L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’ultimo concerto della Sinfonica Siciliana?

di Giuseppe Guggino

Con una decurtazione di 8 milioni di euro al contributo originariamente previsto, sulla Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana si allunga lo spettro della liquidazione e gli orchestrali occupano il Politeama, annullano il concerto previsto, anzi, ne seguono la prima parte a porte aperte per una serata che potrebbe essere “l’ultima”.

PALERMO, 1 febbraio 2014 - Fine settimana di occupazione del Teatro Politeama di Palermo da parte dell’Orchestra Sinfonica Siciliana quello appena trascorso, per protesta contro il futuro labile dell’istituzione musicale prossima alla chiusura. Così il concerto previsto per venerdì sera (e la replica pomeridiana del sabato pomeriggio) ha avuto luogo in forma abrégé, con alcuni interventi di prolusione (l’assessore regionale Stancheris e tre deputati regionali tutti naturalmente involatisi con scatto felino prima dell’inizio della musica) e la sinfonia da Norma seguita dal solo secondo concerto per pianoforte e orchestra di Chopin affidato alle mani giovani ma già artisticamente mature della ventenne Leonora Armellini con Massimiliano Caldi sul podio. Eccettuata la prova davvero convincente della solista, l’orchestra non ha brillato per omogeneità (specie negli archi) pur in una partitura dalla scrittura orchestrale notoriamente non trascendentale, tanto che è lo stesso direttore a chiedere la parola sugli applausi finali per segnalare come il concerto sia stato provato solo una volta nella mattinata, oltre che per manifestare convinto sostegno ai membri dell’istituzione musicale in disarmo. Il resoconto cronachistico del “disarmo” annunciato, di cui questo concerto non è che una plastica rappresentazione, parte da lontano; dalla mala gestione economica e artistica che ha accompagnato l’Orchestra (istituita come Ente con Decreto del Presidente della Regione Siciliana 40/1951) quantomeno dalla sua riconversione a Fondazione di diritto privato nel 2002; commissariata a più riprese in questi anni, allo stato attuale la FOSS grava per la quasi totalità sulle casse regionali (9,067 milioni di euro), giacché al FUS attinge una somma irrisoria (430 mila euro) e raccoglie al botteghino meno del 4% del valore della produzione. Il tutto gravato dal circa 6 milioni euro di indebitamento registrato dallo stato patrimoniale verso fisco ed enti di previdenza. L’ultimo esercizio risulta essersi chiuso con un disavanzo in conto esercizio di 1˙427˙210 euro.

Ecco che si vara la stagione attuale chiedendo agli orchestrali un sacrificio in busta paga del 15% e un aumento della produttività per garantire una trentina di concerti (in doppio turno) più concerti extra per scolaresche e iniziative varie; il costo annuo dei dipendenti orchestrali di ruolo si attesta adesso su 3 milioni e 700 mila euro, con totale cachet per direttori di appena 300 mila euro e 37 mila euro totali per le prestazioni dei solisti (roba un po’ da est europeo) ma presentando comunque una stagione più che decorosa. Certo, impressiona ancora l’incidenza abnorme della voce relativa ai 47 dipendenti amministrativi, vecchio retaggio del vecchio Ente, che pesano ben 1˙192 mila euro, ma certamente la strada intrapresa sembra essere virtuosa; ecco che allora arriva il soffocamento della ripresa, perché la Finanziaria della Regione è impugnata per ¾ dal Commissario dello Stato e il contributo regionale (vitale, perché l’unico di una certa consistenza) si riduce per cause di forza maggiore a meno di 1 milione di euro, a fronte di una stagione già programmata e avviata. È ovvio che quando il fondo del barile è raschiato rimane poco da fare. Un buon punto di partenza sarebbe cominciare a chiedersi quanto e come si sia speso in Sicilia tra sagre della salsiccia, circuiti del Mito, contributi a manifestazioni di dubbio valore artistico, nonché per l’onnipresente Alberto Veronesi, già assessore a Cefalù in quota al MPA dell’ex presidente Lombardo, nonché direttore artistico e musicale per tanti anni dell’Orchestra Sinfonica Siciliana; ma si sa che le riflessioni di più ampio respiro sono sempre scomode, e allora è più facile navigare a vista, di emergenza in emergenza.

Il destino dell’Orchestra Sinfonica si intreccia quasi a sovrapporsi perfettamente per affinità di cause ed effetti a quella del Teatro Bellini di Catania, già convertito in Fondazione di diritto privato (nel 2002) e poi riconvertito in Ente Autonomo Regionale (nel 2009) che ad oggi non riesce a varare una stagione d’opera per il 2014 e che propone continui cambi di solisti e direttori nella stagione sinfonica (nel finesettimana scorso un concerto è stato diretto da un orchestrale in quanto il designato Jeffrey Tate è dichiarato malato, anche se terrà regolarmente un concerto al Lirico di Cagliari nella prossima settimana). Ebbene, in questo contesto le istituzioni musicali siciliane navigano di semestre in semestre con la nomina di un commissario straordinario in luogo del cda che, per perversa fantasia statutaria, nomina pure un sovrintendente ovviamente con scadenza a sua volta semestrale, in attesa che l’imminente cataclisma si abbatta. Se ciò dovesse accadere, la Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana è ben messa perché può contare sull’esperienza di un nuovo sovrintendente (già scaduto però, oltre già membro del cda commissariato) l’ingegnere Francesco Guttadauro, esperto della materia in quanto assistette a suo tempo alla liquidazione dell’Ente Fiera del Mediterraneo (con circa 18 milioni di euro di buco). Ma proprio perché in Sicilia – a parole – la rivoluzione è di casa, ecco che l’ex sovrintendente della F.O.S.S, l’architetto Ester Bonafede, adesso è ricompensato ricoprendo il ruolo di assessore nella Giunta Regionale e il nome più quotato circolante per la direzione artistica del Teatro Bellini di Catania pare essere proprio quello di Alberto Veronesi. Come dire, un modo per capitalizzare le esperienze del passato! Purtroppo di veramente rivoluzionario qui non rimane che riferire solo del bel bis concesso da Leonora Armellini ossia l’étude op. 10 no. 12 di Chopin, appunto cosiddetto, giacché di altre rivoluzioni non se ne vedono proprio all’orizzonte.

 

 

 

 
 
 

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