L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

‘Giovane’ Italia

 di Stefano Ceccarelli

Il concerto diretto da Antonio Pappano vede l’esecuzione di splendidi pezzi del repertorio italiano, raramente eseguiti. È un repertorio, in certo senso, ‘giovane’, giacché sia la Messa di Gloria di Giacomo Puccini che Juventus di Victor de Sabata sono due splendide composizioni della giovinezza dei due rispettivi autori. Fa eccezione l’Elegia per grande orchestra op. 114 di Amilcare Ponchielli, la quale, pur non essendo tra le composizioni della giovinezza dell’autore, presenta un trasporto vitalistico che ben prelude alla generazione dei compositori a cavallo fra otto e novecento.

ROMA, 23 aprile 2022 – Lascia sempre sbalorditi constatare quanti tesori custodisce la tradizione musicale italiana; se tali tesori, poi, vengono da compositori notissimi, come Giacomo Puccini, accresce ancora di più la meraviglia. Il maestro Antonio Pappano, infatti, dirige un’opera della giovinezza di Puccini, ricca di venature verdiane, che trascina il pubblico nel mondo musicale italiano del tardo ‘800. La Messa di Gloria di Puccini, infatti, è uno dei primi frutti del genio del compositore; sospesa fra sacro e profano (come del resto ben palese nel Rossini ‘sacro’), presenta già la firma del melodiare dolce e robusto di Puccini, del senso teatrale dei passaggi. Il tutto è misto alle convenzioni sacre del tempo, senza però vedere snaturato il senso di sacra offerta che la Messa costituisce. Orchestra e coro sono in forma smagliante e sotto le mani di Pappano danno vita a una partitura che, accanto a passaggi più convenzionali, ma mai banali (come il delicatissimo Kyrie, dolcissimo per melodia e vellutata orchestrazione), presenta anche brani più singolari, come l’attacco del Gloria, che ha un che di fanfaresco. Pappano dirige tutto con somma perizia, lasciando cantare l’inventiva musicale del giovane Puccini; il direttore, inoltre, è bravo nella resa dei passaggi, da quelli più possenti (come l’attacco del Credo), a quelli più soffusi, come il vero coup de théâtre del coro di soli bassi/baritoni a cantare il Crucifixus, che rende l’atmosfera cupa, tenebrosa della crocifissione del Cristo. I due solisti, Luciano Ganci (che sostituisce l’indisposto Saimir Pirgu) e Mattia Olivieri, fanno un ottimo lavoro. Ganci, dalla voce potente, squillante, e dal timbro squisitamente italiano, fraseggia con facilità; Olivieri, del pari, presenta un timbro brunito e un fraseggio pieno, che esalta la linea baritonale. Le due voci si armonizzano magnificamente nell’Agnus Dei, che chiude la Messa fra gli applausi.

Nella seconda parte del concerto Pappano dirige due pezzi raramente eseguiti. Il primo è Elegia per grande orchestra di Ponchielli, un pezzo struggente, dal sapore dolceamaro e dalle risonanze intrise di funerea tristezza, tanto che si è pensato potesse essere stato scritto in memoria di Wagner, che morì a ridosso della scrittura del pezzo. Come che sia, Pappano è un maestro nel disegnare lo struggimento palpabile che il pezzo promana, non tralasciando nessun particolare dell’abile tessitura orchestrale, di cui Ponchielli è indubbio maestro – val la pena di ricordare, en passant, la climax ascendente che si scioglie in una tersa serie di accordi sospesi. Il secondo pezzo è Juventus di de Sabata. Certamente più noto come direttore d’orchestra, de Sabata fu anche compositore ispirato, come questo poema attesta. L’orchestrazione lussureggiante, i ritmi cangianti e le varie parti del pezzo, che variano da una certa frenesia di movimento a oasi di delicato indugio, testimoniano la volontà del compositore di evocare la sua giovinezza (come, del resto, è chiaro dal titolo). Alla fine del concerto Pappano e gli orchestrali vengono lautamente applauditi.


 

 

 
 
 

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