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La musicista e l'icona
di Gina Guandalini
Il resoconto della mostra itinerante dedicata a Maria Callas in occasione della sua prima tappa veronese.
Qui il materiale visualizzare e scaricare!
Inaugurata l'11 marzo scorso, la mostra “Maria Callas – The Exhibition” si conclude il 18 settembre. Io l’ho vista il 16 settembre, anniversario, come tutti i suoi ammiratori sanno, della morte della Divina. La città forse più importante della carriera callasiana, quella dove debuttò nell’Europa occidentale e dove conobbe il futuro marito, Giovanni Battista Meneghini, e il suo pigmalione musicale, il grandissimo direttore Tullio Serafin, aveva il dovere di celebrarla – anche se gli anniversari importanti del debutto in Arena e della sua morte saranno l’anno prossimo.
Forse per la pioggia che tempestava la città, forse per la sede austeramente storica dello splendido Palazzo Forti nella zona nord di Verona, quel venerdì 16 la mostra non poteva dirsi affollata di pubblico (ma anche il prezzo del biglietto, tredici euro, in epoca di crisi ha avuto la sua parte).
Il vasto Palazzo Forti vanta una storia plurisecolare: origini romane, tradizione medievale – vi risiedette Ezzelino da Romano, il “piccolo Attila” -, rifacimenti settecenteschi, fu sede raffinata per Napoleone nel 1797, poi ospitò Radetzky e un importante fondo di opere d’arte (attualmente nel Palazzo della Ragione). Il restauro recente di Libero Cecchini ne ha fatto una struttura polivalente, ben fornita di ascensori e di vetrate panoramiche. Lo storico della moda e docente all’Università di Bergamo Massimiliano Capella (sua la recente mostra sulla bambola Barbie a Milano) si è visto affidare dal Comune di Verona, dalla Fondazione Arena di Verona e dall’Arthemisia Group questa Exhibition sulla Callas, che ha giustamente articolato in diverse che ripercorrono i momenti salienti della vita e della carriera della Divina.
Chi scrive è insofferente nei confronti dell’ascolto in cuffia, e quindi ben poco può riferire della colonna sonora di questa mostra. Comunque all’ingresso un maxischermo offre l’Habanera della Carmen filmata ad Amburgo nel ’52: voce consunta, spalle scheletriche, pettinatura datata, testo pasticciato. Ma è pur sempre la Callas del mito, la Maria iconica. Non altrettanto si può dire del "Babbino caro" offerto come bis a Londra nel ’73, malinconica testimonianza di un declino irreversibile.
La soluzione è stata concepire il percorso come un progresso planetario di visibilità e di mito. Con filmati d’epoca, interviste, foto e oggetti appartenuti all’artista, documenti, abiti e gioielli del tutto inediti, provenienti da archivi nazionali e internazionali e dallo stesso archivio personale di Maria Callas: questo è il materiale di cui si sostanzia il più recente omaggio al suo mito.Vediamo.
Questa la mappa dell’Exhibition:
America Grecia: andata e ritorno. New York - Atene - New York 1923 - 1947
Il successo e l’amore. Verona, 1947-1954. Lo storico pedante deve segnalare che qui una foto interessantissima che rappresenta la Callas a tavolino insieme a un giovanotto non identificato (ma perché non identificarlo?) e alla figlia di Tullio Serafin, Victoria; la didascalia dice “in un caffè di Verona nel maggio ‘49”. Ma in quel mese la Callas era a Buenos Aires.
I grandi debutti. Venezia, Firenze e Roma, 1947-1958
La conquista del Sudamerica. Argentina e Messico, 1949-1952
Finalmente la Scala. Milano, 1950-1953
La Callas-Scala. « Questa non è una mostra per musicisti o musicologi, ma c’è il desiderio di raccontare un’icona con uno stile pop» ha precisato il Prof. Capella. Ma i numerosi telegrammi e lettere di Visconti, in parte inediti, esposti in questa saletta, confermano che la Callas cantante e musicista, e non solo donna elegante, è figura fondamentale del ‘900.
Icona di stile. Abiti, gioielli, scarpe, cappelli che ricordiamo in foto arcinote. Spesso la fonte del prestito o del dono è Elena Pozzan, che accompagnò la Callas come cuoca, guardarobiera e parrucchiera nelle tourné del ’73 e ’74 al posto di Bruna Lupoli.
Regina alla corte di sua Maestà. Londra, 1952-1973
Dal trionfo più grande alla solitudine. Parigi, 1958-1977
Maria e Medea. con costumi e bigiotteria di scena del film di Pasolini, già stravisti ma sempre pittoreschi.
Dettagli di Diva. Vi sono molti abiti da giorno e da sera, di Biki e di altri stilisti, della Callas ormai fuori dal gioco operistico ma ben presente nella Parigi degli anni ’70. Due parrucche, sorprendenti per i visitatori che non sanno che negli anni ’60 era di moda indossarle anche da parte di chi aveva lunghe e folte chiome (veramente curioso è il loro colore biondo scuro). In una bacheca si vede ciò che rimane del celebre vestito bianco a papaveri rossi che la Divina sfoggiò nella primavera-estate ’57.
Finale. Qui è illustrato con i figurini di Benois il progetto, poi andato all’aria, di tornare in scena come Tosca a Yokohama nel novembre ’75. .
Il percorso di questa mostra veronese è illustrato con giornali dell’epoca e foto di scena e della vita privata che provengono dalla collezione personale di Maria Callas, da album che la Divina stessa assemblò e che recano ancora le sue annotazioni autografe. Materiale sottratto fortunosamente alla diaspora delle collezioni che fino alla fine al ‘77 erano conservate nell’appartamento parigino della Callas e fino all’81 nell’archivio di Meneghini, e oggi sono in possesso di collezionisti privati o della Fondazione Marzotto.
Quasi niente pubblico in questo 16 settembre, ma la rassegna è ben scelta: memorabilia che, se sono già quasi interamente noti ai collezionisti accaniti, non mancheranno di interessare e sorprendere i visitatori delle tappe future di questa exhibition. E, lo dobbiamo ripetere, nonostante l’intenzione dell’ideatore fosse di evitare la più severa musicologia per puntare al fenomeno iconico, molti documenti testimoniano appunto che la Callas ha fatto parte della storia del teatro musicale.
Le miniature e le didascalie della galleria fotografica
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