L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La lezione di Sciortino

di Roberta Pedrotti

Per la rassegna Talenti del Bologna Festival, il ventinovenne Orazio Sciortino propone un bel programma dedicato a Fantasie e Bagatelle fra Beethoven, Brahms, Bartok e Skrjabin e rivendica la dignità artistica e il valore di un intelligente primo della classe.

BOLOGNA, 5 giugno 2014 - Bagatelle e fantasie. Sembra cose da poco, ma quando un grande compositore si siede al pianoforte dichiarando di dedicarsi soltanto a peccati di vecchiaia, improvvisazioni o altre sciocchezze, allora si potrà esser certi che, al contrario, lì si potranno scoprire alcune delle pieghe più preziose e personali, più intime e audaci, della poetica dell'Autore. E, talora, connessioni stupefacenti, come quando nella prima delle Bagatelle op. 126 di Beethoven fa capolino, inaspettata, una cellula che parrebbe pronta a svilupparsi con maggior evidenza nella scena della lettera dell'Evgenij Onegin di Čajkovskij.

Bagatelle e fantasie sono il cardine del bel programma presentato da Orazio Sciortino per la chiusura della rassegna Talenti del Bologna Festival, consacrata a giovani musicisti emergenti. Il ventinovenne siciliano accosta il Beethoven maturo al giovane Bartòk (Bagatelle op. 6), il cinquantanovenne Brahms (Sette Fantasie op. 116) e il ventottenne Skrjabin (Fantasia in si minore op.28) e li affronta con sicurezza, vestendo come un guanto lo stile dell'uno e dell'altro, senza apparire per questo camaleontico, quanto piuttosto preparato, abile e sensibile. Con forbito eloquio mediterraneo e affilato viso normanno intrattiene brevemente il pubblico a illustrare le ragioni, le simmetrie, le peculiarità del repertorio selezionato per l'occasione. Ha la pacata sicurezza del primo della classe, senza che questo s'intenda come luogo comune di antipatica saccenza priva di anima. Sapere e saper fare, studiare e approfondire è e deve essere sempre un titolo di merito, un valore da premiare e coltivare. E Sciortino, indubbiamente sa e sa fare, ha studiato e approfondito con intelligenza, senza abbandonarsi all'istinto o assimilare passivamente.

È palese come questa musica, nel pensare di proporla, l'ha veramente capita, l'abbia analizzata nei minimi dettagli, e che su queste basi abbia modellato la sua tecnica per dare chiarezza al pensiero, per entrare nello stile di uno sperimentatore degli anni Venti dell'Ottocento o di mostrare le anime frementi di un giovane compositore affascinato dalle radici popolari nel 1908, l'astrazione della dottrina distillata da Brahms nel 1892 o i turbamenti tardoromantici già intimamente protesi alle estreme conseguenze del visionario Skrjabin nel 1900. Ciascuno nelle sue peculiarità senza perdere di vista la forma che li unisce, la comune ispirazione dichiaratamente rapsodica e disimpegnata, o le simmetrie anagrafiche nell'arco di un'ottantina d'anni.

Quel che è parso mancare a Sciortino è, forse, quel guizzo artistico che rende immediatamente riconoscibile la personalità dell'interprete, quel brivido di genio che rende unica e indimenticabile la performance, inconfondibile il tocco, il suono e il fraseggio. Eppure, vien da pensare, non potrebbe essere che così: il suo è il pianismo razionale e intellettuale di un primo della classe che non ha paura di esserlo. Fortunatamente. Di genio e sregolatezza sbandierati a sproposito è pieno il mondo e fa piacere ribadire che essere semplicemente bravi e preparati, molto bravi e preparati, e non voler essere demiurghi a tutti i costi ma esprimere semplicemente con studio accurato il proprio amore per il testo non è un peccato. Anzi, può essere un valore.

Gli applausi finali del pubblico invero assai numeroso assiepato nell'Oratorio di S. Filippo Neri lo confermano e sono ripagati dal pianista con una sua bella trascrizione di Wiegenlied di Richard Strauss, omaggio al maestro bavarese nel centocinquantesimo dalla nascita e saggio della limpida scrittura dello Sciortino compositore.

 

 

 

 

 
 
 

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