L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Dalla Polonia al Nuovo Mondo

di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta un concerto che ha un programma dal sapore d’antan, diretto da Tomáš Netopil: le Danze Ungheresi (nn. 17-21) di Johannes Brahms, il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra in fa minore op. 21 di Fryderyk Chopin e la Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal Nuovo Mondo” op. 95 di Antonín Dvořák.

ROMA, 30 aprile 2025 – Un programma quasi d’altri tempi quello portato da Tomáš Netopil all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: il quarto quaderno delle Danze Ungheresi di Johannes Brahms, il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra in fa minore op. 21 di Fryderyk Chopin e la Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal Nuovo Mondo” op. 95 di Antonín Dvořák. Il quarto quaderno delle danze ungheresi (nn. 17-21), peraltro, fu orchestrato proprio da un giovane Dvořák, all’epoca protégé del più anziano Brahms. Forte di un’orchestra al solito straordinaria, Netopil risolve abbastanza bene i due aspetti principali delle Danze: il colore slavo e l’ ‘ancheggiare’ ritmico delle melodie (mutuo l’espressione da Francesco Ermini Polacci, autore del programma di sala). Insomma, la tenuta dell’alternanza di ritmi rapidi e lenti, giocata su rubando ed accelerando, è efficace; dall’orchestra emergono passaggi talvolta brillanti: una direzione onesta, che non strafà, controllata, ma certo non trascinante, né memorabile. Entra Bruce Liu: è il momento del Concerto n. 2 di Chopin, fra le pagine più celebri e belle del compositore polacco. Netopil dosa bene colori e ritmi orchestrali, permettendo al pianoforte di avere il ruolo protagonistico che Chopin aveva previsto per lui. Fin dal Maestoso iniziale Liu scopre le sue carte: un tocco aereo, impressionantemente leggero, quasi senza peso; accenti appena marcati; un’eccellente sgranatura dei suoni. Purtroppo, però, all’abilità tecnica di Liu non corrisponde un’altrettanta profondità di interprete. Il movimento è risolto incredibilmente su un piano tecnico – si pensi alle cromature perlacee che riesce ad ottenere nella sezione dello sviluppo – ma monocorde, incolore sul piano interpretativo, del fraseggio, del respiro delle frasi. Questo elemento si fa ancor più palpabile nel Larghetto, permeato da «un’incantevole atmosfera di puro sogno». È vero che qui il peso delle frasi suonate da Liu è lievemente cangiante; la perfezione dei trilli, il perfetto controllo, l’uniformità sonora sono indubitabili, ma la bellezza lunare della sua resa è algida. L’Allegro vivace conclusivo vede l’interprete leggermente più vivo, nel virtuosismo degli accenti, nello spaginare i ritmi dal sapore polacco; i bassi si fanno un po’ più nitidi, il suono prende peso. Il pubblico applaude, comunque soddisfatto: Liu suona l’Étude op. 10, n. 12, sempre di Chopin, che in Italia è noto come “La caduta di Varsavia”; poi, assieme al primo violino Andrea Obiso, un pezzo per pianoforte e violino (dove la parte del protagonista la fa questo secondo strumento).

Il secondo tempo è dedicato all’esecuzione della Nona di Dvořák, una sinfonia singolare ed attraente, giacché è un ibrido di sonorità slave ed americane. Si tratta, decisamente, del miglior momento per Netopil, che spagina i colori cangianti della partitura con grande emotività, con un gusto che a tratti è parso carico, ma che non necessariamente spiace. Già nel I movimento Netopil porta l’orchestra a vette di altissima potenza, negli accordi imperiosi, come pure nella nettezza delle melodie, ispirate a tanto folklore americano: «è lo spirito delle melodie afro-americane e degli indiani d’America che mi sono sforzato di ricreare nella mia nuova Sinfonia. Non ho utilizzato realmente nessuna di queste melodie» (com’ebbe a dire il compositore al New York Herald). Nel II movimento, Netopil ricerca atmosfere lunari: l’orchestra tenuta sottovoce, il canto del corno inglese che si libra, il controcanto a fior di labbra degli archi. Lo stacco fra la prima, estatica sezione e quella più drammatica che segue non può che essere più netto e la resa ne acquista in vivacità di colore. Netopil, finalmente, utilizza l’agogica con intelligenza, variando, allungando note, sfumando, dirigendo una magistrale seconda parte del movimento. Nel III, lo Scherzo, il ceco è molto attento alla scansione ritmica: si contiene, non lasciandosi mai andare, ma generando comunque un’impressione di movimento – solo nella ripetizione dopo il trio, allargato, si nota una maggiore rilassatezza di polso. Il finale, il IV movimento, inizia con un interessante abbrivio, energico, che si tramuta quasi in un’ossessione ritmica, vitale, che ben di adatta all’ethos dell’Allegro con fuoco. Dopo la sezione malinconica, riflessiva, che fa da contraltare, si scatena il finale, nel quale Netopil non risparmia certo il volume orchestrale, sfrenando strumenti roboanti, come gli ottoni: lo sviluppo, che accumula suono e potenza, si scioglie in un luminoso finale, che fa scattare l’applauso.

Leggi

Torino, concerto Liu/Mengoli/ OSN Rai, 21/11/2024

Milano, concerto Liu, 07/02/2023

Torino, concerto Netopil/Altstaedt/OSN Rai, 03/12/2021

Torino, concerto Netopil/ Baeva, 06/12/2019


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