L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Ritorno alla Siviglia animata

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Già alla replica il fantasioso allestimento rossiniano di Maestrini ed Held appare meglio calibrato, anche se un ulteriore affinamento è sempre possibile. Si confermano e crescono i valori di alcuni elementi di spicco del cast, mentre le alternanze fra le due compagnie sortiscono esiti decisamente poco convincenti.

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VERONA 14 aprile 2015 - Nel corso della recita di martedì 14 aprile, molte opinioni che ci eravamo fatti in occasione della prèmiere di domenica risultano confermate. L'idea di Pier Franceco Maestrini e Joshua Held risulta interessante e della regia abbiamo già parlato ampiamente [leggi la recensione della prima]; sinceramente, abbiamo ben poco da aggiungere, se non notare come determinate tempistiche della fossero molto meno invadenti, benché alcuni spigolosi angoli risultino ancora da smussare al meglio e si auspichi un affinamento ulteriore nell'eccesso di effetti visivi e sonori.

Nel corso di questa prima replica i tempi sembravano meglio calibrati, tuttavia molti elementi sono risultati ridondanti, inficiando l'efficacia del messaggio che si voleva trasmettere. Inoltre, se durante le ultime rappresentazioni dei varii secondi cast abbiamo accolto favorevolmente la presenza di molti ragazzi in teatro, purtroppo in questa serata dobbiamo registrare un fastidioso, e ininterrotto, vociare da parte di alcuni giovani studenti delle scuole secondarie di primo grado, un tempo chiamate scuole medie. Adolescenti, come diceva il nome stesso, in quell'età di mezzo poco controllabile e inadatta - come hanno ampiamente dimostrato questa sera - ad assistere in gruppoper la prima volta a uno spettacolo lirico abbastanza lungo. Ovviamente non affermiano che un dodicenne non sia in grado di rompere il tabù dell'assenza dalle sale dei più giovani quando in essi non divampi un sacro fuoco artistico, ma, quantomeno, che in ogni caso dovrebbero dimostrare un minimo di civile educazione, della quale i ragazzi seduti nella dodicesima fila pari della platea del Filarmonico erano, evidentemente, privi.

Edgardo Rocha offre una prova ancor più convincente, rispetto a domenica: purtroppo la lettura troppo alleggerita della frase musicale da parte di Stefano Montanari, che pare dal podio voler evitare le classiche agilità di forza rossiniane, non gli consente di sfoggiare il bello squillo che lo caratterizza. Ad ogni modo il suo è un Almaviva preciso e sicuro musicalmente, con ottime idee espressive e di fraseggio. Ribadiamo la nostra soddisfazione per la crescita artistica di questo giovane tenore, che si sta mettendo in luce in importanti teatri d'Europa e non solo. Omar Montanari si mantiene sui medesimi livelli di due giorni prima. Può maturare ulteriormente, ma dimostra già buone capacità e una certa disinvoltura scenica, interpretando un Bartolo non particolarmente originale, ma estremamente funzionale ed efficace. Silvia Beltrami si alternava a Annalisa Stroppa, nel ruolo di Rosina, ma i risultati non sono sicuramente i medesimi: le agilità sono spesso stentate, o aspirate; il registro acuto è affaticato, se non - nella migliore delle ipotesi - inesistente. L'attrice è appena sufficiente, ma la prova, nel suo complesso, è assolutamente negativa. Anche se con meno decisione, riteniamo sia da bocciare il Figaro di Sundet Baigozhin, caratterizzato da un'emissione cavernosa, un tibro inadatto al ruolo, un fraseggio approssimativo e una scarsa proiezione. Il baritono è perfettamente udibile, perché dotato di una “grossa” voce, che non diviene mai “grande”. Decisamente migliore Marco Vinco, come Basilio, il quale sembra aver ritrovato, questa sera, antichi istinti rossiniani, recuperando squillo e legato. Questo non sarà sicuramente il suo repertorio ideale, ma può dire la sua con onore. Salvatore Grigoli era ancora Fiorello e Un ufficiale, mentre Irene Favro una Berta dalla vocalità particolarmente esile.

Non convince la concertazione di Stefano Montanari, sempre caratterizzata da un fastidioso, e antistorico, onnipresente clavicembalo, ma anche per una serie di scelte agogiche non condivisibili. In più parti l'orchestra non suona perfettamente assieme, pur eseguendo sempre bene il compito assegnatole, grazie alla qualità dei professori che la compongono. I tempi sono troppo spesso eccessivamente rallentati, in special modo durante l'aria di Bartolo “A un dottor della mia sorte”, e i cantanti sono spesso costretti a una lettura della parte troppo poco brillante e briosa, risultando, a tratti, fin noiosa. Va fatta salva l'esecuzione dell'ouverture e del temporale, ma quando i brani non siano esclusivamente strumentali, lo scollamento fra buca e palcoscenico risulta evidente.

Al solito non possiamo che lodare il coro della Fondazione Arena, ben guidato da Vito Lombardi, che, anche se poco impegnato, si è distinto per la bellezza del colore e l'omogeneità del timbro.

La regia era di Pieri Francesco Maestrini, coadiuvato dal giovane Joshua Held per quanto riguarda la scenografia animata e i costumi.

A termine grando applausi - anche questi disturbati da alcuni ragazzi - per tutti, con particolare entusiasmo per Edgardo Rocha. L'allestimento è di proprietà esclusiva della Fondazione Arena di Verona.

foto Ennevi


 

 

 
 
 

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