L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il segno del comando

 di Andrea R. G. Pedrotti

Programma russo e grande meritato successo per Vladimir Jurowski, la London Philharmonic Orchestra e il pianista Kirill Gerstein nell'inaugurazione del Settembre dell'Accademia Filarmonica di Verona.

VERONA, 6 settembre 2015 - L'Accademia Filarmonica di Verona inaugura la sua stagione concertistica nel miglior modo possibile, con un teatro Filarmonico esaurito - almeno in palchi e platea - che saluta alcuni fra i più grandi artisti del mondo. Programma impegnativo, quello affrontato dalla London Philharmonic Orchestra, con il pianista Kirill Gerstein e sotto la guida del maestro moscovita Vladimir Jurowski. Programma impegnativo per le note difficoltà dinamiche che impone il repertorio sinfonico di Čajkovskij e per la concentrazione che implica l'affrontare un autore come Šostakovič, i cui equilibri non sono sempre gestibili con ordine e il rischio è quello di offrire una prova confusa che rifugga all'idea contenuta nella partitura. Tutto questo non è accaduto nella serata veronese del 6 settembre 2015, poiché Vladimir Jurowski ha saputo tener ben saldo il controllo dell'intero concerto.

Come detto, si è principiato con Čajkovskij e il suo Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in Si bemolle minore Op. 23, eseguito nella versione originale del 1879. Grande partecipazione nella scrittura dell'autore russo, con particolare intensità nel primo movimento, mentre il secondo sembra più un'autentica zona di passaggio, prima del conclusivo Allegro con fuoco. Assoluto protagonista del brano è stato il bravo pianista Kirill Gerstein, che segue, seguito a sua volta, con meticolosa precisione le scelte agogiche del direttore d'orchestra. Tutta la parte è affrontata a memoria - non è una rarità, ma è bene rammentarlo - con dedizione al gusto che traspare dalle sonorità della London Philarmonic Orchestra. Orchestra che conferma il sua notoria fama di eccellenza, con una prestazione particolarmente felice dei violoncelli e dei corni.

Ci piace sottolineare specialmente il lieto ascolto di ottoni precisi e mai disordinati, pur senza palesare piattezze espressive, sicché è spesso quella una sezione che in molti complessi crea il maggior numero di patemi. Molto bello il bis concesso dal pianista Kirill Gerstein; un breve brano affidato alla sola mano sinistra, lo studio op. 36 di Felix Blumenfeld. Non più di cinque minuti di notevole virtuosismo, che hanno saputo provocare l'entusiasmo nei presenti.

Considerevole aumento di organico per l'esecuzione della Sinfonia n. 8 in Do minore Op. 65 di Šostakovič, brano che, anche per le dimensioni non indifferenti, necessita gran concentrazione sia nel concertatore, sia nei professori. È stato per questa sinfonia che Vladimir Jurowski ha deciso di salire prepotentemente in cattedra. L'orchestra segue il suo direttore d'orchestra in perfetto unisono, senza cadute d'attenzione, poiché Jurowski impartisce ordini precisi e mai plateali, dando dimostrazione, sia all'ascolto come alla vista, di avere il completo controllo della situazione. Le sue indicazioni sono precise e rivolte alle singole sezioni, che, tuttavia, non appaiono mai scollate fra loro. Non è necessario sbracciarsi, ogni maestro ha un suo gesto e tramite quello si esprime. Jurowski indica il tempo iniziale, affidandosi con sicumera inattaccabile alla professionalità dei signori professori, i quali si adoperano nell'insieme, quasi fossero un'unità indivisibile, tutt'uno con la scrittura musicale.

Cinque movimenti ben calibrati di ordinata grandiosità musicale. Tralasciando alcuni sparuti momenti della partitura, la melodia cede spesso il passo all'impeto, favorendo una forza comunicativa costantemente coinvolgente, sempre grazie - ricordiamolo ancora una volta - all'autorità di Jurowski, maestro di rara personalità e carisma, accentuata dal suo elegante segno del comando. Bellissima la conclusione del V e ultimo movimento, quasi in clima di sospensione e di mistero.

Ancora una volta ci troviamo a lodare sezioni che spesso risultano croce più che delizia di molte orchestre: le percussioni vanno ad aggiungersi a quelle citate per Čajkovskij, poiché esse non sovrastano mai gli strumenti dei colleghi, che, nell'assieme, palesano gran varietà d'armonici.

Senz'ombra di dubbio la London Philharmonic è un complesso di notevole personalità, completamente intrisa del gusto e dello stile anglosassone. Quella personalità, che fa di un'orchestra un artista unico, individua in una singolarità la pluralità dei professori. Questa è la peculiarità che fa grandi e inconfondibili orchestre come i Berliner Philharmoniker, i Wiener Philharmoniker, l'orchestra di Santa Cecilia o quella di San Pietroburgo.

Al termine ovazioni per tutti, con le singole sezioni ad alzarsi per ricevere il meritato tripudio degli astanti. Gli appuntamenti con l'Accademia Filarmonica di Verona proseguiranno per tutto il mese, a partire dal prossimo 11 settembre.

foto Maurizio Brenzoni


 

 

 
 
 

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