L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Zeffiretto fra le tempeste

di Luigi Raso

Il concerto di Nadine Sierra e Pretty Yende al Teatro di San Carlo è afflitto da questioni extramusicali fra cambi al vertice e agitazioni sindacali, ma riesce a offrire momenti di dolce ristoro nel canto.

NAPOLI, 21 maggio 2023 - Promessa mantenuta: al termine del recital dello scorso 6 aprile (qui la recensione) Pretty Yende, su invito e sollecitazione del coordinatore area artistica e casting director Ilias Tzempetonidis, promise che sarebbe tornata molto presto al Teatro San Carlo per un concerto straordinario insieme al soprano e amica Nadine Sierra.

Fu, quella di aprile, una sera di festa e di gioia: il San Carlo ritrovò la propria casa, dopo tre mesi di chiusura per il restauro della tela del soffitto di Giuseppe Cammarano, e conseguente trasferimento delle attività artistiche al Teatro Politeama. Atmosfera molto differente rispetto a solo un mese e mezzo fa è, invece, quella in cui si svolge il concerto di stasera, programmato in un periodo cruciale per le sorti amministrative della Fondazione lirica. Per effetto del Decreto Legge n. 51 del 10 maggio 2023 emanato dal Consiglio dei Ministri l’attuale sovrintendente Stéphane Lissner, avendo compiuto settant'anni lo scorso gennaio, decadrà dalla carica dal primo giugno prossimo. Inoltre, in questi giorni, le maestranze teatrali, rivendicando promesse non mantenute dall’attuale dirigenza, hanno dichiarato lo stato di agitazione sindacale; infine, per il concerto di cui vi diamo conto qui, l’Orchestra del Teatro San Carlo proclama lo sciopero. Il programma viene dunque eseguito senza orchestra, con il solo pianoforte ad accompagnare i due soprani: si ricorre, infatti, a un artista esterno alla Fondazione, Luigi Angelo Maresca, e il concerto viene ‘salvato’.

Fatto sta che, prima del suo inizio, lo sciopero dell’Orchestra e la sostituzione della stessa con il solo pianoforte viene comunicata dal palcoscenico da una voce non identificata e amplificata; all’annuncio seguono segnali di disapprovazione da parte del pubblico (la serata registra il soldout). Il dovere di cronaca impone di rilevare anche che nessun delegato dell’Orchestra si è presentato a leggere il comunicato con l’indicazione delle ragioni dello sciopero davanti al pubblico che ha gremito la sala. Risultato finale? Un gran pasticcio: il pubblico non ha avuto modo di conoscere le ragioni della direzione del Teatro - che, malgrado lo sciopero dell’orchestra, non ha cancellato il concerto - così come, in assenza della lettura del comunicato sindacale, le motivazioni dei professori d’orchestra e dei lavoratori poste alla base dello stato di agitazione e dello sciopero. Chiusa questa parentesi di cronaca, chi scrive sente il dover di affermare che dal punto di vista musicale la mancanza dell’Orchestra si è sentita, e molto!

L’originario programma è stato, ovviamente, privato di tre brani programmati (Ouverture da Le nozze di Figaro, dal Barbiere di Siviglia e da Le allegre comari di Windsor di Otto Nicolai); ma soprattutto sono mancati i colori dell’orchestra, in particolar modo nella seconda parte del concerto, dedicata al repertorio francese, austriaco e statunitense; si è percepita la mancanza del sostegno e del contorno alle linee di canto nel corso della prima parte, di stampo prevalentemente belcantistico.

Al pianista Luigi Angelo Maresca va riconosciuto il merito di essere riuscito a mettere a proprio agio i due soprani, così di cercare di non far pesare molto l’assenza dell’orchestra: artista versatile, accompagnamento fluido, ben calibrato e ad uso e sostegno del canto, coadiuvato in ciò anche dai tempi che il direttore, Pablo Mielgo - ebbene sì, ‘dirige’ pianista e soprani! - ha impartito a tutti. Immaginiamo che abbia avuto poco tempo per provare: il giudizio sul pianista, alla luce delle premesse extramusicali, è nel complesso ben più encomiabile.

Il concerto si apre con il duetto “Pensa che sol per poco sospendo l’ira mia... Non bastan quelle lagrime” da Elisabetta, regina d'Inghilterra di Gioachino Rossini: quella di Pretty Yende (veste i panni regali di Elisabetta, la Sierra quelli di Matilde) è un’interpretazione limitata alla ricerca di una corretta linea vocale, ma non imbevuta nello stile esecutivo belcantistico rossiniano e, infine, probabilmente perché primo brano in scaletta, affetta da un senso diffuso di arida meccanicità.

Si prosegue con Nadine Sierra che si cimenta, spiritosa, con lo spumeggiante “Quel guardo il cavaliere... So anch’io la virtù magica” da Don Pasquale di Donizetti: la cavatina è l’occasione per il soprano statunitense di sfoggiare il consueto ammaliante timbro vocale e la sua buona dose di verve vocale.

La Scena ed aria finale di Amina “Ah, non credea mirarti... Ah non giunge” da La Sonnambula di Vincenzo Bellini è uno di quei brani in programma in cui più si avverte la mancanza dei colori orchestrali: il dialogo con la voce, il riemergere dei temi collegati ad Elvino perdono di intensità e fascino se intonati dal solo pianoforte, tanto più se in una scena strutturata e ampia come questa.

La Yende denota qualche incertezza nella tenuta della linea di canto e nell’assicurare alle melodie di Bellini un melos, corposo e immacolato; la dizione è poco chiara e scolpita: ne risultano, per la somma dei motivi elencati, un’aria e cabaletta ben poco entusiasmanti.

Dal repertorio belcantistico Nadine Sierra fa un’incursione nel Verdi della Traviata:“È strano... Ah! Fors'è lui... Follie! Follie!” denota correttezza esecutiva di fondo, ma dizione talvolta poco chiara; voce pastosa e del consueto bel colore, ma, in definitiva, coinvolge poco. Pretty Yende, dietro le scene, intona la parte di Alfredo durante la cabaletta che chiude l’atto I, con tanto di sovracuto finale della Sierra.

Pretty Yende veste i panni di Adalgisa e Nadine Sierra quelli dell'eroina eponima in “Mira, o Norma... Sì, fino all'ore estreme”dall'opera di Vincenzo Bellini:duetto molto ben cantato, ma nel quale la sostanziale omogeneità delle vocalità della Yende e della Sierra priva il duetto di quella essenziale differenza timbrica che pur dovrebbe connotarlo. Comunque le linee sono così ben compenetrate e amalgamate tra loro che il brano finisce per acquistare colori e luminosità suggestive.

Discorso analogo per il celebre Duo des fleurs “Sous le dôme épais”da Lakmé di Léo Delibes: scritto per soprano e mezzosoprano, il brano perde gran parte del suo fascino a causa della sovrapponibilità delle due corde sopranili e, ancor più, per l’aridità del suono del pianoforte, se paragonato a quello dell’orchestrazione di Delibes.

Coinvolgente per la sensualità della linea di canto e la naturale avvenenza della figura è Nadine Sierra nella romanza della Vilja da Die lustige WitwediFranz Léhar: è questa l’occasione per il soprano statunitense per sfoggiare i carati di un timbro che riesce ad accostare tinte ombrose a quelle luminose del registro acuto, a fraseggiare con cura, ora ad alleggerire l’emissione con grande abilità tecnica, ora a rinforzarla ottenendo irrobustimenti della linea di canto di grande intensità.

Pretty Yende è bravissima nel cogliere il carattere della bambola meccanica Olympia in “Les oiseaux dans la charmille”da Les contes d'Hoffmanndi Jacques Offenbach: gli acuti e sovracuti sono il regno più florido del soprano sudafricano. E in quest’aria abbondano: la loro esecuzione è, al netto di qualcuno, precisa. L’interprete ha poi modo di far sprigionare tutta la propria innata simpatia e affabilità, aiutata in questo dalle gag con le quali il direttore Pablo Mielgo dà le cariche meccaniche all'automa.

Nelle vene di Nadine Sierra scorre anche sangue napoletano (nonna paterna partenopea), e si sente: la canzone O Sole mio! è interpretata con un’intensità così elevata che si fa perdonare la dimenticanza delle parole nella seconda strofa e una pronuncia della lingua da migliorare. Ma resta il piacere di ascoltare una voce dal bellissimo timbro interpretare con trasporto una delle canzoni più celebri al mondo.

Convince (molto) poco la successiva La Danza di Gioacchino Rossini: la Yende stenta a trovare la corretta quadratura musicale del brano, nonché gli accenti giusti e il giusto fuoco per le note più acute.

Proposto come bis al termine dell’ultimo recital sancarliano, Pretty Yende stasera ritrova I want to be a primadonna dall’opera comica The Enchantress (1911) di Victor Herbert: è questa l’occasione per sfoggiare ancora una volta la propria contagiosa simpatia, che ben si adatta allo spirito canzonatorio del song di Victor Herbert.

Si resta negli States per uno dei capolavori senza tempo di Broadway (e non solo), West Side Story, da cui Nadine Sierra e Pretty Yende si suddividono l’esecuzione del song “I feel pretty”:l’interpretazione della Sierra è così avvincente, la sua vocalità così adatta a una Maria ‘lirica’ tanto da farne un indiscutibile punto di riferimento per la parte.

Il concerto si chiude con un trionfo per le due interpreti, lunghissimi e calorosissimi applausi, con richieste di bis.

“Non c’è male senza orchestra!”, esclama Nadine Sierra prima di eseguire l’encore: no, non è così! Chi scrive ritiene che, non volendo sminuire la professionalità del bravo pianista Luigi Angelo Maresca, l’articolato ed eterogeneo repertorio in programma avrebbe ricevuto ben altro e più coinvolgente sostegno dalla presenza dell’ottima compagine orchestrale sancarliana; e, ad ogni modo, un teatro lirico che soltanto ipotizzasse di poter far a meno di orchestra, coro, e di tutte le maestranze che concorrono alla realizzazione degli spettacoli non sarebbe neppure idealmente concepibile.

In conclusione e ritornando alla musica, Pretty Yende e Nadine Sierra concedono come bis, il duettino “Che soave zeffiretto” da Le nozze di Figaro di Mozart: e i due minuti di quella musica sublime, interpretata con raffinato cesello e limpide linee di canto, stemperano tutte le tensioni che hanno avvolto questo concerto.


 

 

 
 
 

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