Mater dolorosa
Si conclude con lunghi applausi il concerto dell’Ensemble Sezione Aurea, con un particolare apprezzamento per le prove di Giulia Bolcato e Carlo Vistoli
CARRARA (MS) 7 aprile 2025 – Il benemerito Circolo Carrarese Amici della Lirica “A. Mercuriali” è senza dubbio una delle realtà più propositive nella città del marmo per quel che concerne le attività musicali. Il particolare momento dell’anno (assieme all’avvicinarsi della Settimana Santa) ha offerto il pretesto per rimettere sul leggio un titolo che in Quaresima viene riproposto con frequenza, cioè l’amato Stabat pergolesiano, preceduto da due brevi composizioni di Antonio Vivaldi. Programma ordinario, senz’altro, ma tutt’altro che ordinario il parterre degli interpreti che vede l’Ensemble Sezione Aurea e due voci di alto profilo come quelle di Giulia Bolcato e Carlo Vistoli ed ecco che il Duomo di Sant’Andrea dal rosone marmoreo non potrebbe essere più stipato.
Si apprezza che l’Ensemble abbia tolto dal catalogo del prete rosso due lavori (molto relativamente) poco conosciuti: il Concerto in sol minore per archi e basso continuo RV 152 e la Sinfonia in si minore per archi “Al Santo Sepolcro” RV 169, quest’ultima peraltro in recenti anni ha conosciuto una buona diffusione.
Il primo elemento che colpisce l’orecchio è l’intonazione netta e pulita dell’ensemble, con una bellissima qualità del suono unita a un’articolazione nitida, cosa che si apprezza senz’altro nel primo movimento del Concerto in sol minore – in edizione Malipiero – con le sue rapide sequenze di sedicesimi ma soprattutto nel movimento conclusivo connotato da quel denso contrappuntismo. I Sezione Aurea hanno anche un bel piglio che sin dalla prima nota esorcizza qualsiasi timore di barocco inamidato; una tempra accesa che si esplicita in compattezza dell’ensemble ed efficace ricerca timbrica (valga come esempio il meraviglioso secondo movimento dal carattere pastorale). A volte c’è un po’ eccesso di entusiasmo da parte del cembalo, che si appropria spontaneamente della Sinfonia “Al Santo Sepolcro”, quando sia l’edizione critica di Antonio Fanna sia il manoscritto vivaldiano specificano in modo inequivocabile «Senza Organi o Cembali» e di fatto va un po’ a turbare l’atmosfera di intimo, dolente raccoglimento della pagina. Questa incomprensione si ritroverà anche in un paio di punti dello Stabat Mater (in particolare il «Fac, ut portem Christi mortem») il barocco ama molto l’essenziale e non bisogna temere l’horror vacui.
Nella partitura di Pergolesi, il Konzertmeister Luca Giardini sceglie metronomi morbidi nei numeri lenti, decisione che consente di non rinunciare a un’espressività molto adeguata sia allo spirito del testo sia alla tinta della partitura e soprattutto senza mandare in deficit di ossigeno le voci (e in questo titolo sovente si abusa dei tempi lenti). L’unico caso su cui chi scrive dissente parzialmente è il «Quando corpus morietur»: forse in quell’unico caso l’esecuzione avrebbe beneficiato di un paio di tacche di metronomo in meno. Anche nel caso dei numeri più mossi le velocità sono calibrate sulle esigenze dell’esensemble, portando a un assetto comodo tanto per gli strumenti quanto per i cantanti, con un riuscito bilanciamento tale da consentire una chiara intellegibilità delle voci interne e del continuo incatenarsi delle linee melodiche.
C’è cura dell’uso espressivo della dissonanza, si valorizza ogni parola attraverso il tessuto armonico, in breve quella fornita da Giardini e dall’Ensemble Sezione Aurea è un’interpretazione di rara raffinatezza che scava davvero in profondità nella partitura. Colpisce molto l’aver mantenuto il tutto in una bolla di olimpica tranquillità: certo, esistono luci e ombre, ma non si arriva mai a grandi tensioni, non si legge la partitura in modo sanguigno; ad esempio, il «Pro peccatis suae gentis» non ha nervosismo nel disegno di crome, gli archetti non vanno a fuoco nelle due fughe e anche le velocità restano più contenute della prassi. Uno Stabat poco umano, poco corporale, in cui si guarda molto all’ultraterreno.
Maiuscole le prove delle due voci. Giulia Bolcato, che si impone sempre più come una specialista del repertorio barocco, dimostra un’attenzione maniacale nel fraseggio, con un’intonazione inappuntabile sorretta da un’emissione di cui ha il perfetto controllo; la perizia tecnica tuttavia non va mai a discapito della forza dell’interpretazione e il soprano veneto propone una lettura senz’altro sentita, a tratti appassionata (è facile pensare al «Cujus animam gementem»), mostrando uno strumento vocale dal colore pregevole e ben appoggiato su tutta la gamma.
Ben più che a suo agio l’ottimo Carlo Vistoli; investe molto sul lato emotivo e si muove con tanto agio nella partitura da osare delle variazioni nelle arie, volte principalmente a guadagnare maggiore estensione verso il registro acuto. Solitamente chi scrive non ama questo genere di interventi, ma quando sono condotti con tanta intelligenza musicale e quando sono realizzati con questo gusto non si può che restarne deliziati. Vistoli peraltro vanta una bella proiezione del suono tanto che basta una messa di voce per riempire la navata, con una particolare efficacia nell’esecuzione degli abbellimenti così frequenti in queste pagine. Al netto dei meriti individuali, l’abbinamento delle due voci risulta più che felice: i timbri sono molto diversi ma assieme danno il giusto risultato, tanto nei duetti quanto nelle arie i due interpreti sposano la medesima linea e questo va tutto a vantaggio della forte unitarietà attraverso la frammentazione in numeri chiusi che la partitura raggiunge attraverso gesti e motivi ricorrenti.
Lunghi applausi e vivo entusiasmo da parte di un pubblico entusiasta suggellano l’esito più che positivo della serata, con la speranza di potersi abituare a questo standard di qualità.
CD, Vivaldi, Sacro furore (Carlo Vistoli)
Brescia, concerto Carlo Vistoli / Sezione Aurea, 20/10/2020
Venezia, Il trionfo dell’onore, 15/03/2025