L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

lucia di lamermoor a trapani

L’ottimo nemico del (più o meno) buono

 di Giuseppe Guggino

A oltre vent’anni dall’avvio della sua costruzione, ancora non del tutto portata a termine, si inaugura il “Teatro Tonino Pardo” all’interno del Conservatorio Scontrino di Trapani con una Lucia di Lammermoor portata in scena dal Luglio Musicale Trapanese. Pubblico da grandi occasioni cittadine, presenza delle istituzioni locali e clima di festa, come si conviene a un’inaugurazione da troppo tempo procrastinata.

Trapani, 16 dicembre 2016 - Alla ricerca di un’impossibile “perfezione”, talvolta capita che un’opera rimanga incompiuta per un ventennio. È il caso del Teatro del Conservatorio Scontrino, ubicato nella periferia alle porte di Trapani, mai aperto al pubblico sebbene manchevole solamente delle finiture interne. La politica “pragmatica” del Luglio Musicale Trapanese di questi ultimi anni ha funzionato da catalizzatore nell’abbandonare l’idea del completamento in grande stile della sala, preferendovi comprensibilmente un’inaugurazione con qualche imperfezione, ma che fosse pur sempre un’apertura. E questo pragmatismo ci piace. Intendiamoci, l’aspetto acustico della sala è ancora estremamente problematico (va riconosciuto innanzi tutto a chi suonava), a causa della notevole altezza con in copertura dei tegoli a pi-greco in cemento armato precompresso, la correzione ottenuta con imbottiture ruspanti alle pareti laterali è ancora piuttosto inefficace, però iniziare a far “suonare” questa sala è l’unico modo per correggerla di volta in volta.

Al pragmatismo dell’inaugurazione si accompagna di pari passo il pragmatismo artistico di questa Lucia di Lammermoor d’apertura. Gilda Fiume è una Lucia non molto ortodossa nell’amministrazione tecnica di un patrimonio vocale di grande interesse, sovente incline all’espediente che le consente di risolvere bene il ruolo, completo delle puntature di prammatica e delle colorature richieste e aggiunte. Sergio Bologna è un Lord Enrico old style, ma vocalmente solido, mentre l’Edgardo di Danilo Formaggia, ostinato nell’eseguire due suoni consecutivi della stessa altezza senza appoggiatura, parte bene per poi pagare una certa stanchezza, onerato assieme con il collega anche della scena della torre.

Giovanni Furlanetto canta un Raimondo truculento e sonoro, con l’aria ma senza da capo, così come pure ben udibili risultano i due secondi tenori, Tatsuya Takahashi come sposino e Juan Pablo Duprè come Normanno, in misura maggiore dell’Alisa di Luciana Pansa.

Se assai omogenea è la prova del Coro di Fabio Modica, Andrea Certa sul podio deve invece molto adoperarsi su una compagine variabile dall’eccellenza delle trombe (quelle in buca, diversamente da quelle sul palco) a risultati un poco troppo catastrofici dei corni (che in Lucia, specie nell’ultimo quadro, hanno una certa evidenza).

Lo spettacolo dell’estroso Vassilis Anastassiou con scene proprie e costumi di Ledio Konxholli, coprodotto con il Teatro Goldoni di Livorno, batte un’inedita strada surreal-espressionista. Il preludio mostra una Lucia in camicia di forza a stringere (maldestramente, giacché la camicia di forza inibisce proprio la capacità prensile) un LP con effigiata Maria Callas: la stessa camicia di forza che ella rifiuterà di indossare alla fine della pazzia, lasciando aperto il dubbio su chi potrebbe più propriamente mettersela addosso. In mezzo alle due parentesi, l’idea della rilettura drammaturgica è lasciata quasi latente, giacché sia Edgardo sia Enrico indossano costumi tipicamente scozzesi, con quest’ultimo sempre accompagnato da scherani un poco bodyguard tamarre da discoteca, talvolta chiamate a esibire un comportamento cinofilo con il fratello di Lucia. Di grande impatto è, oltre al twist su “Per te d’immenso giubilo”, anche la pazzia con una Lucia capace non solo di infliggere le necessarie coltellate al povero sposino, ma persino di decollarlo, per poi scatenarsi in una sorta di danza, a dire il vero più pertinente a una Salomè. Meno comprensibile è la presenza della tomba nella scena della torre ma non nel finale o l’improvviso accasciamento di Edgardo su “Tu che a Dio”, con Raimondo che intona pur sempre “Che facesti”.

Il pubblico comunque apprezza gli sforzi, tributando un pieno successo alla serata, e non possiamo che riconoscere in tutta l’operazione degli aspetti meritevoli di apprezzamento, con i migliori auspici espressi in prospettiva di un futuro in crescita di risultati.


 

 

 
 
 

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