L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Gala Flórez

di Giuseppe Guggino

Juan Diego Flórez torna al Teatro Massimo di Palermo dopo vent’anni di assenza, per un Gala ben articolato concluso con una girandola di sei bis. Sul podio Jader Bignamini. Pubblico festante.

Palermo, 21 ottobre 2021 - Originariamente annunciato per la stagione estiva al Teatro di Verdura e poi rinviato per improvvisa indisposizione del protagonista, si riprogramma al Teatro Massimo il “Gala Florez”, con pubblico al 100% e probabilmente con miglior successo. Ecco che il divo peruviano torna a Palermo a distanza di quasi vent’anni da uno Stabat Mater affrontato nei primi anni di carriera con la guida amorevole del compianto Alberto Zedda. In questo ventennio la parabola artistica del tenore contraltino si è sviluppata da Rossini al repertorio francese, passando per qualche timido cimento donizettiano e verdiano, un po’ come il programma del gala sembra voler parafrasare.

La sinfonia da Semiramide in apertura anticipa quindi la sortita di Juan Diego Flórez che, in elegante abito scuro ma senza cravatta, parte proprio da Rossini con “Deh tu m’assisti amore” dal Bruschino e con le agilità della seconda aria di Idreno, unico omaggio alle funamboliche capacità virtuosistiche degli esordi, che sembrano aver mantenuto la carica elettrizzante di un tempo.

Poco male se all’appello mancano Corradino, Almaviva e Giacomo V, se – dopo una sinfonia del Don Pasquale per la verità un poco caciarona – si passa alla “Furtiva lagrima” affrontata con un oneroso stacco comodo che consente di godere appieno del legato, dei fiati lunghi, dell’emissione ben tornita, fino ad una chiusa sussurrata con grande poesia. Affrontata anche l’aria finale di Edgardo, la conclusione della prima parte getta un ponte ideale verso la seconda, con un interessante approccio all’ultimo Donizetti francese: sebbene affrontato nell'aria apocrifa di Matteo Salvi “Angelo casto e bel” per il completamento postumo nella versione ritmica italiana di Le Duc d’Albe, è terreno ideale per una linea di canto incline alle finezze che la vocalità di Flórez riesce a rendere con grande naturalezza.

La seconda parte del concerto si avvia subito con il rientro del divo accompagnato da Jader Bignamini, suo sostegno e complice dal podio, e si passa subito al Verdi dei Lombardi nella riscrittura aria di Oronte. Specularmente rispetto alla prima parte del concerto Bignamini con l’Orchestra del Massimo di Palermo convincono maggiormente, a partire da un’infuocata ouverture de Le Roi de Lahore, mentre Flórez a le prese cosuona sì corretto ed impeccabile ma privo delle disperate impennate o degli estatici languori che questo repertorio esigerebbe, sicché pur nonostante un fraseggio molto sorvegliato, senza smorzature e senza alcuna messa di voce, il risultato è un poco noiosetto.

La tregenda da Le Villi è preludio alla romanza di Roberto e aprova lucidamente priva di effettazioni veristiche, chiude il programma ufficiale in chiave pucciniana. La sala reclama il bis e si vira subito sulla canzone napoletana con Torna a Surriento, poi una seggiola e una chitarra fanno capolino e Flórez, accompagnandosi con discrezione, inanella Core ingrato, Besame mucho e Cucurucucú. Il pubblico sempre più festante richiede il rientro di Bignamini sul podio e arrivano Granada e “Nessun dorma”: non rimane che reperire altri due tenori e richiamare all’appello Zubin Mehta.


 

 

 
 
 

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