L’Ape musicale

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Le origini del saxofono

di Marica Bottaro

Il bicentenario della nascita di Adolphe Sax (1814 – 1894) è l'occasione per ripercorrere la genesi della sua invenzione più celebre: il saxofono, impostosi come uno degli strumenti a fiato più diffusi nella musica contemporanea.

Nel 1841 Adolphe Sax, un brillante costruttore di strumenti musicali di origine belga, diede vita al saxofono. Fu nel 1842 che Sax decise di trasferirsi a Parigi, città in cui, in rue Neuve-Saint-Georges 10, nel luglio del 1843, aprì la sua fabbrica di strumenti. Attorno al 1845 la maison Sax aveva ormai raggiunto il monopolio nel campo della produzione e distribuzione di strumenti a fiato. Sax inoltrò la domanda di brevetto il 21 marzo 1846 e il saxofono venne brevettato a Parigi il 22 giugno dello stesso anno come «système d'instruments à vent, dits saxophones».

Ma che cosa spinse Adolphe Sax all'ideazione di questo nuovo strumento? A tal proposito sono state fatte molte congetture, ma quello che pare evidente è che l'idea del saxofono gli sia venuta nel tentativo di migliorare il clarinetto, strumento a cui Sax si era dedicato molto in precedenza e al quale aveva apportato notevoli migliorie. Quasi sicuramente “l’illuminazione” di Sax ebbe luogo in occasione dell'applicazione di un bocchino di clarinetto a un tubo conico d'ottone, a cui apportò poi una disposizione e un diametro esatto dei fori, che erano solo simili a quelle del clarinetto. Non convinto che negli strumenti a fiato fosse il materiale o la forma d’asse del fusto a determinare il timbro, dopo una serie di lunghe ricerche Sax affermò che il timbro degli strumenti è determinato essenzialmente «dalle proporzioni assegnate alla colonna d’aria in rapporto a quelle del corpo dello strumento che la contiene».

Grazie a questi studi Sax fu in grado di costruire intere famiglie di strumenti di intonazione e perfezioni timbriche mai raggiunte fino ad allora. È lo stesso Sax a informarci, nella domanda di deposito del brevetto, che all'epoca vi era la necessità di creare uno strumento che potesse competere in agilità tecnica con gli archi e i legni, ma che possedesse la stessa potenza sonora degli ottoni, per poter essere ben sfruttato all'aperto: nello specifico, nel contesto delle bande militari.

Il saxofono era allora dotato di un numero variabile di chiavi (da 19 a 22), a seconda della taglia, e poteva far parte di due grandi famiglie: i saxofoni tagliati nelle tonalità di Sib e Mib, destinati alle bande militari, e i saxofoni tagliati in Do e in Fa, più adatti all'orchestra. Sax sperava che il suo strumento potesse guadagnarsi un ruolo di prestigio in orchestra e per questo motivo riponeva maggior fiducia negli strumenti tagliati in Do e in Fa. Malgrado ciò, a causa dello scarso repertorio, del costo elevato dello strumento e delle caratteristiche timbriche, gli strumenti in Do e in Fa vennero messi da parte, mentre, fino agli inizi del secolo XX, furono gli strumenti in Sib e Mib a spadroneggiare.

Berlioz successivamente dedicò al saxofono un bellissimo articolo sul «Journal des Débats», in data 21 aprile 1849, in cui affermava:

Il suo principale merito, secondo me, è nella variabile bellezza del suo accento, a volte grave e calmo, a volte passionale, sognatore o malinconico, o vago come l’eco dell’eco, come il pianto indistinto della brezza dei boschi; meglio ancora, come le vibrazioni misteriose di una campana molto tempo dopo che è stata percossa. Nessun altro strumento musicale esistente a me conosciuto possiede questa particolare sonorità, posta al limite del silenzio [ … ] la più bella voce grave fino a oggi conosciuta in musica.

 

 

 
 
 

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