L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Federico Colli in concerto a Brescia

Classicismo e sregolatezza

 di Federica Fanizza

Per l'inaugurazione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, un programma classico fra Haydn, Mozart e Beethoven affidato all'equilibrio di Umberto Benedetti Michelangeli sul podio e al talento di Federico Colli, solista inquieto e personale fino al rischio dell'arbitrio.

Brescia 27 aprile 2016 - Fino a novembre dello scorso anno gli organizzatori non speravano di riuscire a condurre in porto la cinquatatreesima edizione del festival: problemi di natura economica derivati dal drastico taglio del FUS aveva messo in difficoltà la definizione del cartellone. Recuperando quel senso di orgoglio civico che viene sfoderato quando si rischia di perdere un'eccellenza sulla quale si gioca anche una parte dell'economia del territorio, le città di Bergamo e Brescia si sono strette attorno alla manifestazione e, raccogliendo adeguate coperture finanziarie pubbliche e private, hanno varato la programmazione. Nato nel 1964 per iniziativa del m° Agostino Orizio, il Festival misura il polso del pianismo internazionale ospitando, da oltre cinquant’anni, le orchestre e i solisti più famosi delle splendide cornici del Teatro Grande di Brescia e del Teatro Donizetti di Bergamo; dal 2015 la direzione artistica è passata a Pier Carlo Orizio.

Una delle caratteristiche che distinguono il Festival da altre manifestazioni similari è la sua fisionomia a tema, con un filo conduttore che, di volta in volta, mette a fuoco un autore, un ambiente culturale, un periodo storico particolare: quest'anno questo filo conduttore si dipanava fra tre nomi che da soli individuano un ambiente e un periodo: Mozart, Haydn, Clementi. Non dobbiamo, tuttavia, prender troppo alla lettera questa intitolazione perché se scorriamo il programma dell'intera manifestazione troviamo Clementi e Mozart accostati a Prokof’ev, Cimarosa a Penderecki, Stravinskij con Schumann.

Quest’anno l’apertura del Festival era tutta giocata in casa, con l'Orchestra del festival stesso guidata dall'autorevolezza di Umberto Benedetti Michelangeli in un programma che nella prima parte vedeva la Sinfonia n.95 in do minore di Haydn, seguita dal Concerto per pianoforte e orchestra K 488 di Mozart con solista bresciano Federico Colli, giovane stella in ascesa che il pubblico del Festival aveva già avuto modo di apprezzare, per concludere con la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 di Beethoven. L'ordine cronologico ha offerto una sorta di percorso ideale nell'ascolto e nella comprensione del Classicismo sinfonico.

La Sinfonia n. 95 in do minore appartiene al gruppo delle composizioni realizzate per il primo soggiorno inglese di Haydn e la sua chiarezza è arricchita dall'arguzia e da gradevoli sorprese. Benedetti Michelangeli ha saputo delineare queste caratteristiche e l'alternanza tra violenza di toni e garbo musicale. Non sempre la compagine orchestrale ha saputo rispondere prontamente al gesto direttoriale, con qualche debolezza nella sezione dei fiati, ma ne complesso l'esito è stato piacevole per una composizione che rievoca lo spirito della musica d'occasione.

L'attesa della serata era concentrata sul Concerto in la maggiore K. 488 di Mozart. Fu eseguito per la prima volta a Vienna il 7 aprile 1786 in una delle consuete Accademie che vedevano il genio salisburghese acclamato protagonista nella duplice veste di autore e interprete: fu quella la sua ultima apparizione come solista sul palcoscenico del Burgtheater. Fin dal primo movimento il concerto si caratterizza per una delle composizioni mozartiane fra le più preziose e intime: mancano i colori marziali e decorativi di trombe e timpani, mentre è presente il timbro morbido ed evocativo dei clarinetti, recente scoperta di Mozart. È il suo secondo movimento, l'Adagio, che lo rende una dei concerti per pianoforte più eseguiti al mondo per quella musicalità cantabile e struggente in cui il solista che si pone al centro di un dialogo con l'orchestra di profondo lirismo e di assoluta eleganza formale. L’attenzione del pubblico era quindi rivolta al beniamino di casa Federico Colli. Nato a Brescia nel 1988, ha studiato al Conservatorio di Milano, all’Accademia S. Cecilia di Bergamo, all’Accademia Pianistica di Imola e al Mozarteum di Salisburgo, sotto la guida di Sergio Marengoni, Konstantin Bogino, Boris Petrushansky e Pavel Gililov. Dopo il Primo Premio al Concorso Mozart di Salisburgo nel 2011 e la vittoria con Medaglia d’oro al Concorso Pianistico Internazionale di Leeds, Colli ha intrapreso una promettente carriera internazionale, ottenendo un notevole successo di pubblico e di critica ed è stato inserito tra i 30 pianisti ‘under 30’ emergenti a livello mondiale dalla rivista britannica International Piano, mentre Werner Hausssner sulla Ruhr Revierpassagen ha scritto che “con Federico Colli, dopo molto tempo, l’Italia ha ora un giovane pianista che ha tutte le possibilità di ricongiungersi alla grande tradizione di Arturo Benedetti Michelangeli e Maurizio Pollini. La sua profonda coerenza interpretativa e la sua attenzione ai chiaroscuri non si esauriscono in una esibizione virtuosistica, ma servono alla comprensione strutturale dell’opera”.

Può piacere o meno questo suo modo tutto personale di eseguire il concerto mozartiano. Federico Colli si muove tra ricerca di fluidità e di novità del suono del pianoforte creando soluzioni timbriche molto personali, soprattutto dal punto di vista ritmico. Ne risulta quindi una interpretazione giocata su sospensioni, riprese, accentuazioni, sussurri, come se volesse sfuggire dalle ristrettezze della scrittura formale.

Questo suo modo di interpretare Mozart, fatto di continuo slanci e brusche frenate, ha creato problemi all'orchestra che ha avuto difficoltà nell’assecondare le scelte stilistiche del solista. Il risultato è stato un secondo movimento Adagio irriconoscibile che ha perso quella cantabilità struggente con la quale l'autore raggiunse l'apice della sua creazione artistica. Il giovane concertista è certamente un talento naturale e possiede la tecnica per permettersi anche scelte personali e inconsuete, ma deve prestare attenzione a non eccedere in questa sua ricerca autonoma che va a forzare troppo la aprtitura.

Il caldo abbraccio del pubblico di casa ha accolto la conclusione della sua prestazione ed è stato ricompensato con un bis, personale variazione dell’aria “Lascia ch’io pianga” di Haendel.

Con la Settima sinfonia di Beethoven si rientra nel rigore della piena maturità beethoveniana. “Stravagante e eccessiva” venne giudicata dai critici suoi contemporanei all’indomani della prima esecuzione avvenuta nel 1812 a Vienna durante un concerto benefico, ma l'accoglienza del pubblico fu entusiastica. Benedetti Michelangeli riprende in mano il filo del discorso, recuperando gli equilibri del classicismo preromantico di beethoveniano in un insieme di leggerezza, di incisività e di solida costruzione ritmica che raggiunge l’apice nel Secondo movimento, con l’Allegretto.

Il pubblico, che ha riempito il Teatro Grande in ogni ordine di posti, ha premiato decisamente la riuscita della serata, la prima di un fitto calendario di appuntamenti che per quaranta giorni si alterneranno tra Bergamo e Brescia in una continua staffetta tra giovani promesse e presenze consolidate del mondo pianistico internazionale.


 

 

 
 
 

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