L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il figlio del reggimento

di Giuseppe Guggino

L’opéra-comique più riuscita e popolare di Gaetano Donizetti approda al Teatro Bellini di Catania per la conclusione di stagione nell’immarcescibile allestimento di Franco Zeffirelli con la scanzonata concertazione di Giuliano Carella e il Tonio sugli scudi di John Osborn.

Catania, 22 ottobre 2023 - Concluso il Bellini International Context, la programmazione operistica del Teatro Bellini, dopo i recenti Puritani, riprende da un altro parigino della prima metà dell’ottocento, proponendo La fille du régiment nello storico allestimento di Franco Zeffirelli, nato nel 1959 per il Teatro Massimo di Palermo. Nella parabola artistica del regista fiorentino di cui si celebra il centenario della nascita è difficile imbattersi in uno spettacolo tanto riuscito al punto di non dimostrare i suoi sessantaquattro anni, nei quali è peraltro stato ripreso praticamente ovunque. E difficilmente potrebbe immaginarsi una sintesi più riuscita fra la bidimensionalità dei personaggi, appena sbozzata dal libretto di Jean-François Bayard e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges, e quelle ingenue scene dipinte ispirate alle stampe dell’Imagerie d'Épinal. Né la grazia viene meno coi costumi, ridisegnati da Anna Biagiotti, o nella ripresa dello spettacolo, curata con grande dedizione da Marco Gandini.

Non meno convincenti sono i risultati sul piano musicale, a partire dalla bacchetta di Giuliano Carella che, avvalendosi dell’edizione critica, recupera nel finale primo «O douleur, ô surpise» una breve sezione di ventidue battute su un’invenzione a più voci in orchestra che vede Marie attardarsi a salutare Pierre, Jacques e il vecchio Thomas del régiment, destando l’indignazione della Marquise. Privilegiando tempi serrati sin dall’ouverture l’Orchestra e il Coro – quest’ultimo ben istruito da Luigi Petrozziello – danno prova di buona vitalità, centrando la cifra scanzonata e militaresca impressa dal podio.

Sorvolando sulla sciatteria della locandina, compilata in maniera da non rendere espliciti gli avvicendamenti dei solisti fra le varie recite e manchevole dei comprimari, a parte il caricaturale Hortensius di Francesco Palmieri, ottime sono le prove di Madelyn Renée quale Marquise de Berkenfield e di Ernesto Tomasini impegnato come Duchesse Krakenthorp en-travesti, che nel secondo atto interpolano in sequenza, accompagnati al pianoforte, rispettivamente «Ah que j’aime les militaires» da La Duchesse de Gerolstein di Offenbach e «Me voglio fa' 'na casa» dello stesso Donizetti.

Luca Galli si segnala per l’emissione calibratissima dal pregevole colore baritonale chiaro, oltre che per l’eccellente dizione francese, mentre Jessica Nuccio compensa con verve e ottima musicalità un peso specifico alquanto assottigliato. Indubbio trionfatore della serata è John Osborn, Tonio assiduo negli ultimi tempi, dal Donizetti Festival di Bergamo alla Fenice, che in «Ah! mes amis, quel jour de fête!» ribatte qualcuno dei nove do, che pertanto diventano undici, interpolandovi anche dei re naturali, con una facilità tale da far registrare persistenti richieste di bis, giustamente coronate da un’esecuzione forse ancora più perfetta della prima. L’interprete è poi scafato, sicché all’ingenuità esibita nel primo atto si contrappone una diversa consapevolezza nel secondo, quando «Pour me rapprocher de Marie» è reso con grande partecipazione emotiva, pur nello sbalorditivo controllo delle dinamiche e degli effetti espressivi. Al debutto catanese, il tenore americano sugella una delle serate più memorabili delle ultime stagioni del Teatro Bellini, sicché questa Fille, divenuta per una sera Le fils du régiment, è auspucabilmente viatico per un prossimo ritorno di Osborn, possibilmente applicato alla scrittura belliniana.


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