L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

I due violini

 di Roberta Pedrotti

La sostituzione di un collega indisposto porta sul podio un direttore che nasce (e non cessa di essere) violinista per un programma che si apre proprio con il Concerto per violino e orchestra di Brahms, solista Sergej Krylov. Dopo l'incontro fra i due compagni di strumento, l'uno con l'archetto l'altro con la bacchetta in pugno, è la volta della perturbante Seconda sinfonia di Schumann.

BOLOGNa, 19 giugno 2015 - Non tutti i mali vengono per nuocere. Auguriamo all'indisposto maestro Shokhakimov  inizialmente designato per questo concerto, una pronta e piena guarigione e un felice ritorno sul podio dell'orchestra del Comunale per l'imminente Romeo e Giulietta di Prokof'ev; tuttavia non possiamo non congratularci con il teatro per la scelta di un sostituto come Nikolaj Znaider.

Un violinista, dunque, che passa abitualmente alla bacchetta e qui chiamato a concertare il Concerto per violino e orchestra di Brahms, solista Sergej Krylov; un incontro fra colleghi in ruoli diversi, curiosamente opposti nella presenza fisica – tanto alto e robusto Znaider da far apparire il Krylov più tarchiatello che mai – complementari, complici e solidali. Se non fosse che i violinisti sono assai prossimi per anagrafe mentre i pianisti appartenevano a generazioni diverse, verrebbe alla mente il recente concerto bolognese con Mikhail Pletnev sul podio a dirigere un più giovane collega alla tastiera [leggi la recensione].

Znaider condivide e comprende perfettamente il respiro, le esigenze tecniche ed espressive del collega, gli dà il giusto spazio e controlla bene l'orchestra. Krylov suona da par suo, con bel legato, suono pulitissimo e ben presente, intonazione sempre sotto controllo, gusto ed eleganza.

La risposta del pubblico li premia con entusiasmo e Krylov non si fa pregare elargendo due graditissimi bis in cui fa valere ancora una volta la sua classe e la sua tecnica.

A dispetto degli acquazzoni un po' troppo esuberanti che stanno rinfrescando la città, l'atmosfera in sala è più calda che mai, anche per un programma che non gioca soltanto la carta di nomi imponenti come quelli di Brahms e Schumann, ma li presenta in una scelta ben ponderata che allude, in due soli titoli, all'incontro cruciale e al virtuoso triangolo intellettuale e artistico che vide protagonista anche Clara, la moglie di Robert.

Brahms, infatti, compose il Concerto per violino per l'amico Jozsef Joachim, sommo virtuoso e ispiratore nel 1853 dell'incontro con i coniugi Schumann, nei quali Johannes trovo amici sinceri e autentici punti di riferimento e sostegni artistici, mantenendo per tutta la vita un forte rapporto di amicizia con Clara, mentre Robert scivolava nella follia e concludeva tragicamente la sua vita. Quando Joachim,dsopo una gestazione frutto di un intenso scambio di suggestioni e suggerimenti fra compositore ed esecutore, terrà a battesimo, a Lipsia, il Concerto brahmsiano, nel 1879, Schumann sarà già morto da ventitré anni.

La prima, agghiacciante, parabola del male di vivere di Schumann è iscritta, fra il 1845 e il 1847, nella sua Seconda Sinfonia in do maggiore, op. 61, che costituisce la seconda parte del nostro programma.

Sinfonia tecnicamente assai impegnativa, ostica perfino a tratti, e poeticamente complessa, inquieta, frastagliata. Non manca qualche inciampo nell'incipit del primo movimento, il più faticoso, ma bisogna render merito a Znaider di non essersi lasciato turbare o, peggio, travolgere, e di aver tenuto salde le redini di un'esecuzione in crescendo, chesi è mantenuta sicura nei binari della partitura, anche ad onta di un impasto degli archi che, forse per il suo voler essere denso e romantico, non riesce mai terso e netto come avviene, invece, quando la stessa orchestra affronta il repertorio del XX secolo. Notazioni marginali, che fanno parte in un certo senso del DNA di un complesso che in questo repertorio affonda le radici nell'esperienza quasi mistica della storica collaborazione con Celibidache.

Resta l'intelligenza stimolante del programma, resta il piacere di veder consolidato il rapporto con Bologna di un musicista dalle spalle larghe (non solo metaforicamente) come Znaider, così come di un solista del calibro di Sergej Krylov, resta un successo di pubblico coinvolgente.

Resta un bel concerto di quelli che non faranno la storia, ma costituiscono la salda ossatura di una stagione sinfonica ben costruita e ben pensata.


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