L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La tradizione in purezza

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ancora in atto ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro per ora, ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web e alla televisione importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura. Sul canale YouTube di EuroArtsChannel è stato trasmesso Lo Schiaccianoci dal Teatro Mariinsky.

SAN PIETROBURGO - Nel 1934 al Teatro Mariinsky fu messa in scena l’edizione del celebre balletto a firma di Vasilij Vajnonen, ballerino e coreografo russo (1901-1964), allievo della scuola di ballo dei Balletti imperiali, nel 1919 dopo il diploma entrò a far parte della compagnia del Teatro Accademico di Stato d’opera e di balletto dove eccelse come ballerino di carattere, debuttò in qualità di coreografo negli anni Venti nel corso delle Serate del giovane balletto: la complessità e il “nuovo” virtuosismo della sua tecnica creativa supportata dall’utilizzo drammatico-espressivo della composizione folclorica lo elessero a biglietto da visita nell’evoluzione dell’arte coreutica sovietica. Nella sua versione il ruolo di Masha coincideva con quello della Fata Confetto, e nel giugno dello 1934 avvenne anche il debutto europeo del balletto, al Sadler’s Wells di Londra, riprendendo la coreografia di Ivanov. In Italia giunse quattro anni dopo, nel 1938, al Teatro alla Scala di Milano, con la coreografia di Margherita Froman.

Balletto natalizio e di fine anno per antonomasia, ha fatto sognare intere generazioni: lo Schiaccianoci è tra i titoli più amati del grande repertorio classico accademico. La versione del Mariinsky appare totalmente rispettosa della storia originale, e si avvale di un impianto scenico di forte impatto visivo e di affascinante estetica. Presenta un andamento tradizionale della storia con le sue sontuose scenografie arricchite dai fondali dipinti quale fabbrica di illusioni, costumi d’epoca, luci d’atmosfera, l’uso dei bambini-allievi in ruoli danzanti e brillanti. Anche dal punto di vista musicale, Valery Gergiev è perfetto e l’esecuzione musicale appare vivida e potente.

Alina Somova è coinvolgente, interpreta con assoluta credibilità Masha (in altre produzioni tale ruolo è anche conosciuto con il nome di Marie, o più comunemente, di Masha), trasformando la personale performance in un momento teatrale di alta presa. In passato alcuni critici hanno riscontrato nello stile della Somova elementi acrobatici, a nostro avviso invece si mostra elegante, aggraziata e apparentemente impeccabile nella rispettosa sequenza dei passi codificati. Gode di una tecnica che le permette di danzare ciò che meglio desidera, con un controllo impareggiabile della linea e dell’equilibrio, soprattutto negli adagio. Vladimir Shklyarov nei panni del principe pone in luce l’enorme talento acquisito in anni di palcoscenico, e quindi è il perfetto partner per sicurezza: forte ed attento. La loro esibizione merita ammirazione anche solo per lo splendido “Grand Pas de Deux” conclusivo. Il resto del cast è eccellente.

Esistono innumerevoli produzioni del classico balletto di Natale che vengono eseguite in tutto il mondo nel mese di dicembre – emergenza sanitaria permettendo – ma ci sono molte ragioni per scegliere questo allestimento del Mariinsky. L'ottima orchestra e l’impareggiabile danza del Corpo di ballo mostrano con suggestivo effetto una moltitudine di esecutori, supportati da prestazioni costantemente all’altezza del nome del teatro e della tradizione russa.

La ripresa televisiva, in presa diretta, a cura di Axel Rothenburg è fresca ed interessante, capace di fornire primi piani nelle sequenze chiave. Nella danza spagnola, ad esempio, l’inquadratura passa in rassegna dinanzi gli artisti, spostandosi da destra a sinistra restituendo palpabili dinamiche, e quando i bambini si trovano a terra guardando in alto alle bambole, la telecamera inquadra la scena dalla loro prospettiva, offrendo una visione totalizzante sulle gestualità, restituendo l’incanto di trovarsi in platea comodamente seduti.

Ultimamente numerose compagnie ci hanno abituati ad una rivisitazione in termini di aggiornamento sulla fiaba di Hoffman con la gloriosa musica di Čajkovskij, ma il Balletto del Mariinsky ha tenuto fede alla coreografia di Vasily Vainonen per oltre sessant’anni resistendo così alla consuetudine, e a quell’insieme di comportamenti che si è soliti idealizzare per norma, usanza ed uso ballettistico cattedratico. Il lavoro creato nel lontano 1934 è rimasto nel repertorio del Mariinsky (noto come Kirov per gran parte dell’era sovietica) da quando è stato ripreso nel 1954. L’interpretazione è edulcorata dall’ideale sovietico: ad esempio, la locuzione latina “unus pro omnibus, omnes pro uno” (uno per tutti, tutti per uno) è enfatizzata nella sezione dell’adagio nella conclusione del “pas de deux”, in cui Masha balla con una sfilata di diversi partner prima di lasciarsi andare con il principe.

Le scenografie di Simon Virsaladze risultano preservate e presentano oggi una visione evocativa ed idealizzata del Natale, inclusa quella spettacolare scena di apertura sotto una fitta, poetica e romantica nevicata davanti “casa Stahlbaum”. Alcuni dei costumi in particolare per i topi e i soldati nella scena della battaglia sono di antica fattura, ma questo non fa che aumentare il fascino inattaccabile dell’opera. Si passa dal salone elegante in cui l’albero di Natale è l’elemento preponderante per luminosità e ricchezza, all’argentata ambientazione irreale del quadro delle nevi, al mondo fantasioso del secondo atto.

Lo spettatore rimane pienamente coinvolto e trasportato nell’idilliaco microcosmo di una favola intramontabile in netta sintonia con l’epoca: sontuosi abiti, dettagli di raffinata artigianalità, romantici tutu e quel rosa simbolo della giovinezza e di un amore appena nato, un colore predominante in scena derivato dal rosso ma mitigato dalla purezza del bianco il quale indica bellezza e delicatezza, soprattutto nel valzer dei fiori. Gli aulici effetti cromatici creati dalle calde luci restituiscono quel giusto rilievo alla brillante coreografia di Vajnonen che scorre sul capolavoro musicale ciaikovskiano, ripercorrendo il libretto: i bei quadri danzati del primo atto culminanti in uno spettacolare pas de trois e nell’incantevole danza dei fiocchi di neve cui segue l’esplosivo divertissement del secondo atto con le sue danze spagnola, araba, cinese, russa e pastorale.

Ad una deliziosa e soave Masha, graziosa nel trascorrere da un ruolo fanciullesco a quello regale, fa da contraltare il fratello Fritz, tra i protagonisti da segnalare Drosselmayer, figura misteriosa ed eccentrica. La fiaba, ambientata nella notte di Natale, dispensa sfumature che al di là del sentore fiabesco nasconde messaggi particolarmente profondi, con l’intento di restituire quello splendore nel solco della tradizione mediante i racconti in cui tutto sembra possibile, anche che i giocattoli prendano vita in un sogno, tra topi, soldatini, bambole meccaniche conducendo gli spettatori direttamente nell’amatissima narrazione di un giocattolo che si anima, di invitanti dolciumi, di sentimentali fiocchi di neve che ballano, di una tenera Fata confetto e di una dolcissima bambina che ha come desiderio quello di credere che tutto si possa avverare.

Il filmato, realizzato al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel dicembre 2012, mostra Lo Schiaccianoci nei suoi celebri – e celebrati – passaggi come l’accattivante Danza Russa, emblema della tradizione legata alla nazione più grande del mondo, con il trepak di origine cosacca in tempo veloce e movimento binario; il suo nome trae origine da “trepat” cioè “pestare”, naturalmente quello più celebre è proprio quello composto da Čajkovskij come parte dell’intermezzo dei dolciumi nel secondo atto del balletto in analisi. Una curiosità la ritroviamo nella musica del trepak per questa caratteristica danza riscontrabile anche in una suite scritta dallo stesso compositore prima del balletto Schiaccianoci, che riscosse già un lusinghiero successo di pubblico; la versione originale dei “bastoncini di zucchero” fu danzata e coreografata da Alexander Shiryaev, pur non essendo mai citato in cartellone come coreografia: a quei tempi era uso comune per i ballerini maschi coreografare le proprie variazioni sceniche senza venir menzionati. Il Trepak originale fu eseguito dallo stesso Shiryaev in qualità di Solista principale attorniato da un corpo di ballo composto da dodici allievi maschi con l’utilizzo, per tutti e tredici gli esecutori, di cerchi (simili all’hola hop, un gioco nato in seguito negli anni a cavallo tra il 70 e l’80 del Novecento).

L’allestimento del Mariinski fa sognare il grande inverno del Nord, affonda le radici nella migliore tradizione della scuola di balletto russa passata di generazione in generazione, dando i natali a vere e proprie star del balletto, riuscendo ancora oggi a conservare gelosamente quel complesso di memorie, notizie e testimonianze trasmesse da una generazione tersicorea all’altra. Per tutto ciò è lo spettacolo più rappresentato in Russia, e nel mondo, durante le festività natalizie: in un breve riassunto troviamo la narrazione durante la vigilia del Santo Natale, agli inizi del XIX secolo, il ricco sindaco di Norimberga, il dottor Stahlbaum, ha organizzato una festa per i suoi amici e i loro figli che, eccitati all’idea dei regali, si divertono e danzano. Arriva il signor Drosselmeyer, vecchio amico di famiglia, portando doni per tutti i bambini e intrattenendoli con giochi di prestigio e con pupazzi meccanici da lui stesso costruiti. Per la figlia del signor Stahlbaum, Masha, c’è un regalo speciale: uno schiaccianoci a forma di soldatino che Fritz, suo fratello, rompe per dispetto. Il signor Drosselmeyer, però, prontamente lo aggiusta. Nel frattempo arrivano tutti gli invitati che si uniscono alla festa: la serata si conclude con la festosa danza del nonno e gli ospiti se ne vanno. Masha, stanca, dopo che gli invitati si ritirano, si addormenta e inizia a sognare: è mezzanotte e tutto intorno a lei inizia a diventare gigante... la sala, l’albero di Natale, i giocattoli e, soprattutto, un esercito di topi che cercano di rubarle lo Schiaccianoci. Masha tenta di cacciarli, fino a che lo Schiaccianoci si anima e partecipa alla battaglia con i soldatini di Fritz: alla fine, rimangono lui e il Re Topo. Masha, per salvare il suo Schiaccianoci, prende una scarpina e la lancia addosso al Re Topo. D’improvviso, lo Schiaccianoci si trasforma in un Principe, e Masha lo segue, entrando in una foresta innevata. L’Atto si chiude con uno splendido Valzer dei fiocchi di neve. Il secondo atto si apre con Masha e lo Schiaccianoci i quali proseguono il loro viaggio e arrivano nel Regno dei Dolci, dove li accoglie la Fata Confetto: inizia una grande festa, alla quale prendono parte la cioccolata, il caffè, il tè, il Trepak, i pasticcini, i pulcinella, e che si conclude con i fiori che danzano. La Fata Confetto e il Principe ballano un Pas de deux: il balletto si conclude, poi, con un ultimo Valzer. Il sogno svanisce: una volta risvegliata nel suo letto, mentre si fa giorno, Masha ripensa al proprio magico sogno abbracciando il suo Schiaccianoci.

Il teatro della città di San Pietroburgo, alla quale, per diritto storico appartiene l’interpretazione della suite e del balletto e di altre opere di Čajkovskij (e delle creazioni coreografiche di Marius Petipa) offre un qualcosa di autentico, una gioia per chi ama la “musica da vedere”. A livello produttivo risulta una delizia architettonica proprio per la non esasperazione nel ricorrere a trovate o ad espedienti innovativi, che il più delle volte risultano invece infelici.

Il ruolo della giovane Masha è sostenuto da un’allieva dell’Accademia Vaganova, con numerosi altri allievi che unitamente danno la netta certezza di conoscere approfonditamente il lavoro (qui diretti da Dmitry Ralko), e il Corpo di ballo ne esalta la loro bellezza sostenendoli nell’esecuzione. Doveroso citare i danzatori nei loro ruoli assegnati, oltre a Masha (Alina Somova) e al principe Schiaccianoci (Vladimir Shklyarov), troviamo la giovane Masha (Alexandra Korshunova), Stahlbaum (Vladimir Ponomaryov), Sua moglie (Alexandra Gronskaya), Luisa (Alena Mashintseva), Franz (Pavel Miheyev), Drosselmeyer (Fyodor Lopukhov), la nonna (Lira Khuslamova), il nonno (Stanislav Burov), la tata (Valeria Karpina), lo Schiaccianoci (Pavel Miheyev), il clown (Konstantin Ivkin), la bambola (Yana Selina), Blackamoor (Alexei Popov), il Re dei Topi (Soslan Kulaev), nel valzer dei fiocchi di neve (Valeria Martynyuk, Yana Selina e gli artisti del corpo di ballo), le eleganti signore e signori (Viktoria Brilyova, Ksenia Dubrovina, Boris Zhurilov, Konstantin Zverev). Nel secondo atto per la danza spagnola (Nadezhda Batoeva, Denis Zainetdinov), per la danza orientale (Elena Bazhenova e gli artisti del corpo di ballo), nella danza cinese (Valeria Martynyuk, Grigori Popov), per il Trepak nella danza russa (Polina Rassadina, Ksenia Romashova, Mikhail Berdichevski), nel Pas de trois nella Dance of the reed pipes (Eleonora Sevenard, Yulia Zolotykh, Roman Surkov), nel valzer dei fiori (Viktoria Brilyova, Ksenia Ostreikovskaya, Diana Smirnova, Yuliana Chereshkevich, Andrei Ermakov, Kirill Safin, Kamil Yangurazov, Konstantin Zverev e gli artisti del Corpo di Ballo): ogni singolo componente “recita” una storia attraverso la “danza”, senza ammiccare o forzare la mano (o meglio il passo), il ballo è legittimo, si assiste ad una danza pulita e pura, ci fa vivere la vigilia di Natale quale è, una ricorrenza importante poiché è la giornata degli arrivi, il momento più solenne delle celebrazioni di fine anno.

E non ci rimane che pensare all’ora di pranzo ieri come in parte oggi in cui ci si sedeva alla tavola solennemente imbandita con le tovaglie e le argenterie più pregiate, e si consumava un lauto pranzo, nel pomeriggio, un evento tanto atteso: le porte del salotto venivano aperte e i fanciulli potevano ammirare il brillante albero di Natale che credevano fosse stato portato da Santa Claus insieme ai doni da aprire dopo cena, prima di andare a dormire perché, mentre per noi c’è la credenza popolare che Babbo Natale arrivi la notte tra il 24 e il 25 dicembre, per i russi il periodo delle feste è diversamente articolato e va dal 31 dicembre al 19 gennaio.

Il 31 si festeggia l’arrivo dell’Anno Nuovo, la notte del 6 gennaio il Natale, quella del 13 gennaio il vecchio Capodanno e tra il 18 e il 19 il Battesimo di Gesù, solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica le chiese hanno nuovamente aperto i loro portoni, ma nei precedenti decenni le feste religiose erano bandite, motivo per cui l’unica grande occasione era l’Anno Nuovo.

Oggi la tradizione è stata restaurata in tutto il suo splendore, e si festeggia il Natale, la loro religione lo fa secondo il vecchio calendario giuliano cadendo così il 7 gennaio e i regali ai bambini arrivano nella notte fra il 6 e il 7 gennaio portati direttamente da Padre Gelo, il signore della neve e del ghiaccio (chiamato Ded Moroz) aiutato dalla nipote, Fanciulla di Neve.

“La neve cadeva delicatamente per le strade, e le persone correvano a casa, con le braccia piene di scatole allegramente impacchettate con la carta dei negozi di giocattoli, negozi di caramelle, e panetterie. Perché era la vigilia di Natale, e come cadde il tramonto, i bambini di tutta la Germania si misero in silenziosa attesa della notte che stava per sopraggiungere, e con essa i doni di Gesù Bambino”. E con questo piccolo ed immortale gioiello estratto dal libro di Ernst T. A. Hoffmann, che ha dato i natali allo Schiaccianoci in forma danzata, auguro a tutti voi un lieto Natale e serene feste di fine ed inizio anno.

 


 

 

 
 
 

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