L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Un’aura amorosa

di Vincenza Caserta

Francisco Brito attraversa il Settecento musicale con i Solisti Veneti

Un luglio che è ormai all’insegna del solleone ed un tardo pomeriggio di musica alla storica Villa di Maser. L’ambiente bucolico e immerso nel verde ha tutti i colori che vediamo sulle tele del Giorgione, sembra di essere in una dimensione in cui il tempo ha fatto perdere traccia di sé, permettendo un più agevole muoversi tra secoli di musica. I solisti Veneti, diretti da Giuliano Carella, presentano un programma che ben rispecchia la grazia del luogo. Il concerto si apre con la Sinfonia dall’oratorio Messiah di Handel, in cui la bacchetta di Carella sottolinea con chiarezza ogni linea melodica. Il tenore argentino Francisco Brito viene presentato in sostituzione del baritono Bruno De Simone con relativo cambio di programma. Con Handel viene dipinto un nuovo quadretto bucolico in “Pastorello d’un povero armento” da Rodelinda, immagine quasi virgiliana. Con decisa espressione, Brito sottolinea gli intenti dell’autore, ben amalgamandosi con l’orchestra nel senso circolare della forma, come anche in “Del mio sol vezzosi rai” da Ariodante, interpretato con scioltezza dal tenore.

Il Divertimento in re maggiore K 136 per archi e basso continuo di Mozart è un tripudio di vivacità sia per i contrasti coloristici che per il dinamismo scandito da una scelta di tempi rapidi. Con “Si spande al sole in faccia” da Il re pastore è Brito a definire con interessante vocalità il clima già preparato magistralmente dall’orchestra, i cambiamenti di intenzione musicale sono definiti nel dettaglio e non mancano di vis espressiva. In “Se vincendo” dalla stessa opera mozartiana predomina l’attenzione al dettaglio e a raffinate sfumature.

Il Concerto in la minore Op 47 n 8 di Spohr, intitolato Wie eine Gesangszene per violino ed archi è reso magistralmente da Lucio Degani, violino solista. La dolcezza con cui si snoda l’intero concerto presenta un lirismo di stampo meditativo, arricchito da sprazzi virtuosistici tendenti a sottolineare la cantabilità che avvolge l’intera partitura, in cui aleggia uno spirito operistico.

“Rosa del ciel” dall’Orfeo di Monteverdi rappresenta un suggestivo momento in cui Brito evidenzia con attenzione ogni sfumatura, accompagnato dal clavicembalo di Loreggian; “J’ai perdu mon Eurydice” dall’Orfeo di Gluck è un ulteriore esempio della duttilità vocale del tenore, con chiarezza timbrica e convincente presenza scenica. “Un’aura amorosa” da Così fan tutte porta in scena dolcezza cantabile e morbida tenerezza.

Il bis omaggia l’inaugurazione del Teatro S.Carlo di Napoli con “Quando dal fianco pende il ferro” da Achille in Sciro di Domenico Sarro, con un’ottima prova vocale di Brito che non indietreggia nei passaggi di maggiore impegno virtuosistico. Applausi dirompenti.


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