L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Barocco e Brunello

di Roberta Pedrotti

Nella campagna di Montalcino, ad Argiano, si trova Villa Bell'Aria, sede di un festival di musica barocca giunto alla seconda edizione. Quest'anno il cartellone si conclude con un coinvolgente recital di Raffaele Pe e La lira di Orfeo.

ARGIANO (MONTALCINO) 26 agosto 2022 - È solo alla seconda edizione, l'Argiano Baroque Music Festival, ma promette molto bene. Ci potranno essere aspetti da limare: raggruppare i concerti in date più ravvicinate per favorire il pubblico che viene da lontano, individuare uno spazio alternativo per eventuali serate piovose... Un festival giovane po' crescere sotto molti punti di vista, ma quel che conta è la sostanza da cui si parte e qui non solo abbiamo trovato ottimi presupposti per il futuro, ma anche un incantevole presente. Il programma musicale è, invero d'alto profilo (pensiamo, oltre al concerto cui abbiamo assistito, all'opportunità una settimana prima di vedere Christophe Rousset in un recita cembalistico!); lo spazio è pura poesia, una villa storica in mezzo a un parco sulla collina, fra cipressi e vigneti. Dire di essere a Montalcino già potrebbe bastare ad appagare i sensi, ma quel calice di Brunello che, all'aperitivo pre concerto, si starebbe anche solo ad annusare per tutta la sera non è retorica, è concretissima realtà. Ed è realtà concretissima pure il cielo stellato nella campagna libera dall'inquinamento luminoso. Soprattutto, fra tanto ben di dio, c'è lo spirito di squadra, il senso di accoglienza e di comunità che deve essere l'anima di un Festival.

Ecco, per esempio, che una graziosa bimbetta trotterella fra i sorrisi del pubblico, poi, in un brano che vede impegnato con la voce il solo basso continuo borbotta contrariata “perché mamma non suona?” Un festival è un po' una famiglia e la mamma in questione è Anais Chen, violinista di ottimo gusto, estro fine e controllato, agile musicalità e suono netto e penetrante, affinato nello stile. Con lei fanno parte della formazione, variabile alla bisogna, della Lira di Orfeo, l'ensemble che collabora con il controtenore Raffaele Pe, il cembalo di Gabriele Levi e la viola da gamba di André Lislevand.

Non c'è che dire, uno dei pregi di Pe è senz'altro quello di saper scegliere bene le persone con cui collaborare. È bizzarro come, nel repertorio barocco, il concetto di libertà spesso si confonda con arbitrio fra opposti estremi: le musiche più solenni e maestose prosciugate all'osso, organici in origine agilissimi infarciti all'inverosimile, ad esempio. Per fortuna qui, ravvolti in un cortile rinascimentale, il recital non pone nemmeno il problema, il programma è scelto e interpretato con coerenza, sicché le linee solistiche e il basso continuo dialogano sempre in maniera appropriata. Non c'è durezza metallica nel nitore della trama sonora, bensì una calibrata mobilità di fraseggio, una morbidezza che non stucca. Lislevand con il suo suono sfumato e caldo sa farsi perfetto collante fra continuo e violino, gli archi sono complici della voce e delle corde pizzicate del cembalo, con Levi che ben sostiene con i colleghi un discorso - sia esso inter pares o fra soli e continuo - piegato alle esigenze delle pagine strumentali (un madrigale di Palestrina, due sonate di Dario Castello) come di quelle sacre, profane e operistiche per voce. E anche in questo Pe è bravissimo a conquistare il pubblico reinventando lo spirito del programma con aria disinvolta e quasi pop. Che sia il teatrale “Vi ricorda o boschi ombrosi” di Orfeo o un pezzo sacro (“Salve regina”, “Laudate Domino”) non rinuncia a batter le mani, schioccare le dita, accennare movimenti di danza, esaltare nel pezzo decontestualizzato più l'immediatezza coinvolgente del ritmo che il richiamo alla solennità del contesto originario. Non per nulla dedica la serata a Monteverdi, anche se poi le pagine per soli strumenti sono d'altri e si inseriscono anche due pezzi dall'Incoronazione di Poppea che, si sa, non è tutta sua (probabilmente lo è il monologo di Ottone, non la berceuse di Arnalta), ma nell'attribuzione tradizionale conferma l'autorità storica del gran padre del melodramma, l'influenza di chi, anche con la Seconda Pratica, contribuì in maniera sostanziale allo sviluppo del recitar cantando. Un altro marchio del programma è dato dal bis “Music for a While” dall'Oedipus di Purcell, inno alla pura musica e al suo potere di alleviare le pene e distogliere da ogni altro sentimento. In fondo è quello che abbiamo visto fare stasera, in un'abile costruzione di opposti affetti, di rigore e sfrontatezza, teatralità reinventata con indubbio coinvolgimento di pubblico.

Difatti, la seconda edizione dell'Argiano Baroque Music Festival si chiude con un successo festoso e tanta voglia di attardarsi a commentare, chiacchierare, godersi ancora il profumo della campagna toscana nella brezza sotto le stelle, quasi fosse l'eco di Monteverdi e dintorni. Arrivederci all'anno prossimo? 


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