L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Sfumature di grigio

di Irina Sorokina

Una buona resa musicale, con una compagnia internazionale e la direzione di Andriy Yurkevych, garantisce il successo di un Macbeth che, sul piano registico e scenico, lascia spazio a qualche perplessità.

PRAGA, 14 maggio 2024 - Un critico musicale e uno spettatore appassionato venuti a Praga per l’amore della lirica o per una semplice curiosità, rimangono colpito della ricchezza della vita musicale nella capitale della Repubblica Ceca. A vostra scelta, si può andare ad assistere uno spettacolo d’opera in più sedi,

I teatri della Repubblica Ceca non adottano la pratica di stagione a cui si è abituati in Italia, ma sono teatri di repertorio. Nel cartellone si possono trovare la maggior parte dei titoli più amati da italiani, francesi, tedeschi, e, ovviamente, cechi. A metà maggio i melomani italiani non possono certo mancare nella sala di una rara bellezza dell’Opera di Stato di Praga, e, infatti, la lingua del Bel Paese si intende nel foyer. Prima Macbeth, un giorno dopo La traviata: nella sala si possono salutare italiani, ma anche amanti della lirica arrivati da parecchi paesi dell’Europa e addirittura dalla Nuova Zelanda.

Non dimostra i segni del tempo, questo Macbeth rappresentato per la prima volta il 13 giugno 2015 firmato dal regista Martin Čičvak, evidentemente attratto dall'opera verdiana, vista la messa in scena ricchissima, ponderosa, dalle tinte scure e da tante, troppe trovate. Al pari del regista, lo scenografo Hans Hofer è il vero demiurgo della produzione. Spoglia del tutto il palcoscenico, lo lascia praticamente nudo, fa vedere le sue "viscere" e soprattutto gioca con i colori cupi, nero e grigio scuro. Qualche riflettore in scena, qualche elemento tecnico e poi, gli estintori, loro sì, sono rossi. Un mondo senza pietà, senza umanità, in cui l'estintore rosso potrebbe impersonare le idee d'incendio e d'eliminazione di traccia umana, uno spazio adatto a tutti i luoghi della tragedia di Shakespeare-Verdi, ma soprattutto adatto al luogo d'incontro di Macbeth e Banco con streghe vestite di abiti di ogni epoca e di ogni taglio.

L'intensa produzione praghese pone allo spettatore non pochi enigmi, ad iniziare dall'oggetto ignoto che si intravede sotto il sipario e si trasforma in una montagna, il luogo d'azione. Čičvak non si ferma qui, crea uno spettacolo sintetico, che si svolge sul palcoscenico rotante, aggiunge all'azione proiezioni video e anche un effetto sonoro. La sua regia soffre di un continuo perpetuum mobile, l'occhio non sa su cosa fermarsi e la mente non sempre capisce cosa stia succedendo. Una marea di streghe vestite in abiti di tutte le epoche, tutti i tagli e tutti i colori non si vede subito, perché letteralmente incollata al palco; ad un tratto un certo momento si alza e si dà a balli selvaggi; l'effetto prodotto è terrificante. La Lady rivela da subito la propria natura disumana, canta l'aria di sortita col coltello in mano che continua a girare come se fosse già pronta all'assassinio di Banco. La messa in scena è un vero ambaradan che non si risolve mai in qualcosa di sensato e armonioso, e uno strano effetto producono i costumi firmati Maria Havran, anch'essi un caos tra abiti neri, in minoranza, e quelli dei nostri giorni, in maggioranza. La domanda più grande suscita la scelta degli costumi dei giullari di corte per tre sicari. Si esce dal teatro stanchi per una specie di delirio e se dopo si ha un senso di consolazione, lo si deve all'ottima esecuzione musicale.

Sul palcoscenico dell’Opera di Stato di Praga si esibisce un cast internazionale di prima qualità composto da cantanti che provengono da Islanda, Italia, Romania, Corea e Moldavia. Il baritono islandese Olafur Sigurdarson, ben noto al pubblico al pubblico dei wagneriani devoti, vanta uvasto repertorio che spazia fra Der flegende Hollander, Alberich nel Reingold, Kurwenal in Tristan und Isolde e tanti altri. All’Opera di Stato di Praga ha fatto il suo debutto come Telramund in Lohengrin, ma affronta anche molti ruoli verdiani quali Rigoletto, Renato, Simon Boccanegra, Jago e Falstaff, oltre allo Scarpia pucciniano. In Macbeth trova una parte affine alla sua personalità e mette in gioco pure la propria fisicità. Ne viene fuori un personaggio grande e grosso fuori, ma solo apparentemente forte dentro. È quasi soggiogato dalla propria donna, molto più acuta e crudele di lui che, incitandolo continuamente ai delitti, lo tratta come un pupazzo di pezza. Di questo gioco fa parte la voce particolare di Sigudarson, che non ha lo smalto latino, non può considerarsi bellissima e mostra dei segni d’affaticamento: viene usata saggiamente a disegnare il personaggio e intonare “Perfidi!.. Pietà, rispetto, amore” sfoggiando buon cantabile ed espressività struggente.

Daniela Schillaci si rivela una grande, magica e magnetica Lady Macbeth. Sfrutta il suo bel fisico d’autentica modella per disegnare il personaggio femminile fuori da ogni banalità. La sposa di Macbeth, molto più intelligente di lui, veste il piccolo abitino nero da cocktail e una giacca nera antracite, calza le classiche décolleté nere con tacco e appare orgogliosa del taglio corto della sua folta chioma platinata. Insomma, un’icona d’eleganza e di femminilità che mette KO gli uomini che, molto probabilmente, non sospettano della sua natura diabolica e l’insaziabile sete di potere. Sfoggia una voce di soprano lirico spinto ampia, piena, bel timbrata e fa tesoro di sfumature leggermente opache per alludere alla natura impietosa di Lady Macbeth. Con le fioriture brillanti il suo ritratto di Lady risulta preciso, non danneggiato da qualche momento di canto ingoiato.

Il basso moldavo Iurie Maimescu, in possesso di voce fresca, ben timbrata e profonda e dotato di una buona presenza in scena, dà la vita a un Banco umano e compassionevole.

Kyungho Kim è un Macduff verace e sensibile, dalla bellissima voce di tenore lirico spinto; la sua aria “Ah, la paterna mano” è uno dei più emozionanti momenti della serata, grazie alla parola ben chiara, al legato ammaliante e a una grande sensibilità musicale. Vale al tenore coreano lunghi applausi del pubblico.

Bravi gli interpreti dei ruoli di contorno, Daniel Matousek è Malcolm, Ivo Hrachovec il medico, Lucie Hajkova la dama di Lady Macbeth.

Sul podio, Il direttore ucraino Andrij Jurkevyč offre una lettura del grandissimo livello musicale; la sua bacchetta possiede una tale espressività da poter unire tutti i professori d’orchestra, raggiungere l’armonia tra i gruppi e ottenere il suono sempre dinamico, ricco e splendente.

Magnifico il coro dell’Opera di Stato di Praga, dal suono smagliante, musicalmente sensibile e stilisticamente impeccabile. Quando arriva il momento dell’esecuzione di “Patria oppressa”,nella sala si crea l’atmosfera speciale, quali religiosa, non si sente nemmeno un respiro. La dedizione profonda, la dizione magnifica e la qualità musicale eccellente fanno di questa pagina verdiana quasi il gioiello più prezioso della recita; lo testimonia il silenzio del pubblico seguito dagli applausi incredibili.


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