L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Nicola Luisotti sul podio di Rigoletto

L’allestimento di Deflo/Frigerio/Squarciapino torna con la direzione di Nicola Luisotti;

nel cast Leo Nucci, Vittorio Grigolo e Nadine Sierra al debutto scaligero dopo il successo nel concerto di Capodanno alla Fenice.

Nota su Rigoletto di Pietro Gandetto

Torna alla Scala dal 13 gennaio al 6 febbraio Rigoletto di Giuseppe Verdi nel sontuoso allestimento pensato nel 1994 da Gilbert Deflo con le scene di Ezio Frigerio e i costumi di Franca Squarciapino. Lo spettacolo riportava il titolo alla Scala dopo oltre 20 anni nell’ambito di un più vasto progetto di riproposizione della cosiddetta trilogia popolare con la direzione di Riccardo Muti: l’ultima produzione, firmata da Margherita Wallman, risaliva infatti al 1970 ed era stata diretta da Giuseppe Patané (ripresa nel ’71 con Paolo Peloso). Muti diresse nel 1994, 1995, 2000 e 2001; Riccardo Chailly nel 2006; James Conlon nel 2010; Gustavo Dudamel nel 2012 e 2013. Cardine dello spettacolo, divenuto negli anni un classico scaligero, è la folgorante scenografia di Ezio Frigerio che in occasione della prima aveva dichiarato di aver creato un Rigoletto “nel solco della tradizione, il più elegante e 'bello' possibile. Con mezzi moderni, ho cercato di fare uno spettacolo che sarebbe piaciuto a Verdi e al suo pubblico. L’ho spogliato dall’aneddotica, ma resta un impianto rinascimentale, anche se chi ha un occhio attento potrà notare che gli elementi architettonici sono contaminati da un certo gusto ottocentesco. Una lettura teatrale, però, non storica”.

Sul podio nel 2016 il M° Nicola Luisotti, che giunge così al suo quinto titolo d’opera alla Scala, e al quarto verdiano: debutta infatti nel 2002 con Oberto, conte di San Bonifacio e torna nel 2011 con Attila e nel 2013 con Nabucco dopo la parentesi pucciniana di Tosca nel 2012. Luisotti, che ha concluso da pochi giorni una serie di recite di Rigoletto con Leo Nucci al Teatro Real di Madrid, riprenderà il titolo all’Opéra di Parigi dal 9 aprile in un nuovo allestimento firmato da Claus Guth; fino ad allora sarà costantemente impegnato al Covent Garden di Londra dove dirigerà La traviata con la regia di Richard Eyre e ilTrittico pucciniano con la regia di Richard Jones.

Le recite del 2016 vedono nei panni del protagonista Leo Nucci, il Rigoletto per antonomasia con oltre 500 serate nella parte, che si era alternato a Renato Bruson nelle recite dirette da Muti nel 1994 ed è poi tornato nelle riprese dirette da Riccardo Chailly, James Conlon e Gustavo Dudamel. Anche Vittorio Grigolo, che negli ultimi mesi è stato applauditissimo alla Scala nelle parti di Edgardo in Lucia di Lammermoor, Rodolfo ne La bohème e Nemorino ne L’elisir d’amore, non è nuovo alla produzione di Deflo/Frigerio, in cui era già stato Duca nel 2012. Nuovissima è invece Gilda, la giovane Nadine Sierra che proprio in questi giorni è stata indicata dal Financial Times come rivelazione operistica dell’anno dopo il suo debutto nella stessa parte al Metropolitan ed è stata rivelata al grande pubblico dal Concerto di Capodanno alla Fenice.

Li affiancano Carlo Colombara (Sparafucile), Annalisa Stroppa (Maddalena), Giovanni Furlanetto (Monterone), Davide Pelissero (Marullo), Gianluca Breda (Conte di Ceprano); oltre a Chiara Isotton (Giovanna), formatasi all’Accademia di Canto del Teatro, e a giovani che attualmente la frequentano: Martin Piskorski (Matteo Borsa), Federica Lombardi (Contessa), Oliver Pürckhauer (usciere), Kristin Sveínsdóttir (paggio).

Rigoletto è il secondo titolo verdiano della stagione 2015/2016 aperta dal grande successo della Giovanna d’Arco diretta da Riccardo Chailly: seguiranno dal 25 febbraio la nuova produzione de I due Foscari con la regia di Alvis Hermanis e la direzione di Michele Mariotti e dal 18 giugno la ripresa di Simon Boccanegra nell’allestimento di Federico Tiezzi e la direzione di Myung-Whun Chung, protagonista ancora Leo Nucci. Quattro opere assai diverse che hanno in comune la centralità del rapporto tra padri e figli, snodo ricorrente e fondamentale della drammaturgia verdiana.

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Stagione d’Opera e Balletto 2015 ~ 2016

13, 17, 20, 22, 24, 29 gennaio ~ 6 febbraio 2016

RIGOLETTO

Melodramma in tre atti

di GIUSEPPE VERDI

Libretto di Francesco Maria Piave

dal dramma di Victor Hugo Le roi s’amuse

(Editore Casa Ricordi, Milano)

Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851

Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 18 gennaio 1853

Produzione Teatro alla Scala

Direttore NICOLA LUISOTTI

Regia GILBERT DEFLO

Scene EZIO FRIGERIO

Costumi FRANCA SQUARCIAPINO

Luci MARCO FILIBECK


Personaggi e interpreti principali

Il Duca di Mantova Vittorio Grigolo / Piero Pretti (22 genn.)

Rigoletto Leo Nucci

Gilda Nadine Sierra

Sparafucile Carlo Colombara

Maddalena Annalisa Stroppa

Monterone Giovanni Furlanetto

ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA

Maestro del Coro BRUNO CASONI

Date:

 

mercoledì 13 gennaio 2016 ore 20 ~ prima rappresentazione

domenica 17 gennaio 2016 ore 15 ~ fuori abbonamento

mercoledì 20 gennaio 2016 ore 20 ~ fuori abbonamento

venerdì 22 gennaio 2016 ore 20 ~ fuori abbonamento

domenica 24 gennaio 2016 ore 20 ~ turno N

venerdì 29 gennaio 2016 ore 20 ~ ScalAperta

sabato 6 febbraio 2016 ore 20 ~ fuori abbonamento

 

 

Prezzi: da 250 a 15 euro

Prezzi ScalAperta (29 gennaio): da 125 a 7,5 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

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L’opera in breve

di Claudio Toscani

dal programma di sala del Teatro alla Scala

Rigoletto fu composto da Verdi per onorare un contratto firmato nell’aprile del 1850 con il Teatro La Fenice di Venezia. Fu il compositore stesso a individuare il soggetto e a proporre al librettista della Fenice, Francesco Maria Piave, di adattare Le rois’amuse di Victor Hugo, il dramma in cinque atti che tanto clamore aveva destato a Parigi nel 1832. Verdi e Piave si misero al lavoro, progettando un’opera che avrebbe avuto per titolo La maledizione. A lavoro iniziato, mentre Piave era ospite di Verdi a Busseto, giunsero da Venezia segnali preoccupanti: la censura sollevava obiezioni nei confronti del soggetto scelto, e non ne avrebbe permesso la rappresentazione. Verdi, tuttavia, insistette per proseguire il lavoro: trovava l’argomento congeniale, aveva individuato la “tinta” musicale dell’opera e non voleva tornare indietro. Ma quando l’opposizione della censura si fece più decisa, prendendo di mira l’immoralità del soggetto e la trivialità di molte scene, Piave dovette proporre un accomodamento; Verdi sostenne fermamente la necessità di conservare alcuni particolari essenziali della vicenda drammatica, e alla fine di dicembre 1850 fu trovato un compromesso. Il re del dramma originario fu trasformato nel Duca di Mantova e ci si accordò per altri piccoli cambiamenti che venivano incontro alle pretese moralistiche dei censori. L’11 marzo 1851 l’opera fu rappresentata alla Fenice, con grande successo. Da allora non è mai uscita dal repertorio: ancora oggi, Rigoletto è una delle opere più eseguite e amate nei teatri di tutto il mondo. Rivolgendosi alla pièce di Hugo, Verdi accoglie pienamente le teorie romantiche francesi sull’arte, secondo le quali il “vero” deve prevalere sul “bello” e la realtà deve essere rappresentata in tutti i suoi aspetti – anche in quelli contrari al decoro – e senza timore di infrangere le regole convenzionali. In antitesi ai canoni estetici della tradizione classicistica, perciò, Verdi costruisce il dramma intorno a un personaggio difforme e grottesco, in accordo con quella poetica che Hugo realizza sistematicamente nelle sue opere letterarie. È precisamente il grottesco che fornisce l’elemento più efficace del contrasto. Rigoletto è personaggio complesso e ambivalente: la sua doppia personalità riunisce l’acre malignità, il cinismo di cui fa sfoggio alla corte ducale, e l’affetto tenerissimo che mostra per la figlia, affetto nel quale ritrova la sua natura di uomo, spogliandosi della maschera beffarda del buffone. «Io trovo [...] bellissimo – scriveva Verdi nelle fasi del lavoro – rappresentare questo personaggio esternamente deforme e ridicolo, ed internamente appassionato e pieno d’amore». All’alienazione del personaggio corrisponde la commistione stilistica del linguaggio drammatico verdiano: in Rigoletto si mescolano lo stile “alto” della tragedia con i toni “medio” e “basso”. Ma la lezione di Hugo agisce su Verdi anche per un altro aspetto almeno: al modello offertogli dal drammaturgo francese, Verdi si adegua fedelmente per conservare tutto l’impatto delle situazioni drammatiche, ottenuto con la forza della sintesi. La strategia verdiana consiste nel mettere a fuoco le situazioni chiave con pochi e veloci tratti, dando la massima evidenza ai personaggi e guidando la successione delle scene con un ritmo rapido e incalzante. Verdi scolpisce le sue figure con una potenza inedita nel melodramma dell’Ottocento, servendosi innanzitutto del canto: porta perciò alla perfezione l’arte della melodia, rendendola capace di esprimere tutte le sottigliezze emotive e i possibili stati d’animo. Il massimo contrasto scaturisce dalle due figure antagoniste: il Duca si espande di continuo in melodie compiute e persino irriverenti, che ne esprimono l’atteggiamento sfrontato e cinico; Rigoletto predilige il declamato e canta in forme rotte e spezzate. La capacità verdiana di raffigurare caratteri complessi emerge, tra gli altri luoghi, nella scena tra Rigoletto e Sparafucile nel primo atto, basata su una declamazione melodica aderente ai continui trapassi psicologici e dotata di una straordinaria eloquenza scenica; o ancora nel celebre quartetto del terzo atto, dove vengono fusi in modo ammirevole quattro diversi stati d’animo. Rispetto alle opere verdiane precedenti, dunque, Rigoletto segna un’evoluzione marcata. Per la capacità di tratteggiare caratteri psicologicamente complessi, l’opera è solitamente considerata lo spartiacque tra la prima produzione di Verdi e le opere della maturità, nelle quali il compositore si consacra all’esplorazione realistica della natura umana in tutta la sua tortuosità e mutevolezza. A questo scopo, l’individuazione del soggetto drammatico è un momento assolutamente centrale per la costruzione dell’opera.

Verdi infatti perfeziona la scelta dettaglio per dettaglio al fine di ottenere il massimo effetto teatrale, volgendo addirittura a suo favore le imposizioni della censura; pianifica del resto il lavoro con la massima cura, e costruisce con altrettanta cura la partitura, realizzando strutture a lunga campata. Impiega con grande flessibilità il linguaggio e le convenzioni formali del melodramma italiano coevo: integra “numeri” singoli in più ampi blocchi scenici, compenetra i momenti dell’azione con quelli della riflessione, calibra le scene sul tempo interiore dei personaggi. È pur vero che molte delle innovazioni formali sono già prefigurate nelle opere verdiane precedenti, e che molte scene si inquadrano agevolmente e senza ambiguità nelle convenzioni formali dell’epoca: ma nessun’opera prima di Rigoletto mostra altrettanta unità stilistica. E ciò è legato, più che a fattori formali, alla caratterizzazione musicale; l’opera è interamente dominata dall’attesa degli eventi che incombono, dall’opprimente presagio di sventura che discende dalla maledizione. Verdi, inoltre, ritrae figure che agiscono all’interno delle norme formali dell’opera italiana, ma che evolvono individualmente col procedere del dramma. Grazie a questi tratti, all’originalità del soggetto e alla potenza nel delineare i caratteri, Rigoletto apre nuove prospettive al teatro musicale. E lascia tracce indelebili nella coscienza popolare.

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Secondo appuntamento del ciclo

Prima delle prime”

Stagione 2015/2016

Amici della Scala – Teatro alla Scala

Rigoletto

di Giuseppe Verdi

libretto di Francesco M. Piave

Teatro alla Scala - Ridotto dei palchi “A. Toscanini”

Lunedì 11 gennaio 2016 - ore 18

All’inizio di Rigoletto c’è una questione di censura. Anzi, di due censure: perché Le roi s’amuse di Victor Hugo, il dramma che attirò l’attenzione di Verdi, era stato così decisamente censurato alla sua prima rappresentazione a Parigi nel 1832 tanto da poter ritornare sulle scene soltanto 50 anni dopo. Alla prima non piacque al pubblico né alla critica: nel dramma erano diffusamente descritte senza mezzi termini le dissolutezze della corte francese e del libertinaggio del re Francesco I. Nel 1850 il divieto della censura austriaca fulminò anche Verdi, ma dopo spossanti trattative (chissà forse intervenne anche come mediatrice la ben nota passione degli italiani per il melodramma) nel gennaio dell’anno successivo il compositore poteva iniziare il suo lavoro.

Era stato necessario un compromesso: spostare l’azione dalla Francia alla corte di Mantova - a quei tempi non esistente - e trasformare un re in un Duca un po’ meno libertino. E contro l’ottusità della censura Verdi risentito si scagliava: “Io trovo appunto bellissimo rappresentare questo personaggio estremamente difforme e ridicolo, ed internamente appassionato e pieno d’amore… e dico francamente che le mie note o belle o brutte che siano non le scrivo mai a caso e che procuro sempre di darvi un carattere.”

Si era poi aperto subito il problema del titolo e così Verdi scriveva a Francesco Maria Piave, autore del libretto: “In quanto al titolo quando non si possa tenere Roi s’amuse che sarebbe bello... il titolo deve essere necessariamente La Maledizione di Vallier, ossia per essere più corto La Maledizione. Tutto il soggetto è in quella maledizione che diventa anche morale. Un infelice padre che piange l’onore tolto alla sua figlia, deriso da un buffone di corte che il padre maledice, e questa maledizione coglie in una maniera spaventosa il buffone, mi sembra morale e grande, al sommo grande.”

A Piave, sempre disciplinatissimo nei confronti del compositore, quel titolo invece non piaceva. La decisione finale cadde sulla traduzione del nome originale del personaggio di Hugo, Triboulet, ossia Triboletto quindi Rigoletto (dal francese rigoler, scherzare). “La vera novità del dramma sta tutta nel personaggio del protagonista” scriveva Eugenio Montale. Gilda e il Duca nella storia sono personaggi convenzionali.

Padre? buffone? oppresso? vendicatore? Un po’ di tutto questo, ma ancora non sufficiente a definire la figura di Rigoletto. “La prima creatura viva di Verdi, interamente realizzata”: così Massimo Mila.

Rigoletto andò in scena alla Fenice di Venezia l’11 marzo 1851. Fu grande il successo.

Di Rigoletto gli studiosi non smettono di interessarsi. Ma lasciamo a Verdi l’ultima (o la prima) parola: “Delle mie opere come maestro preferisco Rigoletto, come dilettante La traviata.

Nell’incontro “Il duca si diverte” con ascolti e video, parla di Rigoletto François Bruzzo,docente di Lingua, Letteratura e Civiltà francese all’Università IULM di Milano.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti

Supporto per l’ospitalità Brera Hotels

Supporto tecnico Meeting Project s.r.l. service audio-video Milano

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