L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Allegrissimo Vivace

di Suzanne Daumann

Al Théâtre du Châtelet il celeberrimo musical di Loewe e Lerner conquista il pubblico in una produzione elegante e irresistibile di Robert Carsen animata da una compagnia scintillante.

PARIGI, 15 dicembre 2013 - Stagione di fine anno, stagione delle feste: questa produzione di My Fair Lady, ripresa tre anni dopo la sua creazione nel 2010, è una festa gioiosamente riuscita.

Non è tuttavia senza spine, questa storia: la povera fioraia impara a parlare l'inglese dell'alta società e recide così le sue radici sociali. Solo l'amore del professor Higgins le offre un nuovo posto nel mondo. Si sarebbe anche tentati d'immaginare il seguito, tanto più che George Bernard Shaw non aveva previsto una tale conclusione per la pièce originale. E il padre della protagonista, un allegro burlone, un vero poeta e filosofo della vita notturna, viene intrappolato dalla borghesia e catturato nelle reti del matrimonio.

Le scene elegantemente sobrie di Tim Hatley lasciano spazio ai costumi talvolta gioiosamente e giudiziosamente esagerati di Anthony Powell: l'abito di Eliza nella scena di Ascot è di per sé una gioia; i contrasti fra i colori delle dame e i grigi degli uomini nella Ascot Gavotte, di concerto con la coreografia, fanno venir voglia di piangere di gioia tanto sono perfetti affiatati con il gioco dell'orchestra. Jayce Ogren dirige l’Orchestre Pasdeloup con un passo irresistibile, sottolinea le spiritose finezze della partitura e offre una solida base ritmica alle meravigliose coreografie di Lynne Page. Cos'erano le scene con la gente del Covent Garden – soprattutto la turbolenta sepoltura della vita di ragazzo di Alfred P. Doolittle nel secondo atto, che fa semplicemente venir voglia di artecipare, o piuttosto la Ascot Gavotte, che accentua a meraviglia le gaffe di Eliza: tutto in questa produzione funziona alla perfezione. Un cast stellare scintilla fra mille luci: Katherine Manley, soprano, incarna Eliza Doolittle. Dobbiamo ammirare il modo in cui adatta il canto alla situazione e lascia emergere solo a tratti, quando necessario, le sue grandi possibilità vocali. In concreto, dona forza e sensibilità a Eliza, sia nel canto sia nella recitazione. Le cose non cambiano con il tenore Ed Lyons, cui spetta il ruolo di Freddy Ainsford-Hill. Sentendolo cantare «On the Street Where You Live», si comincia a desiderare per lui un ruolo più importante; pure, si destreggia nel parlato in maniera impeccabile. Alex Jennings è un Professeur Higgins come si conviene burbero e amabile suo malgrado, di buone maniere, se trova valga la pena di mostrarle, dal cuore sensibile, e appassionato della sua sienza. Donald Maxwell, baritono, recita, canta e danza il tragicomico Alfred P. Doolittle fino quasi a eclissare Stanley Holloway. Ecco forse la magia di questa produzione: la regia di Robert Carsen rispetta lo spettacolo di Broadway degli anno '50 e il film classico, offrendo un'energia fresca e rinnovata al suo. E si assiste a una recita piena di verve e ritmo, che il pubblico applaude in piedi, e se ne esce canticchiano, certo che la vita sia, dopo tutto, una bella idea.

 

 

 

 
 
 

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