L’Ape musicale

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MARIA PERROTTA

 

«Pianismo a metà perfetta fra il lussureggiante Alexis Weissenberg e il laser di Glenn Gould» (Libero); «Il suono è sgranato, la tecnica è clavicembalistica, il disegno formale è nitido: se continua così, Maria Perrotta sembra destinata a diventare la Rosalyn Tureck italiana» (Corriere della Sera); «Sentiremo parlare di Maria Perrotta, ottima pianista di Cosenza trapiantata a Parigi e votata alle Goldberg dall’età di 13 anni» (La Repubblica); «È una figura schiva e poco conosciuta, è uno dei veri astri del pianismo mondiale» (Corriere della Sera).

 

In questi termini si è recentemente espressa la critica italiana in occasione di alcune esecuzioni bachiane e beethoveniane della pianista Maria Perrotta.

 

Applaudita come interprete particolarmente comunicativa, Maria Perrotta si afferma in importanti concorsi fra cui il "Rina Sala Gallo" di Monza, il "Premio Encore! Shura Cherkassky" (2008) e il Concorso "J. S. Bach" di Saarbrücken (2004), premio quest’ultimo che la impone sulla scena pianistica internazionale come una significativa interprete bachiana, riscuotendo ampi successi di pubblico e di critica: «Maria Perrotta sa sfruttare le risorse del pianoforte moderno senza incorrere in inesattezze stilistiche. Il suono di vitrea trasparenza, la tessitura sempre percepibile, l’interessante articolazione della frase hanno reso la musica di Bach in modo ideale» (Saarbrücker Zeitung).

Registra per la Radio Tedesca, per la Rai e Sky Classica. Fra i suoi ultimi impegni l’esecuzione del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach, delle Sonate di Beethoven e del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra op. 58 di Beethoven con la Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Antoni Wit.

Maria Perrotta studia al Conservatorio di Cosenza, dov’è nata, con Antonella Barbarossa e si diploma con lode al Conservatorio di Milano con Edda Ponti. Ottiene il Diploma Superiore di Musica da Camera all’École Normale de Musique di Parigi, si perfeziona a Imola con Franco Scala e Boris Petrushansky e in Germania con Walter Blankenheim. Nel 2007 si diploma con lode presso l’Accademia di Santa Cecilia nella classe di Sergio Perticaroli. Arricchisce la sua formazione con Cristiano Burato. Attualmente vive a Parigi.

 

«Nelle Goldberg la signora Perrotta da cima a fondo ipnotizzava l’uditorio con una continua gragnuola di trilli e liquide sonorità rarefatte dove il clavicembalo era un’assenza presupposta, una dolorosa nostalgia; con sobri passaggi legati e uso assai discreto del pedale… L’allieva di Walter Blankenheim non è certo una bachiana di complemento. La sua ampia paletta dinamica ricrea l’equilibrio fra le due tastiere dell’originale cembalistico, alcuni ritornelli fioriscono di abbellimenti galanti, in altri prevale il caratteristico rigore della polifonia. Non mancano alla sua lettura né l’energia ritmica né il puro virtuosismo manuale, ma ciò che più avvince è la sua capacità di abbandonarsi all’incanto degl’intervalli dissonanti, come nelle variazioni 15, 21 e 27. Questi canoni dal sottile artificio armonico, musica assoluta e atemporale quant’altra mai, ritrovano sotto le dita di Maria Perrotta un sapore notturno nutrito di quella nobile malinconia che è quintessenza del barocco. (Amadeus);

 

«Nella sua esecuzione pianistica delle Variazioni Goldberg regna la luce» (Elle).

 

«La sua figuretta si trasfigura mentre suona, pur tuttavia in modo compostissimo. Il suo tocco è delicato, e dallo Steinway ella ricava un timbro bellissimo. Ciò è tanto più notevole giacché Beethoven, distaccatosi dal mondo, scrive le tre Sonate per uno strumento che non esisteva ancora, che proprio le sue opere hanno postulato. Nelle graduationes accordali, tanto in crescendo quanto in diminuendo, ella osserva un iter da manuale. In pochi punti di tutto il concerto ella affonda veramente il peso onde ottenere un pur rotondissimo fortissimo. I pppp, così vuole Beethoven, sono eterei. Nel giuoco di terzine nell`acuto, accompagnata all`acuto, della Sonata in Do minore, ella ottiene un esito cristallino. La perfezione dei trilli della Sonata in Mi maggiore e di quella in Do minore, idealmente estesi all`infinito e in fatto estesi quasi oltre ogni forza umana, è da non dirsi… La Perrotta è analitica ed espressiva, ma non perde mai, il senso dell`unità formale. I recitativi sono da lei resi un teatro metafisico. I passi di terze e doppie terze acquisiscono un timbro creato da Dio in istato di grazia. Le colorature scorrono come i fili di una ragnatela» (Corriere della Sera).


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