L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Mahler: una sinfonia che è un mondo

 di Stefano Ceccarelli

Il maestro Antonio Pappano, dopo sette anni, riporta sul palco dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia la Sinfonia n. 9 in re maggiore di Gustav Mahler: una sinfonia che racchiude in sé un mondo, l’intera vita di un soggetto le cui sensazioni sono proprio la musica stessa. Il concerto è un successo.

ROMA,10 maggio 2018 – Il maestro Antonio Pappano torna a deliziare il pubblico romano con la sua arte, dopo aver presentato, a fianco di Michele Dall’Ongaro, la nuova, emozionante stagione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. In questo maggio romano, Pappano riporta, dopo sette anni di assenza (proprio lui l’aveva diretta nel 2011), la monumentale Nona di Gustav Mahler. Senza se e senza ma, l’esecuzione è stata un autentico trionfo. Pappano si trova nel repertorio che probabilmente più gli appartiene, il sinfonismo maturo dell’ottocento; l’orchestra, da parte sua, è in stato di grazia: insomma, tutto concorre a una performance assolutamente indimenticabile.

La Nona, per il tramite delle onnipresenti e ‘paniche’ evocazioni naturali, è una riflessione di Mahler sulla morte, che sarebbe giunta senza permettere al compositore di ascoltarne l’esecuzione in pubblico. La partitura è, dunque, attraversata da una potente energia, che emerge carsica fra oasi di puro lirismo naturale e un’ironia sulla vita che si esprime nell’intelligente arte della parodia. Un direttore che si appresti a leggere cotanto monumento deve tener presenti tutte queste differenti anime di Mahler, che nella Nona si amalgamano con rara maestria. Pappano inizia, fin dal lunghissimo, Andante comodo (I), con perfetta maestria, esaltando le nuancetimbriche: l’emergere del suono dal silenzio, le soluzioni sonore che presentano ‘in sordina’ il materiale tematico sono eseguite con palpabile sensibilità. Il direttore è bravo a far crescere e decrescere la massa sonora, in una partitura che presenta un notevole dilatarsi e restringersi del volume. Lo sviluppo è cesellato in ogni sua piega: Pappano appare concentrato, ma non teso: è immerso nella cupa bellezza dell’andare sonoro. Al sopraggiungere della climax,che è lo sfogo principale dell’accumulo ritmico dell’intero movimento, Pappano apre l’orchestra e poi la richiude magistralmente, facendo spegnere l’impulso ritmico marziale (una firma di Mahler, un’eco dal mondo dell’infanzia): è la contemplazione della morte da parte del soggetto che costituisce il referente dell’emanazione musicale della sinfonia. La conclusione del movimento, una contemplazione squisitamente timbrica dell’orrore della morte, si ingentilisce di brevi assoli del primo violino. Il II movimento (Im Tempo eines gemächlichen Ländlers) viene diretto, anch’esso, come meglio non si potrebbe. Pappano fa rimarcare ai maestri d’orchestra la volgarità dei passaggi delle danze in stile popolare (che rappresentano la futilità del mondo): impasta ritmi con sapienza, con quel giusto tocco di grossolanità, fino al crescendo finale della «tragica pantomima» (O. Bossini, dal programma di sala), che suggella la saturazione del soggetto verso la mondanità. Con grande sensibilità agogica, Pappano cesella il Rondo-Burleske(III), difficilissimo da centrare, perché basa tutta la sua forza espressiva su piccoli scarti ritmici, ben calibrate dissonanze che concorrono a creare un’atmosfera di finta euritmia: il movimento si conclude in un’oasi di malinconica musica (come se ne sentirà tanta – certo non così bella – in diverse colonne sonore di film, ai momenti più topici). L’ultimo movimento, l’Adagio(IV), vede Pappano iniziare con una cantabilità del motivo para-bachiano di grande effetto: tutto il movimento presenta una potente energia che si incanala in atmosfere, appunto, bachiane, sacre, ma di una sacralità protestante, che vede il soggetto direttamente di fronte a Dio. Ancora le pulsazioni ritmiche prorompono in una serie di crescendo, che vanno a confluire nella coda finale, nei suoi trasfigurati vapori, in cui termina la vita della sinfonia come se terminasse quella di un soggetto vivente: la percezione del divino si acuisce quando la fine è vicina, ma la vita si esaurisce in un soffio, nel nulla. «Mahler esprime con pudore la nostalgia per la luce del sole, in conclusione del suo commovente testamento spirituale» (Bossini): Pappano abbassa lentamente la mano, prolungando il silenzio della conclusione, poi scattano, fragorosi e meritati, gli applausi.

foto Musacchio e Ianniello


 

 

 
 
 

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