La carriera presente di Tom Rakewell
di Joel Poblete
Felice debutto cileno per il capolavoro di Igor Stravinsky, in un allestimento che ne mette in luce con efficacia l'intramontabile attualità.
SANTIAGO DEL CILE, 20-28 luglio 2015 - Una nuova pietra miliare del teatro lirico del XX secolo si è aggiunta a quelle che negli ultimi decenni sono stati inseriti nel repertorio del Teatro Municipal de Santiago. Si tratta di The Rake's Progress di Igor Stravinsky, che a più di sessant'anni dal debutto assoluto approda finalmente in Cile come terzo titolo della stagione lirica in corso, con sei recite e due compagnie, fra il 20 e il 28 luglio.
L'opera rimane viva e attuale anche oggi, grazie al suo significato teatrale che tanto bene si è saputo riflettere in una messa in scena accattivante e meditata a cura di un team argentino capitanato dal regista Marcelo Lombardero, e integrato da Diego Siliano scenografo, Luciana Gutman, costumista, José Luis Fiorruccio, curatore delle luci. Gli stessi autori di Rusalka, altro debutto cileno che in maggio aveva inaugurato la stagione lirica del Municipal. Ma a differenza di quello spettacolo, che comprendeva momenti significativi mescolati ad altri poco convincenti, qui il risultato è stato assai stimolante e positivo.
Come regista, Lombardero sta sviluppando una validissima collaborazione con il Municipal, a partire dal suo primo allestimento su queste scene, The turn of the Screw di Britten, nel 2006. Ha poi curato altri memorabili debutti locali di opere del XX secolo, come Il castello di Barbablù (2008), Lady Macbeth di Mtsensk (2009), Ariadne auf Naxos (2011), e, nel 2013, il notevole esordio sudamericano di Billy Budd. La sua versione di The Rake's Progress è sempre ambientata a Londra, ma non nel XVIII, bensì anche nel XX secolo, o in un'epoca che potrebbe essere comunque la nostra; in questo caso la trasposizione funziona perfettamente, perché nella vicenda molti elementi possono riconoscersi identici ai giorni nostri, nella nostra quotidianità del 2015, epoca d'innegabile edonismo e consumismo.
Così, nella proposta di Lombardero – che aveva affrontato quest'opera per la prima volta nel 2009 al Teatro Avenida de Buenos Aires – vediamo talora usare telefoni cellulari e fra le altre cose troviamo, nella prima scena, casa Trulove trasformata in un golf club; il bordello del secondo quadro è un sensuale lupanare dove giovani si esercitano in pratiche erotiche (coreografie della cilena Edymar Acevedo), ballano sul palo e una si presenta in topless; in altri momenti, una ragazza consuma cocaina, il protagonista legge Playboy o, in alternativa, il Daily Mirror, e frequenta locali esclusivi a bordo di lussuose automobili, mentre si vedono manifestanti che protestano per la crisi economica. Non manca un'allusione al ciclo omonimo di stampe dell'inglese William Hogarth, che ispirò la creazione dell'opera a Stravinsky, e che appare fra i cartelloni della metro londinese, o come manifesto pubblicitario di una mostra nella prestigiosa Tate Modern. Il giocoso spettacolo intrattiene, è fluido e dinamico, diverte ma sa anche commuovere quando necessario e, nonostante le variazioni, è coerente con i temi originali e con la morale conclusiva. Un altro successo, insomma, nel cammino cileno di Lombardero e dei suoi collaboratori.
E , dal punto di vista musicale, i risultati sono stati egualmente efficaci in entrambe le locandine. Già due anni fa, nel citato Billy Budd, era stato uno dei pilastri del successo e il suo ritorno in Cile è stato ancora una volta fondamentale: il britannico David Syrus, da quarant'anni Head of Music della Royal Opera House di Londra, a capo della Filarmónica de Santiago ha offerto una lettura sfumata e attenta a ogni dettaglio, gioco stilistico, contrasto ritmico e sonoro dipanato da Stravinsky. Si è, inoltre, integrato benissimo con la rappresentazione teatrale, senza mai trascurare le voci. Eccellente il contributo al cembalo del pianista cileno Jorge Hevia.
Da parte loro, i membri del Coro del Teatro Municipal, diretto dal maestro uruguayano Jorge Klastornik, si distinguono non solo sotto il profilo musicale ma anche cogliendo tutte le opportunità per mostrare la loro abilità scenica. Si distinguono felicemente come cantanti e come attori soprattutto della spassosa scena dell'asta e nel commuovente quadro del manicomio, nel quale ciascuno interpreta con efficacia un folle.
Il cast “internacional” ha dimostrato un eccellente livello generale, soprattutto nella coppia formata dal licenzioso protagonista Tom Rakewell e dalla sua fedele e afflitta amata Anne Trulove, interpretati da due artisti che si esibivano per la prima volta in Cile. L'istrionico tenore statunitense Jonathan Boyd ha esibito un solido dominio di canto e recitazione, tanto simpatico e ingenuo quanto spregevole, opportunista, commuovente; sicuro negli acuti come nel resto della tessitura, ha voce duttile, buona tecnica e buona gestione del volume, così come degli abbellimenti e delle agilità presenti talora nella sua parte. Al debutto nel ruolo, il soprano australiano Anita Watson era una Anne molto credibile nei panni della giovane innocente, ha esibito una bella voce cantando con sicurezza, sensibilità e delicatezza fino a commuovere nel finale con la dolcezza della berceuse "Gently, little boat". E soprattutto ha risolto assai bene uno dei momenti più belli e avvincenti della partitura, ma anche uno dei più esigenti: la grande scena solistica del primo atto, "No Word from Tom", con la luminosa cabaletta finale "I Go to Him".
Incarnava il mefistofelico Nick Shadow un altro debuttante in Cile, il basso baritono statunitense Wayne Tigges ha convinto più come attore che come cantante, giacché la sua voce, non particolarmente accattivante, è troppo chiara per il ruolo, benché l'artista si adatti bene alle sue peculiarità stilistiche e sia stato adeguatamente sarcastico nei suoi interventi, preciso nei movimenti. Il mezzosoprano britannico Emma Carrington è apparsa anch'ella per la prima volta al Municipal, in quello che è il ruolo più eclatante dell'opera: Baba la Turca, una eccentrica donna barbuta. Nella visione di Lombardero, si prescindeva dalla barba, ma ad ogni modo il look del personaggio appariva sempre molto stravagante, come un travestito che l'artista ha reso con debordante e divertita vis scenica, giocando a suo favore anche la figura alta e slanciata. Sotto il profilo vocale ha mostrato buone note gravi, ma anche qualche squilibrio nel volume.
L'altro mezzosoprano, la cilena Evelyn Ramírez (che nel secondo cast, detto “estelar”, era una valida Baba la Turca, con diversi accorgimenti di collaudata comicità), ha cantato bene ed è stata molto convincente e sensuale nei panni di Mother Goose, in questo allestimento un'autentica dominatrice. Negli altri ruoli hanno offerto il loro contributo il basso baritono argentino Hernán Iturralde, sonoro Trulove, padre di Anne; il tenore cileno Pedro Espinoza, giocoso e ben cantato Sellem, battitore d'asta; e, nel suo breve intervento nell'ultimo quadro, il guardiano del manicomio del baritono cileno Pablo Oyanedel.
Il cast “estelar” si è pure mostrato all'altezza della situazione. Il direttore stabile della Filarmónica di Santiago, il cileno José Luis Domínguez, ha offerto una lectura vivace e sensibile, sempre attento tanto all'orchestra e ai numerosi dettagli della partitura di Stravinsky, quanto alle esigenze della scena e del canto. Anche in questo caso si è distinta specialmente la coppia protagonista. Come Tom Rakewell, il tenore argentino Santiago Bürgi ha mostrato una voce lirica decisamente adeguata al ruolo e ha reso pienamente sulla scena il percorso del suo personaggio; il soprano cileno Catalina Bertucci, già noto per le sue eccellenti qualità mozartiane al Municipal grazie al Don Giovanni nel 2012 a Die Zauberflöte lo scorso anno, ha interpretato una notevole Anne, splendente nel canto e nella figura di candore e virginale purezza, sottigliezza e dolcezza, capace di affrontare senza difficoltà il finale del primo atto. Da parte sua, con la disinvoltura e la sicurezza che gli conosciamo e un canto saldo e potente, il basso baritono cubano-cileno Homero Pérez-Miranda è stato un Nick Shadow divertito e adeguatamente sarcastico.
foto Patricio Melo