L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Oggettività e romanticismo

di Luigi Raso

Gabriele Pieranunzi, violino, e Giorgia Tomassi, pianoforte, interpretano Schumann al teatro Sannazaro di Napoli per il cartellone dell'Associazione Scarlatti.

NAPOLI, 10 maggio 2023 - Già avvolte delle prime nebbie del disturbo bipolare che porterà Robert Schumann a soli quarantasei anni a morire in manicomio, le tre Sonate per violino e pianoforte – le prime due del 1851, la terza del 1853 – sono espressione di psiche e anima tormentate: a fronte di un uso parco del materiale tematico, le melodie di Schumann in queste tre composizioni cameristiche procedono tortuose, come inseguendo le spire di una colonna tortile.

I temi appaiono quali viandanti musicali che peregrinano, si soffermano ad ammirare, tornano sui loro passi, procedono zigzagando, quasi senza una meta definita.

Quello di Schumann, e in particolare quello degli ultimi anni, è un romanticismo ‘arroventato’, anticipatore, per certi aspetti, delle future inquietudini di Pëtr Čajkovski e di quella parcellizzazione dell’Io di Gustav Mahler, pervaso da una malcelata voluptas dolendi, e animata da mai sopiti daímones.

Da questa temperie romantica ed emotiva, sin dalla Sonata n. 3 in la minore WoO27 (concepita, a mo’ di indovinello per il grande violinista Joseph Joachim, quale opera collettiva di Robert Schumann, Johannes Brahms e Albert Dietrich, discepolo di Schumann. Ai suoi II e IV movimento Schumann successivamente ne aggiunse altri due. Clara Wieck giudicò la sonata scritta sotto l’influsso della follia e ne impedì la circolazione: il manoscritto emerse nel corso del ‘900 e vide le stampe soltanto nel 1956) Gabriele Pieranunzi e Giorgia Tomassi si tengono ben lontani, optando per una lettura pulita, quasi ‘oggettiva’, che tende a spegnere il magma informale che divora la Sonata a favore di una visione pacata e priva di magniloquenza: il rischio di questa visione interpretativa è di addentrarsi in un’oggettività probabilmente non congeniale alla temperie culturale ed emotiva in cui nasce la sonata, ma che ad ogni modo ha il merito di mettere in luce il dominio tecnico-strumentale da parte dei due artisti.

Ma con la successiva Sonata n. 1 in la minore op. 105 l’ottica interpretativa di Pieranunzi e Tomassi diventa più vivida: grazie al suono definito, pulito e incisivo del violino di Pieranunzi, dal 2004 spalla dell’Orchestra del Teatro di San Carlo, emergono con nitidezza le micro cellule tematiche della sonata, sfrondando dagli eccessi romantici insisti nella scrittura di Schumann le eccessive cupezze e tortuosità melodiche.

Ben calibrato, per peso sonoro e sintonia interpretativa, l’apporto del pianoforte di Giorgia Tomassi, la quale smussa i duelli tra violino e pianoforte - che pur abbondano in tutte e tre le Sonate - a favore di una cantabilità che sostiene quella del violino.

Sintesi di questa visione interpretativa, incline a far emergere la purezza espositiva dei contorni delle cellule musicali e a proporre la visione di un romanticismo più sereno e meno tormentato, delle tre sonate di Robert Schumann (la loro incisione discografica è stata recentemente pubblicata dalla rivista Amadeus) è l’intenso, lirico e schubertiano III movimento Leise, einfach della Sonata n. 2 in re minore “Grosse Sonate” op. 121: è qui che la cantabilità, la rivincita del tepore primaverile sulle brume nordiche, del violino di Pieranunzi e del pianoforte di Tomassi forniscono, a parere di chi scrive, la chiave di lettura dell’intero corpus cameristico. Il violino prima sussurra, poi canta; e il pianoforte quasi lo culla, come in un sereno e crepuscolare Lied, tenendo sotto controllo le tormentate visioni della psiche di Schumann già votata a conclamata follia.

Il pubblico, che con attenzione e in religioso silenzio ha seguito il concerto, alla fine applaude calorosamente i due artisti: la serata si chiude con due bis, entrambi di Schumann, Widmung e il Fantasiestücke n. 1 op. 73.


 

 

 
 
 

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