L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Forsythe, Inger e Blanc

  di Stefano Ceccarelli

Il Costanzi porta in scena una serata di danza contemporanea, organizzata nella già collaudata formula del trittico di coreografi: Hermann Schmerman di William Forsythe, Walking Mad di Johan Inger e From Afar di Nicolas Blanc. I calorosi applausi del pubblico ne attestano il gradimento.

ROMA, 3 marzo 2022 – Nelle ultime stagioni, la direzione artistica del Costanzi ha sempre mostrato un’attenzione particolare e doverosa per la danza contemporanea; la formula del trittico (tre pezzi slegati, affidati a differenti coreografi) sembra funzionare bene per armonia e varietà. L’auspice di questa rinascita della danza contemporanea è certamente Eleonora Abbagnato, assai attenta al panorama contemporaneo.

La prima coreografia della serata è a firma di William Forsythe (ripresa da José Carlos Blanco Martínez), sulle musiche di Thom Willems: Herman Schmerman . Si tratta di un dittico che da una coreografia a cinque si conclude con un pas de deux. Lo stile di Forsythe, geometrico, lineare, accademico nell’uso di tutto il campionario di passi canonici, viene danzato con enfasi da Federica Maine, Elena Bidini, Marianna Suriano, Alessio Rezza e Giovanni Castelli, che intrecciano armonie compositive, che si rifrangono in motivi coreutici ripetuti quasi come un canone o una fuga di Bach. Il pas de deux finale, eseguito con pulizia ed energia invidiabile da Susanna Salvi e Michele Satriano, mostra l’attenzione del coreografo per gli stereotipi di genere, creando sui due interpreti un passo a due fisico e sensuale, ma senza che le due componenti di genere siano esplicitamente definite (tanto che gli interpreti appaiono ambedue abbigliati con un’iconica gonna gialla, a firma di Versace).

Come secondo pezzo il Costanzi ripropone Walking Mad di Johan Inger (ripresa da Yvan Dubreuil), coreografia già andata in scena nel 2018 nel corso di un’altra soirée di danza contemporanea (https://www.apemusicale.it/joomla/it/recensioni/20-danza/5903-roma-serata-kylian-inger-forsythe-20-03-2018). Ripropongo quanto da me scritto nella recensione di quello spettacolo, perché mi sembra ancora descrivere bene il carattere del passo. «Sulla celebre e incalzante musica del Boléro di M. Ravel, più volte intesa e interpretata come metafora dell’amplesso sessuale, Inger costruisce una coreografia basata sul complesso rapporto fra la virilità e la femminilità intese anche come categorie di compatibilità di genere: la virilità è incarnata dalle esternazioni (con linguaggio coreutico sfrontato, da musical americano) dei ballerini, mentre la femminilità dalle danzatrici, che sembrano quasi sfuggire proprio a una virilità incontrollata e incontrollabile, da momenti di smarrimento, sospensione e abbandono. Il linguaggio vede una presenza in massa del maschio contro pochi ma significativi elementi femminili: non mancano però singoli elementi di smarrimento in ambo i sessi. Vero coup de théâtre (che ha addirittura fatto pensare a qualcuno che si trattasse di un errore) è l’interruzione brusca della musica del Boléro, che continua – in realtà – impercettibilmente e di sottofondo, mentre i solisti danzano come se la sentissero: è forse l’estrinsecazione emotiva dell’emotività ‘privata’ della psiche, un’introspezione al di qua del muro. La musica poi riprende: al Boléro si sostituisce Für Alina (1976) di A. Pärt, per pianoforte solo, che rarefà l’atmosfera sonora fino alla dissoluzione, quasi, della realtà molto corporea della prima parte». A queste parole aggiungerei che l’elemento scenico del muro ligneo, variamente impiegato dal corpo di ballo (che passa attraverso porte, lo scavalca etc.), è reificazione scenica dell’incomunicabilità fra mondo femminile e maschile. Taluni momenti della coreografia rappresentano, infatti, scene di disperazione di singoli personaggi, o, quasi, tentativi di violenza maschile ai danni dei corpi femminili. Il primo e il secondo pezzo, dunque, sono legati da una riflessione sui rapporti fra i sessi e i generi. Dopo il momento corale della prima parte della coreografia (sulla musica del Boléro ), la sezione finale, il pas de deux sulle musiche di Pärt, esprime la parte romanticamente malinconica dell’eros, pregna di sovrasensi sentimentali, ove la precedente incarnava una forza più fisica. Complimenti, dunque, per energia e pulizia dell’esecuzione ai membri del corpo di ballo qui impegnati: Giorgia Calenda, Giovanni Castelli, Marta Marigliani, Alessio Rezza, Annalisa Cianci, Jacopo Giarda, Domenico Gibaldo, Giacomo Castellana e Alessandro Vinci.

La serata si conclude con From Afar , creazione del coreografo Nicolas Blanc sulle musiche della Symphony n. 1 “Oceans” di Ezio Bosso. Su invito della Abbagnato, Blanc crea appositamente un pezzo per il corpo di ballo romano, prendendo le mosse dalla Prima sinfonia di Bosso. La musica di Bosso si presta particolarmente ad essere coreografata giacché basata su un modulo di climax ascendenti che si ripetono, a suggerire le onde del mare, il loro incresparti, gonfiarsi, poi placarsi. Blanc crea una coreografia imperniata su grandi masse di ballerini che ondeggiano, fra i quali si stagliano Sara Loro e Giacomo Castellana, che danzano come coppia principale. La coreografia, resa più emozionante da una barca sospesa che, mano a mano, scende sul palco, colpisce per il controllo attento della massa dei ballerini e per alcuni tableau slanciati (come quello su cui il pezzo si chiude). Il pubblico applaude calorosamente uno spettacolo sicuramente apprezzato.


 

 

 
 
 

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