L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Creatrice e Creatura

di Isabella Ferrara

Ivonne Capece racconta Mary Shelley al Piccolo Bellini di Napoli.

NAPOLI, 6 maggio 2025 - Mary Godwin Shelley si muove, in questa versione teatrale del suo Frankenstein, dentro e fuori delle cornici, quelle di un libro, di un quadro, di uno schermo e di un palco. La regista, Ivonne Capece, vuole trascinarvi anche lo spettatore con tutti gli strumenti a sua disposizione, luci, voci, suoni e rumori, immagini, racconti, movimenti di danza. Le arti si incontrano sul palco e vanno verso il futuro, che è già presente, attraverso l’utilizzo di tecnologia semplice ed efficace che ha il compito di coinvolgere i sensi del pubblico nel viaggio introspettivo, che pare onirico, dell’autrice del famoso romanzo, che affronta i propri demoni, i fantasmi del passato, i mostri a cui la sua creatività diede vita, e che la divorano. La storia messa in scena è quella della Creatura nata dall’esperimento del Dottor Frankenstein, una vita rubata al Caos,e rinnegata poi dal suo stesso creatore, che resta atterrito dal suo ardire, dalla sfida, dal successo contro natura della sua opera. Così la scrittrice, autrice del romanzo, Mary Godwin Shelley è tormentata dalla sua Creatura, dal successo della sua opera che la raggiunge ovunque, invadendo la sua vita familiare, i suoi ricordi di infanzia, il suo ruolo di moglie e madre, e di donna in un secolo in cui le arti, ma non solo, erano di competenza e dominio maschile, mentre al femminile si confacevano, solo, le doti di curatrice della prole e della casa. L’atmosfera è cupa, tenebrosa, a volte incute timore. Del resto è come ci si immagina e ci si aspetta una scena che rivive la creazione di una vita dalla morte, con pezzi di corpi di cadaveri cuciti insieme dall’ambizione e rivitalizzati dalla scossa elettrica dell’orgoglio. E come ci si immagina una scena che riporta alla luce i ricordi di un’infanzia segnata dal lutto per la perdita della propria genitrice. O ancora una scena che impietosamente racconta i sensi di colpa di una madre che ha visto morire i figli, mentre la Creatura, invece, nasceva e cresceva e viveva indisturbata attraverso il tempo, contro il tempo. Attuale e interessante la drammaturgia; determinata la regia che non vuole farsi intimorire dal dominio del tecnologico, ma vuole usarlo a proprio vantaggio, piegarlo alle esigenze di partecipazione di attori e spettatori. E, infine, rassicurante e appagante che il tratto fondamentale che ha dato vera energia all’opera sia stata la bravura indiscutibile della Mary di Maria Laura Palmeri sul palco, la quale, più di qualsiasi espediente o effetto sonoro e/o visivo, ha saputo raccontare terrore, dolore, angoscia, visioni, dignità, sconforto e coraggio. Molto efficaci anche le presenze/assenze di Lara Di Bello, che ha saputo fisicamente interpretare una nascita stupita e un’ombra quasi giudicante, e di Giuditta Mingucci, evanescente ma solida partecipazione, influenza e restrizione, presupposto e limitazione.

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