L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

rafael payare e Luigi piovano

Tre perle francesi

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta un concerto tutto francese, di tre musicisti figli illustri della cultura musicale di Francia. L’Isle joyeuse di Claude Debussy, il Concerto n. 2 per violoncello e orchestra in re minore op. 119 di Camille Saint-Saëns (violoncellista il talentuoso Luigi Piovano), la Sinfonia fantastica. Episodi della vita di un artista op. 14 di Hector Berlioz. Il programma è seducente, la performance ben riuscita: l’orchestra suona magnificamente e attesta un buon feeling con Payare, al suo debutto sul podio dell’Auditorium.

ROMA, 3 novembre 2016 – La musica francese del XIX sec fu l’emblema del gusto di un’epoca intera. Parigi era la capitale musicale ‘europea’: lavorarvi e avervi buona fortuna voleva dire essere incoronati star del panorama musicale occidentale. Chiaramente la Francia non poteva che dare i natali – in un clima così musicalmente raffinato e all’avanguardia – a musicisti in grado di sviluppare pienamete i loro talenti. È appunto il caso di Berlioz, Saint-Saëns e Debussy, presentati assieme in concerto per le cure di Rafael Payare e Luigi Piovano, con l’ottima orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Giovane (ma già può vantare collaborazioni con i Wiener e la Chicago Symphony), Rafael Payare è al suo debutto in Accademia e mostra di avere uno spiccato senso del ritmo e un autentico sangue latino – gli diede i natali il Venezuela; mentori Abreu e Maazel. S’inizia con la trascrizione orchestrale che Debussy autorizzò a Bernardino Molinari del suo famoso pezzo pianistico L’Isle joyeuse. Stupenda la qualità materica del suono: l’orchestra riesce a risaltare ogni nuance della partitura. Si sente perfino il profumo del mare. Debussy stesso scrisse: «il mare è stato benevolo con me, mostrandomi tutte le sue infinite pieghe». Un pezzo pianistico che valse la pena orchestrare: «questa aerea raffigurazione di brezze e onde marine, sbalorditiva per ricchezza e varietà della tavolozza timbrica» evoca splendidamente «un mare indondato però da una luce dorata» (A. Penna).

Entra Luigi Piovano e s’inizia il Concerto n. 2 per violoncello di Saint-Saëns. Piovano dà l’ennesima prova della sua innata musicalità, del suo nobile feeling con lo strumento, che riesce a far cantare con rara morbidezza. Il concerto è, in effetti, uno show del violoncellista: l’orchestra fa da spalla. Piovano cesella una melodia morbida, coloratissima (l’uso del respiro e dei colori timbrici del violoncello è da grande musicista), classica, ammiccante al virtuosismo di tanta letteratura violoncellistica – Bach sopra tutti. Soprattutto nel II movimento Piovano cavalca la scrittura che si fa vieppiù virtuosistica, con invidiabile fraseggiare imperniato su una sensibilità fatata per il dato melodico. Grandi applausi alla fine del concerto: come bis ci regala Le Cygne da LeCarnaval des Animaux (sempre di Saint-Saëns) in una trascrizione per soli violoncelli, suonando magnificamente coi suoi compagni d’orchestra.

Conclude il bel concerto la celebre Symphonie Fantastique di Berlioz. Payare sente bene la screziata scrittura del francese: è facilitato anche dall’estrema fama della partitura e dalle incredibili doti dell’orchestra dell’Accademia, straordinaria nella resa sonora di questo michelangiolesco affresco. Eppure in qualche punto (qualche momento in cui sarebbe servito un abbrivio più deciso), forse, agogicamente parlando, rallenta troppo, troppo allarga: ma nel complesso la coerenza della partitura è porta ottimamente e l’esecuzione si lascia apprezzare. Rêveries. Passions (I)vede ben stagliati i suoi volumi; Un bal (II) è forse il momento in cui Payare si fa apprezzare di più, sprigionando tutta la brillantezza coreutica valzerina. Se manca – in alcuni punti – del mordende a Scène aux champ (III) è certo per la complessità della scrittura, che alterna momenti di apertura melodica dal sapore campestre (diremmo beethoveniano, pastoralmente, almeno nell’uso dei legni), a potenti momenti di parossismo sonoro/ritmico. Meglio, certamente, la Marche au supplice (IV) e per l’energia profusa e per la tenuta generale, vigorosamente forte e precisamente netta. Payare conclude bene profondendo una grande energia nella Songe d’une nuit du Sabbat (V), soprattutto nella scrittura fugata degli archi evocante l’orgia sabbatica, come pure nel tema marziale scandito dagli ottoni. Berlioz arriva a un’incredibile sperimentazione musicale: la Fantastique è un pastiche di generi musicali differenti, incastonati in un discorso retorico-fantastico che ha un impianto classicheggiante ma una monumentalità insolita (soprattutto per un discorso su allucinazioni erotiche), basato su un linguaggio musicale che fa ampio uso di parodia e dissacrazione. Semplicemente geniale. Payare viene applaudito grandemente.

 


 

 

 
 
 

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