L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

E adesso musica!

di Luca Fialdini

Mentre si è già entrati nel vivo dei preparativi per il 2026, l’Achrome Ensemble chiude con successo la nona stagione di musica contemporanea “… e adesso musica!”

BERGAMO 10 maggio 2025 – L’Achrome Ensemble, questo quintetto (più direttore) dal nome manzoniano, ha il gran merito di aver capito il momento storico e di aver saputo inserirsi intelligentemente sia a livello di produzione, sia a livello di proposta artistica. Non si tratta di un giudizio personale ma della semplice prova dei fatti: in circa un decennio di attività l’Achrome Ensemble è già una delle realtà di riferimento per la contemporanea, non solo per l’alto numero di prime esecuzioni e per il lavoro diretto con i compositori, ma anche per la diffusione di quanto è già stato scritto (non è necessario sottolineare quanto sia fondamentale la creazione di un repertorio contemporaneo, all’infuori della sfilza di “prime e ultime”), per la divulgazione verso le giovani generazioni dai Conservatori fino ai Licei Musicali. Diffusione, divulgazione, collaboratori esterni fra compositori e strumentisti e contatto con gli autori sono percorsi che si intrecciano nella loro proposta territoriale più importante, la rassegna “… e adesso musica!” ospitata in Sala “Alfredo Piatti” a Bergamo.

Il quarto e ultimo concerto della stagione ne rispecchia in toto le caratteristiche, con una percentuale di prime esecuzioni piuttosto alta, includendo brani commissionati in Italia e all’estero, e l’invenzione di “Suoni dalla galleria”, «un piccolo fil rouge in cui alcuni strumentisti di Achrome Ensemble eseguiranno, ad ogni appuntamento, un brano solistico del compositore Pieralberto Cattaneo» dalla galleria di Sala Piatti. Per l’appunto, ’900 (una poesia di T. Kemeny e un clarinetto) per clarinetto solo di Cattaneo costituisce il suggestivo inizio dell’appuntamento del 10 maggio, con Stefano Merighi che sottolinea le molte raffinatezze di una scrittura a un tempo cesellata e con un attento gusto melodico.

Il programma riunisce linguaggi molto diversi fra loro, dando la possibilità al quintetto di poter fare mostra dei suoi numerosi pregi. Il già citato Stefano Merighi al clarinetto, Antonella Bini al flauto, Elia Leon Mariani al violino, Emanuele Rigamonti al violoncello, Gabriele Rota al pianoforte e – non ultimo – il loro direttore Marcello Parolini costituiscono un organismo coeso e compatto, come nella migliore tradizione degli ensemble affiatati; questo tratto emerge in particolare in Sonata dell’aere di Salvatore Di Stefano (dichiaratamente un pezzo in cui non devono emergere i singoli strumenti ma il loro insieme) e soprattutto Perpetuum Moebius di Vladimir Tarnopolsky: indiscutibilmente il miglior titolo del programma, è un lavoro tanto meraviglioso quanto terrificante che richiede non solo grande perizia al singolo esecutore ma soprattutto mette a dura prova la tenuta dell’ensemble, una situazione da cui l’Achrome si disimpegna con apparente disinvoltura e soprattutto con una bella intelligenza musicale.

Naturalmente c’è anche spazio per formazioni più ridotte: In a curved space di Umberto Bombardelli accende un focus su violino e violoncello, che rendono assai bene quel continuo mutare di texture e timbri, di staticità e deformazioni, trasformando la partitura per due strumenti in una geografia astratta dalla riuscita resa coloristica. Views of Arnsdorf andSankt Michael on the River Danube di James Erber, poi, consente di poter ascoltare l’ottima Antonella Bini come solista al flauto basso; si tratta di un pezzo più affascinante nella sua concezione che nella realizzazione compositiva, tuttavia Bini fornisce una lettura convinta e convincente di questa pagina davvero impervia, muovendosi con impeccabile controllo in questa scrittura tanto densa. Ça va sans dire che, in ogni caso, il quintetto resta il protagonista e si concede anche qualche fine divertissement come Fantasia notturna di Antonio Toffolo, in cui linguaggio tonale e atonale si intersecano all’interno di una «sonata al contrario» in cui forse si può leggere lo zampino di Britten, e il rarefatto El dado di Roberta Vacca che completa la proposta dell’Achrome Ensemble.

Un autentico saggio di bravura nel senso più maturo del termine, in cui si esplorano non solo le (importanti) possibilità tecniche dell’ensemble ma soprattutto quelle interpretative; il risultato è sempre netto, preciso, pulito come il lucidissimo gesto del direttore Parolini, sempre impeccabile e attentissimo alle esigenze dell’interpretazione. Non si può, quindi, che accogliere con entusiasmo l’invito per la stagione 2026, già in programmazione.

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