L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'essenza dell'umano

 di Andrea R. G. Pedrotti

J.Ph. Rameau

Les indes galantes

Oropesa, Juric, Quintans, Benoit, Nazmi, Auvity, Lis, Prohaska, Vidal, Moore.

direttore Ivor Bolton

regia e coreografia Sidi Larbi Cherkaoui

Dancers of Eastman

Münchner Festspielorchester

Balthasar-Neumann-Chor

Registrato al Prinzregententhater di Monaco di Baviera, luglio 2016

2DVD BelAir Classique, BAC 138, 2017

Prendendo in mano il DVD di Les Indes galantes, nell'edizione andata in scena, nella prima versione del 1735, alla Bayerische Staatsoper nel 2016, ci si potrebbe aspettare di vedere un prologo e quattro atti sostanzialmente slegati fra loro: bella musica, un bello spettacolo, ma poco più.

In Germania, tuttavia, non a caso ebbe luce il Wort-Ton-Drama; ed è proprio grazie a questa forma mentis, che conduce alla ricerca di una drammaturgia costruita nella totalità di un'opera d'arte, che il testo viene arricchito, senza essere tradito.

Il prologo è un'esaltazione delle qualità dell'amore e si manifesta in una scuola, in un liceo, dove gli adolescenti, pervasi dalle prime pulsioni della pubertà, per la prima volta si trovano a confrontarsi con coetanei esterni alla famiglia e a relazionarsi col mondo.

Le successive quattro entrée non vengono trattate dal regista e coreografo Sidi Larbi Cherkaoui come vicende chiuse, ma interpretate sempre dai medesimi personaggi che si trovano ad affrontare situazioni e contesti differenti: una scuola, una chiesa, i rapporti diplomatici fra USA e UE, sempre mantenendo un'umanità spiccata e coerente. Ciò che viene portato sul palcoscenico della Bayerische Staatsoper, rielaborando con intelligenza il tema dell'esotismo settecentesco, è il fenomeno delle migrazioni, dell'incontro fra culture, dello scontro fra culture, delle crisi identitarie, della tradizione, della lotta per restare se stessi, sempre nel nome della koiné di un unico animale uomo.

Una sfumatura linguistica molto bella del tedesco, e che in italiano è assente, è la presenza di un termine unico per indicare il genere umano, indipendentemente dall'etnia o dal genere. Noi siamo abituati a dire “l'uomo” sia per indicare un individuo di sesso maschile sia per l'intera umanità, conducendo l'espressione odierna a un limitante “uomini e donne”, che, con un'espressione invero retorica e falsamente egualitaria, restringe il campo, poiché limita la semantica a una distinzione sessuale, mentre il concetto di “genere umano” è ben più ampio. Il concetto di “mensch” purtroppo ci è sconosciuto, ma è proprio quello che troviamo riverberato in questa produzione.

È sempre straordinario notare come la maturità intellettuale, la comprensione dei propri errori storici, l'umiltà del mettersi in discussione, senza trincerarsi dietro becera propaganda strillata contraddistingua i Paesi del centro Europa, che maggior dolore hanno dato all'umanità del XX secolo.

Un difetto nostrano (non solo del teatro), infatti, è proprio la schiavitù dell'immagine, del confondere il testo con l'icona, fino ad arrivare a concetti disarmanti, fra i quali addossare la colpa delle proprie difficoltà non alla propria incapacità e impreparazione, ma ad occulti poteri forti che pare non abbiano nulla di meglio da fare che vessarci (non si capisce perché), fino all'arrogarsi la frase “io sono colui che sono” sbandierando di investiture e vacui titoli che consentono di non assumersi mai le proprie responsabilità innanzi al “mensch”, con l'unica, triste, suicida risposta, d'uno strillato “me ne frego”, tanto caro a troppi governanti del Bel Paese e, evidentemente, assai apprezzato dal loro popolo. Questo DVD dà un'idea di questo “mensch” sconosciuto al nostro linguaggio: vederlo può essere utile a comprenderne, parzialmente, la natura.

Funzionali, perfettamente costruite, e drammaturgicamente ineccepibili le coreografie firmate, al pari della regia, da Sidi Larbi Cherkaoui. Le scene erano di Anna Viebrock, i costumi di Greta Goiris e le luci di Michael Bauer.

D'alto livello tutto il cast, composto da Lisette Oropesa (Hébé/Zima), Goran Juric (Bellone), Ana Quintans (L'Amour/Zaïre, Tareq Nazmi (Osman/Alì), Elsa Benoit (Emilie)Cyril Auvity (Valère/Tacmas), François Lis (Huascar/Don Alvaro), Anna Prohaska (Phani/Fatine), Mathias Vidal (Don Carlos/Damon), John Moore (Adario).

Convince anche Ivon Bolton alla guida Münchner Festspielorchester e il Balthsar-Neumann-Chor, Freiburg diretto da Detlef Bratschke.

Ottima, come detto, la drammaturgia di Antonio Cunca Ruiz e Miron Hakenbeck.


 

 

 
 
 

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