L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Romantici, ma non troppo

di Alberto Ponti

Una esecuzione del poema straussiano dalla forte carica espressiva, ma condotta con analitico rigore, è accoppiata a una lettura elegante e misurata della sinfonia Praga di Mozart

TORINO, 18 gennaio 2024 - È comune a molte opere complesse avere più chiavi di lettura. Ein Heldenleben di Richard Strauss sotto il profilo della complessità non si fa mancare nulla. Abbiamo un vastissimo organico, ma utilizzato spesso per ricreare sonorità cameristiche; abbiamo un programma autobiografico, ma, nonostante le apparenze, non è poi così essenziale alla comprensione del fatto musicale; abbiamo soprattutto uno stile bifronte che, se da un lato è l’ultima magniloquente espressione del tardo romanticismo di matrice germanica, dall’altro rivela appena sotto la superficie dell’apparentemente tranquillo mare del grande sinfonismo tradizionale la modernità incipiente e i segni della prossima crisi del linguaggio. Sotto la bacchetta di Andrés Orozco-Estrada, alla sua prima apparizione del 2024 alla testa dell’OSN Rai, pare prevalere l’ultimo aspetto. Dopo l’ascolto di questo Heldenleben, datato 1899,ci se rende conto che la tappa successiva non è la rassicurante Symphonia Domestica, come la logica del catalogo straussiano vorrebbe suggerire, quanto piuttosto Pelleas und Melisande (1904) di Schoenberg, dove comincia a sfilacciarsi in modo sottile il velo che celava il passaggio al territorio atonale. Il viennese aveva dieci anni in meno di Strauss ma il maestro di Monaco, che dominava qualsiasi scrittura musicale in modo istintivo, aveva capito fin troppo bene che lì si sarebbe andati a finire e, storia nota, preferì cambiare genere e dedicarsi all’opera piuttosto di cedere alla tentazione dell’atonalità (ma in Elektra ci andrà di nuovo assai vicino…).

La scelta del direttore principale dell’orchestra torinese insiste sulla pulizia di linee della partitura, e in questa direzione si inserisce il piccolo riassunto dei temi conduttori presentati di persona con l’aiuto di alcune prime parti in una breve lezione-concerto anteposta all’esecuzione vera e propria. Se il nitore della resa finale restituisce all’ascolto nelle sezioni di maggiore potenza fonica (su tutte Il campo di battaglia dell’eroe) un autore quasi vicino all’espressionismo, ne guadagna tuttavia la comprensione della struttura di un lavoro che, a guardarlo sulla carta, pare spesso un groviglio inestricabile di note col rischio che, dalla sovrapposizione di diversi piani melodici e armonici, prevalgano alcune voci a scapito di altre. Con il direttore di origine colombiana nulla di ciò accade: anche gli episodi più intricati scorrono con un’evidenza ammirevole, ogni tassello al suo posto, senza ‘cannibalizzazioni’ delle frasi portanti sulle secondarie in subordine, che rimangono come dettagli essenziali dello sfondo di un dipinto dietro le azioni dell’eroe sul palcoscenico della vita destinata a diventare tutt’uno con l’arte. Ed è compito non da poco: sbirciare certe pagine di questo poema sinfonico è come sollevare il cofano motore di una Jaguar a 12 cilindri, dove solo i migliori meccanici (a trovarne!) riescono a metterci mano.

Il tema principale dell’eroe alias il compositore stesso, subito esposto da corni, violoncelli e contrabbassi, possiede una compatta baldanza, presto estesa all’intera orchestra in un tripudio di note ribattute di archi e fiati. Ne esce un ritratto quasi amabile, pronto però a tramutarsi nello schizzo al vetriolo degli avversari del protagonista, i critici musicali, sostenuto dalle note appuntite e dissonanti di flauto e ottavino, sul controcanto ironico delle due tube. Nell’episodio viene fuori il carattere più squisitamente novecentesco di Strauss, che nella visione di Orozco-Estrada si tramuta in tante piccole punture di spillo. A marcare la differenza con i contemporanei basti pensare alla seconda delle Enigma variations di Edward Elgar, del tutto coeve (1899), con un tema molto simile che, trattato con un’orchestrazione pure di alto livello ma di tipo ottocentesco tradizionale, sfocia all’opposto in un risultato amabile e sorridente. Della battaglia, che tanto impressionò all’epoca, si è già detto, ma il virtuosismo analitico direttoriale non sarebbe possibile senza l’impegno totale di un’orchestra apparsa in grande spolvero, che negli ultimi anni sta acquisendo un’identità di suono particolare senza per questo rinunciare a modellarsi di volta in volta alle intenzioni del podio. Nonostante la manciata di concerti finora diretti all’auditorium, il gesto e il carisma di Orozco-Estrada, figura minuta, flessuosa ed elegante, paiono trovare una corrispondenza intima e una reazione immediata nella vasta platea dei musicisti.

Non si pensi però in via esclusiva a un Richard Strauss fratello maggiore della seconda scuola di Vienna. Non mancano, in Ein Heldenleben le affascinanti praterie dell’estremo romanticismo, i paesaggi wagneriani, dall’immagine della compagna, con l’arditissimo ed esteso assolo del violino (Alessandro Milani, nell’occasione) alle opere di pace dell’eroe, tradotte in un mosaico di autocitazioni, al suo ritiro dal mondo, con la mano dell’interprete ad assecondare un sinfonismo edonistico e conscio dei propri mezzi ma privo di compiacimento.

Non vorremmo però tralasciare la Sinfonia in re maggiore K504 Praga di Wolfgang Amadeus Mozart proposta nella prima parte della serata. Qui Orozco-Estrada, al modo in cui nel concerto inaugurale della stagione aveva anteposto la Jupiter allo sfavillante Musorgskij-Ravel di Tableaux d’une exposition, si mette al servizio dello stile del genio salisburghese, cui bastano pochi tratti per raggiungere la perfezione formale ed emozionale. Non si trova nulla di eccessivo e di calcato, nessuna forzatura preromantica in un brano dove i sublimi tempi lenti, includendo non solo l’Andante centrale ma anche l’ampio Adagio introduttivo, potrebbero indurre in tentazione. Abbiamo invece misura, calore umano, finezza nei particolari abbinati a una chiarezza di intonazione e fraseggio in grado di rendere merito ai pregi e alla sensibilità degli interpreti tutti.

Pubblico numeroso e successo indiscusso, coronato per lunghi minuti da ovazioni entusiaste.


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