L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Aromi acerbi e sapori forti

di Luigi Raso

Il talento di Alexandra Dovgan mette in luce in Chopin eccellenti premesse tecniche e un'interpretazione ancora in via di maturazione. L'impostazione energica di Dan Ettinger sul podio è confermata dalla Sinfonia Dal nuovo mondo di Dvořák.

NAPOLI, 16 giugno 2023 - Il San Carlo si conferma teatro accogliente per giovanissimi talenti pianistici: quattro mesi fa, seppur nella sala del Teatro Politeama (qui la recensione), Alexander Malofeev (classe 2001) stupì il pubblico con il virtuosismo muscolare del Concerton. 2 in do minore per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov; stasera la ancor più giovane (classe 2007) Alexandra Dovgan ha incantato con la lettura del Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in fa minore, op. 21 di Fryderyk Chopin.

Opera giovanile del compositore e pianista polacco (la stesura occupò Chopin dal 1829 al 1830), dalla forma piuttosto libera, attraversata da ardenti slanci poetici, è, per l’afflato amoroso che ne costituisce fonte di ispirazione e dedica, opera particolarmente congeniale a tumultuosi sentimentalismi giovanili.

Alexandra Dovgan, talentuosissima pianista russa, già vincitrice di blasonati concorsi internazionali, in possesso di un tocco pulito, nitido, perfetto controllo tecnico, bel suono, ampio ventaglio dinamico, affronta con sicurezza e ‘devozione’ la scrittura di Chopin. Malgrado la giovanissima età, la Dovgan appare alquanto restia ad immergersi nelle infuocate atmosfere sentimentali di cui pur abbonda il concerto: appare quasi aver timore di farsi coinvolgere sul piano emotivo. Opta quindi per una lettura attenta alle indicazioni dinamiche, ma che non eccede, non dilata gli estremi espressivi e sonori del fraseggio. E così il Larghetto centrale ne esce limpido (il movimento meglio eseguito, a giudizio di chi scrive) grazie alla ben calibrata articolazione del legato.

I movimenti estremi - Maestoso il primo, Allegro vivace l’ultimo - appaiono, invece, sicuramente ben eseguiti ma ancor privi di quei guizzi espressivi che la maturità artistica sicuramente recherà alla pianista: la Dovgan, in particolare nell’Allegro vivace finale, si produce in un eccellente saggio di tecnica, ma lo scintillio, quel pulsare leggero della danza popolare che chiude il concerto, pur essendo ben eseguito, è acerbamente interpretato.

L’interpretazione di questa sera del Secondo concerto di Chopin da parte di Alexandra Dovgan, in definitiva, segna un promemoria di ciò che sicuramente avverrà in seguito: la tecnica prodigiosa sarà sicuro sostegno ad un’interpretazione più matura e approfondita della pagina giovanile di Chopin.

Al termine, grande successo personale per la giovanissima pianista che regala due bis.

Quanto al versante orchestrale, sebbene la scrittura di Chopin sia nettamente sbilanciata a favore dell’amato pianoforte, Dan Ettinger ottiene dall’Orchestra del Teatro San Carlo un buon accompagnamento, colori e raffinatezze strumentali (in particolare nel secondo movimento); tuttavia il suo gesto (dirige senza bacchetta) in più di un’occasione determina qualche incertezza; si nota, poi, la tendenza del concertatore - così come nel successivo brano in programma, come vedremo - ad enfatizzare eccessivamente il forte e il fortissimo.

Decisamente più interessante, curata e personale è infatti la lettura della successiva Sinfonia n. 9 in mi minore ‘Dal nuovo mondo’, Op. 95 di Antonín Dvořák, la cui freschezza di ispirazione, immersione di un compositore europeo nella genuinità musicale americana, fornisce a Ettinger l’occasione di calare gli assi della propria spiccata esuberanza ed energia.

Il primo movimento Adagio - Allegro molto è staccato con tempo indugiante e solenne: si enfatizza così il gioco dei pesi sonori ed espressivi e, in particolar, si apprezza il lavoro dell’ottimo reparto di ottoni, chiamato da Ettinger nel corso dell’intera Sinfonia a una prova estremamente ardua, per la lucentezza e lo spessore sonoro richiesti.

Lirico e indugiante, dal fraseggio estremamente curato, è il successivo Largo: qui si ha la sensazione che Ettinger tratti il soffuso movimento come una pagina operistica, laddove al corno inglese - per inciso, magnifica l’esecuzione della celebre e melanconica melodia da parte di Giuseppe Benedetto! - affida il ruolo di voce e all’orchestra il compito di respirare con essa. È, il secondo movimento, la pagina più screziata per sonorità e fraseggio nonché la più mobile per le dinamiche: lirica, venata da malinconia, crepuscolare.

Nei successivi due movimenti - Scherzo. Molto vivace, il terzo; Allegro con fuoco, il quarto - vengono alla luce le caratteristiche di Dan Ettinger che in questi mesi di sua direzione musicale sancarliana si sono notate: energia musicale, conduzione vivida e incisiva, tendenza a compiacersi del forte e fortissimo, suono orchestrale fendente, deciso.

E in effetti c’è un gran dispiego di energia e di suono: Ettinger chiede sonorità possenti agli ottoni, più consone a un’opera wagneriana che a una sinfonia di Dvořák: il risultato è eccellente, in quanto il reparto è in serata di grazia, tuttavia il dubbio che un così deciso, imperioso peso sonora si adatti allo spirito della Sinfonia resta.

Il finale della SinfoniaDal nuovo mondo è di quelli che, per originaria scrittura e per la roboante esecuzione di stasera, strappa applausi che puntualmente, dopo gli ultimi accordi, scoppiano, decretando per Dan Ettinger e la sua orchestra un calorosissimo successo.


 

 

 
 
 

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