L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Un’arpista tra i pianoforti

di Daniele Valersi

Anna Loro brilla in un grande recital per il festival dedicato a Benedetti Michelangeli.

PELLIZZANO (TN), 16 agosto 2021. Quale apprezzata variante in una rassegna pianistica, il recital tenuto dall’arpista Anna Loro a Pellizzano nell’ambito del decimo festival “Omaggio all’arte pianistica di Arturo Benedetti Michelangeli” ha fatto registrare un gradimento stellare. Non è frequente imbattersi in un concerto per sola arpa, strumento che di per sé esercita un fascino tutto particolare nel panorama delle performance strumentali; se in aggiunta l’artista ha la statura e la classe sopraffina di Anna Loro, allora quella che potrebbe essere una semplice fruizione di rarità si trasforma in un’esperienza indimenticabile. Ha una certa importanza la consistenza del programma, in questo caso pensato per evidenziare non solo le peculiarità timbriche e tecniche dello strumento, ma anche il suo peso nella cultura musicale: vi erano compresi musicisti che hanno legato la loro vita e la loro carriera all’arpa, essendo fondamentalmente arpisti e conseguentemente compositori, accanto ad altri, ben rinomati, che hanno invece suggellato il loro incontro occasionale con lo strumento in pagine di grande bellezza.

Del parigino François-Joseph Naderman si è apprezzata la Sonata n. 2 op. 92, in un’esecuzione precisa e nitida che ne valorizzava la sintesi tra tecnica e gusto. A questo arpista eccezionale si deve l’istituzione della prima cattedra di arpa al conservatorio di Parigi (nel 1825); figlio del liutaio Jean-Henri Naderman, allievo di Jean-Baptiste Krumpholtz, François-Joseph intraprende una serie di concerti in varie città d’Europa e ben presto acquista fama di virtuoso dell’arpa; la sua notorietà raggiunge l’apice nel 1804 quando, in un concerto dedicato a Napoleone presso la chiesa di San Luigi degli Invalidi, si esibisce alla guida di dodici arpe. La sua fortuna continua anche con la Restaurazione, al punto che nel 1815 Naderman viene nominato arpista della Cappella Reale e compositore di corte. Le Sept Sonates progressives costituiscono la terza parte del suo Metodo e sono considerate fondamentali nel repertorio di un arpista. Quello che Anna Loro sa trasmettere a chi la ascolta è la grande passione per la musica che sta suonando e il suo stesso entusiasmo, inesauribile, per i capolavori della musica.

Tra i grandi arpisti-compositori vi è poi Marcel Grandjany, che da Parigi si trasferì in America per insegnare alla Juilliard School di New York: la sua scrittura è improntata soprattutto al virtuosismo, come si può constatare nella Rhapsodie op. 10 (in cui sono evidenti le influenze di Fauré e Debussy), pagina valorizzata da un’interpretazione in cui anche i più intricati passaggi sembrano la cosa più semplice del mondo. Il territorio dove si affermò il talento del belga François-Joseph Dizi (1780-1840) fu Londra e l’Inghilterra, dove, grazie anche ai contatti con Muzio Clementi, diffuse lo studio dell’arpa su vasta scala. Era il collaudatore-dimostratore delle arpe di Sébastien Érard, il costruttore di strumenti fuggito a Londra da una Parigi conquistata dalla Rivoluzione; Dizi ebbe la buona sorte di proporsi in un periodo in cui il suonare l’arpa stava diventando moda dilagante tra le giovani di buona famiglia; ebbe numerose allieve e a ognuna di esse dedicò uno dei suoi Studi, che oltre a favorire l’acquisizione di una tecnica evoluta sono notevolmente attraenti sul piano melodico.

Il tributo a Benedetti Michelangeli si è concretizzato anche nel concerto di Pellizzano, per opera della stessa protagonista, per mezzo della musica di Claude Debussy e attraverso gli insegnamenti dell’autorevole Pierre Jamet, con il quale Anna Loro si è perfezionata a Gargilesse. Jamet aveva lavorato a stretto contatto con Debussy, provando la Sonata per flauto, viola e arpa alla presenza del compositore e seguendone le indicazioni riguardanti gli effetti voluti; Debussy era affascinato dall’arpa, aveva tra l’altro seguito con scetticismo l’evoluzione dell’arpa cromatica, pronunciandosi invece a favore dell’arpa da concerto a pedali. Da parte di Jamet Anna Loro è venuta a sapere che Debussy aveva autorizzato le trascrizioni di sue composizioni “purché riescano bene sull’arpa”, il che l’ha spinta a realizzare gli adattamenti di La fille aux cheveux de lin (n 8 del primo libro dei Préludes), The little Shepherd (n. 5 di Children’s Corner) e di Bruyères (n. 3 del secondo libro dei Préludes), tre dei brani prediletti dal grande ABM e proposti nella serata. La puntuale maestria nell’utilizzo di suoni armonici e corde sfiorate, la vasta gamma di dinamiche, in particolare nella fascia dal mezzo-piano all’estremo pianissimo, nonché gli effetti di trasparenza ottenuti lasciando vibrare a lungo il suono nel registro basso in concomitanza col fraseggiare nel registro medio e acuto conferivano alle pagine una consistenza eterea quanto cangiante, attinente quanto mai all’estetica impressionista, all’orientamento dell’autore.

La grande musica di Gabriel Fauré interseca il repertorio arpistico, ispirata dalla poesia La Bonne Chanson di Paul Verlaine, in Une Châtelaine en sa tour, pagina dalle suggestioni fiabesche in cui il compositore dimostra di padroneggiare le peculiarità idiomatiche dello strumento, intessendo armonie arricchite di suoni armonici, glissando e timbriche delicate. Improntata alla solidità formale è la Fantasia op. 35 di Louis Spohr, scritta come molte altre sue pagine per sua moglie, la brillante arpista Dorothea Scheidler, un brano che rivela la sua diretta derivazione dalla fantasia pianistica tardo-settecentesca. Poco conosciuto, ma molto importante per la cultura musicale della città di Napoli, è il partenopeo Ferdinando Buonamici, che nelle Variazioni sull’aria “Assisa a pié d’un salice” (dall’Otello di Rossini) esalta le potenzialità melodiche dello strumento, senza per questo risparmiare gli episodi di tecnica brillante. Il tocco preciso dell’interprete e la sua provetta abilità in tutta la gamma di effetti che costituiscono il fascino dello strumento non sono mai venuti meno, dall’inizio alla conclusione; lungamente applaudita e acclamata, la solista regalava ancora due brani fuori programma, “Canzone della notte” di Carlos Salzedo e Harpicide at midnight, dalla Suite Around the clock dell’arpista statunitense Pearl Chertok.


 

 

 
 
 

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