delle ultime ballerine romantiche), sua protetta ed erede. Il titolo riscosse successo. Ma Emma Livry venne a mancare tragicamente sul palcoscenico quando il suo tutù prese fuoco a causa delle lampade a gas in proscenio. E pensare che il balletto nella sua interezza ci narra di una giovane fanciulla mutata in farfalla da una fata malvagia in cui l’incantesimo viene sciolto dopo essere attratta da una fiamma che le brucia le ali. In seguito a tale drammatico incidente, Maria Taglioni non volle più rappresentare Le Papillon e il balletto fu ritirato senza lasciare alcuna trascrizione o notazione integrale. Solo nel 1976 Pierre Lacotte ricostruì il pas de deux per il suo addio alle scene, che danzò con Dominique Khalfouni da poco nominata Étoile, per poi essere rappresentato in Russia. A tal proposito ricordiamo nel 1979 la grande prima ballerina sovietica Irina Kolpakova (che nel 2023 ha compiuto novant'anni) quando diede l’addio alle scene al Mariinsky di San Pietroburgo proprio con questo passo a due. Rivederlo oggi sul palco del Municipale (danzato con accuratezza e lirismo da Nuria Salado Fustè), incastonato come quintultimo intermezzo del programma, ha destato meraviglia per la valenza storica e il lavoro filologico. La ricostruzione di Franzutti evoca sentimenti. Ci riporta allo stile e ai passi utilizzati da Maria Taglioni; l’immaginazione ha fatto il resto nel rendere tributo a due leggendarie artiste dell’epoca e alla loro pregevole tecnica intrisa di eleganza e leggerezza fluttuante, ai contrappesi, ai piccoli passi, alla capacità di mantenere un armonioso equilibrio con estrema precisione, ai movimenti dolci, alle braccia precipuamente curve, all’inclinazione calcata in avanti del busto, alla nobiltà interiore, senza scordare la gestualità che per Carlo Blasis era “l’anima stessa e il sostegno del balletto”. Per meglio chiarire il concetto usiamo ancora le parole di Blasis “bisogna che il ballerino possa ad ogni istante servire di modello ai pittori e agli scultori”. Forse è questa idea di etereo e spirituale ciò che rende difficile ai tempi nostri la piena ricezione accademica purista. Franzutti nella sua proposizione sottolinea (a ragion veduta) la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico nel concorrere a preservare la memoria e a promuovere lo sviluppo della cultura coreica, quale esaltazione del valore educativo. Ciò basta già a dare un profondo senso a Gaîté Parisienne visto a Piacenza.

Il resto dello spettacolo si è composto da altri sedici quadri che hanno restituito appieno l’atmosfera della Belle Époque senza mai perdere di freschezza. I vigorosi solisti e il brillante corpo di ballo hanno avvolto il silenzioso teatro in una sorta di universo parallelo, quasi lo spettatore fosse seduto a un tavolino della pasticceria parigina più famosa di quel tempo, la Gloppe in Avenue des Champs-Élysées o, perché no, in uno dei celebrati cabaret della grandeur, trovandosi come vicina di poltrona la Parisienne dipinta da Charles Giron nellaFemmeaux gants presentato alla mostra della Société Nationale des Beaux-Arts nel 1883, una raffinata dama dallo compiaciuto, accentuato dal voluminoso cappello ricoperto di piume di marabù.

Il “giardino in danza” di Franzutti si è svelato a poco a poco, seguendo i mutamenti delle luci (firmate da Piero Calò), le scenografie d’antan di Francesco Palma – con suggestioni di Toulouse-Lautrec e di Louise Weber detta La Goulue – e i costumi ripresi da pitture e figure dell’epoca, senza tralasciare il fil rouge musicale attinto dall’estro di Jacques Offenbach, considerato il padre dell’operetta. Il bello dello spettacolo è l’inaspettato, grazie a uno stile che punta esso stesso alla sorpresa e trascina in un festoso battito delle mani a tempo il pubblico presente in ogni ordine di posto. Stile e flessibilità della narrazione hanno colto il più fedelmente possibile, con mano agile, il soggetto e la sua evanescenza in una corsa verso la modernità e il progresso che non avrebbe più avuto fine. Il tempo dello spettacolo trascorre veloce tra galop, can can, polke, mazurke, valzer, un pizzico di erotismo, virtuosismi tecnici, espressività mai forzate, risvegliando quella forma di intrattenimento che fece della capitale francese un ottimistico emblema dell’epoca.

Generosi gli applausi a scena aperta e nel finale, ripetute le chiamate alla ribalta per i ballerini, in particolare a Nuria Salado Fustè, Alice Leoncini, Matias Iaconianni, Ovidiu Chitanu e a tutto il resto della solida compagine, lodando così la sapiente “orchestrazione” di Franzutti e l’abbondanza esecutiva del suo Balletto del Sud.

A incorniciare la serata, nell’aureo palco reale del Municipale, la presenza di Luciana Savignano, grande étoile scaligera, custode della danza internazionale, più volte interprete dei lavori di Franzutti, amica del “poeta della danza” Lindsay Kemp a cui lo spettacolo è dedicato, e musa di Béjart per il quale danzò proprio nel suo Gaîté Parisienne al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles al fianco di straordinari artisti, tra cui Jorge Donn, Victor Ullate, Micha Van Hoecke.


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