L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Affondati nel sangue

di Irina Sorokina

Grandi applausi per gli interpreti di un Ernani diretto con partecipazione da Enrique Mazzola nell'allestimento estremo di Lotte de Beer a Bregenz.

Bregenz, 19 luglio 2023 - L’apertura del Bregenzer Festspiele Bodensee, rinomato festival open air sul sorridente lago di Costanza, avviene con Ernani verdiano, composto nel 1844, prima della trilogia popolare e tratta da un dramma di Victor Hugo. Opera molto bella e coinvolgente, ma non familiare al grande pubblico che può fischiettare “La donna è mobile”, “Amami Alfredo” e “Stride la vampa”: solo i melomani veri portano nei cuori “Ernani involami” o “Oh de' verd'anni miei”. Tratto al dramma omonimo di Victor Hugo, Ernani, come la trilogia popolare abbonda di melodie di una folgorante bellezza nei ritmi. Cari melomani, riconoscete i ritmi di marcia, galop, valzer e polonaise (o, meglio, polacca, in italiano)? Il celebre coro “Si ridesti il leon di Castiglia” è una marcia virile, la cabaletta d’Ernani “Oh tu che l’alma adora” altro non è che un vivace galop, un altro galop apre l’atto secondo. Il quarto atto inizia con una brillante polonaise. E non finisce qui. “Infelice!.. E tu credevi” potrebbe essere comodamente usato in una classe di danza per un bel adagio e la stessa cosa vale per “Oh de’ verd’anni miei”: non si sa cos’è meglio.

Non c’è da stupirsi. La prima del dramma iper romantico di Hugo si tenne a Parigi, dove operarono Théophille Gautier, generatore delle idee del balletto romantico, Adolphe Adam, autore di Giselle, il balletto romantico per antonomasia, le dive dell’Opéra quali Marie Taglioni e Carlotta Grisi (a proposito, la prima a metà italiana, la seconda italiana istriana). I loro graziosi piedini toccavano il palcoscenico accompagnati dai ritmi in voga nella prima metà dell’Ottocento: apriamo la partitura qualsiasi di Donizetti, Bellini e il giovane Verdi e sentiamo delle serie intere di marce, galop, valzer e polonaise, esattamente come nei balletti di Adam e compagnia bella. E ben ci sta. Qualcuno farà fatica di ammetterlo, ma questi ritmi sono parte importante del nostro bagaglio culturale e qualche melomane ha il piacere di fischiettare melodie celebri che provocano un piacere immediato grazie alla loro semplicità e vivacità.

Tutto questo riguarda la musica; tuttavia siamo a Bregenz dove si è abituati a messe in scena insolite, quasi tutte appartenenti al Regie Theater, teatro di regia, un fenomeno tipico dei paesi di lingua tedesca. Quindi, era saggio venire alla première preparati all’idea che non avremmo assistito a un Ernani di stampo tradizionale. Ma qual che abbiamo visto ha superato le aspettative.

Un Ernani al femminile verrebbe a dire, e sarebbe banalità: la messa in scena è affidata alla regista olandese Lotte de Beer che attualmente dirige la Volksoper nella capitale austriaca. Molto probabile che abbia letto la fonte letteraria dell’opera giovanile di Verdi, ma quel che si è visto sul palcoscenico del Festspielhaus ha poco a che fare con l’originale. La musica di Verdi accompagna – diciamo, accompagna, perché qui la scena prevale sulla partitura – una storia inventata, molto diversa dall’originale; si tratta del mondo ricreato che si discosta parecchio da quello del giovane Verdi.

Ovviamente, siamo scaraventati con violenza nell’attualità; in un paese che potrebbe essere la Siria o l’Afganistan, la Russia o l’Ucraina, ma non insisto affatto su quest’ipotesi. Insomma, scaraventati in un paese dove regna una violenza inaudita e i nemici vengono torturati nel modo più efferato, letteralmente tagliati a pezzi: il sangue schizza sui muri bianchi, che non vengono poi puliti.

La scenografia di Christof Hetzer non è altro che un’installazione essenziale, una specie di muro chiaro con tre arche quadrate: occupa uno spazio insignificante e lascia tutto il palcoscenico ai movimenti spettacolari dei magnifici membri del Coro Filarmonico di Praga affiancati dagli ancora più magnifici stuntman, acrobati dalla muscolatura scolpita capaci di salti spettacolari di movimenti coreografici (coreografo Ran Arthur Braun) e grandi specialisti nelle arti marziali. Questa è la compagnia che frequenta, nella messa in scena del Bregenzer Festspiele, l’Ernani verdiano.

I banditi sono vestiti da Hetzer con pantaloni giacche comode dal taglio moderno e dai colori essenziali, bianco, nero, marrone. Quel che fa la differenza, è il sangue: sono tutti coperti di sangue, il protagonista per primo. Sono loro dominatori del mondo inventato dalla team che ha messo in scena questo Ernani verdiano: un mondo senza regole, impossibile, assurdo, fatto di odio e di violenza, di insulti e di torture. Ecco, le torture: sono esse a colpire di più l’immaginazione degli spettatori. In scena il sangue schizza, don Ruy Gomez de Silva, dopo aver cantato la nota cavatina, viene preso, picchiato e poi letteralmente fatto a pezzi, alla fine gli distruggono la coscia destra con un coltello enorme e un flusso enorme di sangue schizza in tal modo da macchiare una parte della parete bianca con tre archi, mentre gli aguzzini dimostrano visibilmente un grande piacere.

Tanto, troppo sangue; più si va avanti e più ci si abitua, non è esattamente questo che sta accadendo nel mondo d’oggi e che ci vediamo ogni giorno accomodandoci davanti alla televisione nel salotto di casa? E soprattutto, seguendo questa spettacolare e violenta messa in scena del titolo del Verdi giovane, si pone un’ennesima volta delle domande: perché una tale violenza? E dove vuole arrivare? E si risponde per l’ennesima volta: non sappiamo il perché, evidentemente fa parte della natura umana. E non si arriva da nessuna parte.

L'opera è stata eseguita magistralmente da un eccellente cast internazionale che letteralmente delizia l’orecchio del pubblico raffinato e molto coinvolto solito a frequentare il Bregenzer Festspiele Bodensee. Dobbiamo ammettere che si è assistiti ad un quasi miracolo, se si tratta della compagnia di canto. Nel ruolo del titolo, il tenore Saimir Pirgu, che nel passato non lontano si ascoltava in un altro tipo di repertorio, si rivela un ottimo interprete verdiano, dimostra una bella voce di tenore forse non ancora lirico spinto, ma piacevolmente virile, dallo squillo incantevole e in possesso di tutti i segreti dello stile. Al suo fianco, un fenomenale soprano cinese: Guanqun Yu, voce ampia, timbro bello e tecnica eccellente. Nulla pare difficile per lei, né la scrittura impervia dalle frasi lunghe che richiede un bel fiato, né i virtuosismi che affronta con un’assoluta naturalezza. Dimostra anche una grande capacità di stare in scena, recita con convinzione e affronta con disinvoltura il fatto di portare un abito piuttosto impegnativo, una specie di tutù, pure bianco, che somiglia assai agli abiti di scena delle dive del balletto romantico. Ed è anche condannata a camminare scalza… povera Guanqun, le tocca pure cantare, cantare e correre vestita in modo non proprio comodo.

Il grande successo degli interpreti della coppia degli innamorati viene involontariamente superato dal baritono italiano Franco Vassallo, vero trionfatore della serata. Incredibilmente disinvolto, gira per tutto lo spettacolo col petto nudo e non teme di mostrare un fisico tutt’altro che atletico. Disegna il personaggio del futuro imperatore Carlo Quinto con simpatia e un pizzico d’ironia e canta in modo eccellente; la voce è ampia, il timbro ricco di sfumature, la tecnica perfetta. Quando è ora di presentarsi sul palcoscenico per gli applausi finali, proprio Vassallo ne prende la quantità più grande; il pubblico sembra non voler lasciarlo andare.

Bravissimo il giovane basso croato Goran Jurić nella parte di Don Ruy Gomez de Silva, in possesso di una voce profonda e morbida e abile fraseggiatore. Di tutto il cast superlativo, suscita simpatia particolare perché destinato a muoversi col deambulatore e sopportare senza un gemito le torture della banda di Ernani che letteralmente lo taglia a pezzi.

Discreti e dignitosi i comprimari, Aytaj Shikhalizade (Giovanna), Omar Kobiljak (Don Riccardo), Stanislav Vorobyov (Jago), e davvero eccellente il Prager Philharmonischer Chor, preparatao da Lukaš Vasilek, presenza costante al Bregenzer Festspiele.

Il direttore residente del Festival,Enrique Mazzola ,alla guida del Wiener Symphoniker si sente pure lui a proprio agio nell’affrontare le vicende assurde dell’Ernani verdiano e la bellezza di questo belcanto particolare; immerso totalmente nella partitura, trova tempi sempre giusti, dimostra una grande familiarità con i ritmi danzanti e galoppanti e segue i cantanti amorevolmente, tutto ciò con un pizzico d’ironia. Quel che qualcuno chiama “un pa, un pa pa” e “un pararam pam pam” nelle sue mani vantano la grande eleganza che, senza dubbio, appartiene loro e confermano il proprio valore storico e artistico. Se qualcuno fosse convinto che Ernani fosse un’opera leggera o superficiale, deve ricrederci.


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