L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Ecco un regista!

di Antonino Trotta

Merita ogni secondo dei lunghissimi applausi la Tosca andata in scena al Teatro Carlo Felice di Genova: pur con qualche grave mancanze nel cast, la regia di Davide Livermore, ripresa per l’occasione da Alessandra Premoli, regala autentiche emozioni.  

Genova, 5 marzo 2023 – Come in tutti i momenti della vita, anche in teatro è il brivido lungo la schiena il segnale da monitorare per rendersi conto che qualcosa di bello ci sta circondando. Al Teatro Carlo Felice di Genova, dove è andata in scena Tosca di Giacomo Puccini con regia di Davide Livermore ripresa da Alessandra Premoli, il brivido rivelatore si manifesta nel finale esclamando, per rimanere in tema: ecco un regista! La Tosca prescaligera, di fatto, è un capolavoro che nulla ha da invidiare a quella ben più monumentale del 7 dicembre 2019. Essenziale nell’impianto scenico – tutto si svolge a cavallo di un praticabile triangolare, sghembo, poggiato su di un girevole che a seconda della posizione e dell’illuminazione «rievoca la geografia dei rapporti tra soprano, tenore e baritono» –, magnifica nei costumi – disegnati da Gianluca Falaschi – , assai coinvolgente nei colpi di genio che puntellano una narrazione, questa Tosca è la conferma che nel sacrosanto lavoro di regia, molto spesso, più importante delle idee è la capacità di saper montare lo spettacolo.  E questo, Livermore, sa farlo divinamente: non v’è una scena in cui un movimento non risulti studiato e motivato, non v’è elemento sul palco messo lì solo a cubare spazio, non c’è istante in cui non si tenga a mente che il melodramma è teatro cantato e non solo canto in un teatro.  

Ecco allora che persino la prova carente della protagonista Oksana Dyka – chiamata a sostituire nelle ultime due recite Maria Josè Siri –, in definitiva una Tosca un po’ sgraziata e strillona, ci appare quasi cosa di poco conto, anche perché, sul quello stesso palcoscenico, di voci eccellenti ce ne sono eccome. Amartuvshin Enkhbat, ormai, è un nome che è una rassicurante garanzia: sontuoso nel canto che s’impernia su risorse naturali di superba qualità, graffiante nel fraseggio in cui la parola, tornita nel bronzo, è fine e mezzo, Enkhbat ci regala uno Scarpia che giganteggia per malvagia eleganza. Di Riccardo Massi, Cavaradossi, si confermano le stesse impressioni avute nella scorsa Manon Lescaut: canta con franchezza di mezzi e d’espressione, la voce talvolta appare piccina per la parte. Recita, però, benissimo, e in uno spettacolo che funziona perché è uno spettacolo in cui si recita davvero, è dote di rilevanza non seconda a quella del canto. Nel comprimariato, infine, per la freschezza della voce e la morbidezza dell’emissione, si fa notare l’Angelotti di Dongho Kim. Corretti Matteo Peirone (Sagrestano), Claudio Ottino (Sciarrone), Franco Rios Castro (Un carceriere), Eliana Osidda (pastorello). Ottima la prova del Coro del Teatro Carlo Felice, istruito dal maestro Claudio Marino Moretti e calorosamente omaggiato alla fine del Te Deum.  

Alla guida dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice, in gran spolvero, Pier Giorgio Morandi fa un buonissimo lavoro. È vero, non si tratta di una Tosca che s’impone per squisita originalità, e qui e là si tende pure ad eccedere in termini di volume orchestrale, ma è una Tosca in cui ogni momento musicale è distillato con buona consapevolezza drammatica, dunque efficace e soprattutto coerente con la messinscena.      
All’ultima recita il teatro è strapieno. Gli applausi sono lunghissimi e, ad avviso di chi scrive, strameritati.  

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