L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Sorelle, non ancelle

di Roberta Pedrotti

Ad Arezzo l'Accademia della Scala presenta una serata di musica e danza in cui le arti si muovono in piena armonia grazie alla qualità di orchestra e corpo di ballo, delle coreografie di Olivieri, Levaggi e Balanchine, della concertazione di Alessandro Bonato.

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AREZZO, 4 marzo 2023 - L'Italia pullula di teatri bellissimi, spesso dotati di ottima acustica, superiore a tante sale più recenti. Tuttavia, se è deprecabile lasciarli in abbandono, è anche oggettivo che gestirli non sia semplice, perché si tratta di mantenere costanti domanda e offerta non solo in grandi capoluoghi popolati e ben collegati, ma anche in centri più piccoli e meno raggiungibili. La collaborazione e la circuitazione posso costituire un ottimo sistema per garantire la capillarità dell'offerta, far vivere queste sale, raggiungere il pubblico più vasto, ottimizzare le risorse. Quando, poi, si tratta di artisti giovani, questa provincia realizza anche la sua storica vocazione di palestra di opportunità, gavetta, esperienza; il blasone di istituzioni rinomate può essere nume tutelare e garanzia di qualità.

Ne abbiamo avuto un esempio al Teatro Petrarca di Arezzo, che ha riunito un po' tutti questi elementi nella serata del 4 marzo. Innanzitutto, abbiamo un bel teatro all'italiana, nel pieno centro storico di una città d'arte che, però, non è solitamente annoverata fra le capitali della musica, non è sede di una fondazione lirico sinfonica né di uno dei più noti festival internazionali. Un teatro di provincia, misconosciuto fino a poco tempo fa fuori dalle immediate vicinanze e che si riempie di pubblico, molti giovani e giovanissimi, bambini perfino, facilmente allievi delle scuole di danza, ché di balletto classico stasera si tratta. Arriva qui, ed è festa, il Teatro alla Scala, blasone dei blasoni, a benedire la serata portando i ragazzi della sua Accademia, i giovani danzatori e gli strumentisti dell'orchestra. C'è il prestigio, ci sono i giovani, c'è l'opportunità per il pubblico di applaudire uno spettacolo di qualità, per gli artisti di mettersi alla prova, per il Teatro mentore di far crescere i propri ragazzi, per il Teatro che li accoglie di arricchire nel migliore dei modi il proprio cartellone.

Gli elementi per dire che questo galà di danza parte nel migliore dei modi ci sono tutti, ma la serata ci riserva ulteriori soddisfazioni. Il programma è quasi tutto dedicato a Čajkovskij, con una selezione dallo Schiaccianoci coreografata da Frédéric Olivieri e la storica Serenade di Balanchine sulla Serenata per archi, ma si frappone anche Bach, con Largo di Matteo Levaggi. Sarebbe facile immaginare che, come spesso, avviene, tutta l'attenzione si focalizzi sul palco e si riduca l'orchestra a mero sottofondo. D'altra parte, succede spesso, purtroppo, che si programmino serate di danza con basi registrate anche in istituzioni importanti, oppure che si affidi la direzione a qualche mestierante o routinier pago di scandire il tempo per iniziare e finire soltanto senza impicciare i tempi di un jeté o un port de bras. Qui, invece, abbiamo ascoltato anche musica, sul serio.

Sebbene non abbia compiuto ancora ventotto anni, ad Alessandro Bonato l'etichetta di “giovane direttore” ormai sta stretta: si tratta di una certezza, e chi non se ne è ancora reso conto si affretti ad andarlo ad ascoltare. Chiamato a dirigere questa serata, dimostra per prima cosa di non prendere sottogamba l'accompagnamento del balletto, anzi: da assiduo e appassionato frequentatore delle danze viennesi e del repertorio russo, ha assimilato una sensibilità coreografica che gli permette di trovare un felice equilibrio fra la libertà musicale e le esigenze del palcoscenico. Questo Čajkovskij è pieno di finezze, di gusto e nobile, naturale sprezzatura: la melodia non si compiace di sé, ma si plasma in rapporto a controcanti nitidissimi fra sapienti rubati. Soprattutto, la trina sa rimanere sottile e trasparente senza sacrificare una sostanza sonora particolarmente pregevole, che valorizza la qualità di ogni singola sezione o prima parte nel segno dell'unitarietà matura di un organismo-orchestra e non di mostra campionaria di qualità tecniche individuali. Sentiamo come scintilla esattissimo, argentino il ritmo dell'Ouverture dello Schiaccianoci, sentiamo la ricchezza serica degli armonici degli archi, che rende ancor più suadente la gamma dinamica se il piano non si sfibra ma mantiene una tale precisa definizione, sentiamo un'eccellente cadenza dell'arpa, incisi ammalianti dei fiati, caldi e vellutati o squillanti e luminosi alla bisogna. E tutti questi dettagli, se ci fanno ammirare ancora una volta l'abilità di Bonato nel concertare e lavorare su suono, respiro e fraseggio condivisi, ci mostrano anche la qualità e la prontezza dei ragazzi in buca, che alla preparazione tecnica sanno unire una disponibilità entusiasta al lavoro di squadra e alle sollecitazioni del podio. Non potendo citare tutti, ricordiamo almeno la violoncellista Sofia Bellettini, alle prese con Bach sul palco per Largo di Levaggi, coreografia contemporanea di cui si apprezza la struttura musicale nel rapporto fra corpi, rispecchiamenti, contrappunti, momenti solistici e collettivi. Il lavoro di Olivieri sullo Schiaccianoci è di stampo più classico, atto a mostrare la bella preparazione accademica dei ragazzi più giovani prima del cimento in Serenade di Balanchine, in cui si pone l'accento anche su uno spessore artistico e interpretativo di maggiore maturità. E, difatti, si toccano momenti di alta emozione, commozione perfino, nel rapporto fra suono e gesto di quest'ultimo pezzo. Un'emozione che deriva dal lavoro, dalla tecnica, dallo studio tenace, ma anche dalla capacità di collaborazione, di sintesi, di superamento della tecnica stessa. Ce lo ricorda la giovanissima danzatrice che scivola per un istante a terra riprendendo subito la sua posizione: a ogni artista può capitare di inciampare, di sbagliare una nota, una parola, un gesto, un passo. Non sarà quello a condannarlo, ma sarà quello a farlo umano e l'umanità è fondamentale per l'arte, e quest'arte si fa insieme. Se si trattasse solo di singoli che contemporaneamente eseguono note e movimenti uno dopo l'altro, sarebbe ginnastica, sarebbe pornografia. Non sarebbe quello che abbiamo applaudito ad Arezzo.


 

 

 
 
 

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