L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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NOTE DI REGIA

di Arnaud Bernard

Si apre il sipario ed entra un bambino in una sala borghese dell’Ottocento, con un tavolo riccamente addobbato per una cena imminente. È solo, e sta leggendo un libro con molto interesse, rapito dalla favola medievale che divora voracemente, come i morsi di una mela: Guglielmo Tell.

Questa immagine iniziale riassume l’idea drammaturgica, la mia visione dell’ultima opera composta da Rossini per il più importante teatro parigino, l’Opéra.

Analizzando la musica ed il libretto si percepisce la grandezza del racconto epico e leggendario, che si vuole narrare accompagnato da una leggerezza nella scrittura musicale, che fa riflettere sulla naïveté globale che caratterizza l’intera opera.

Il libretto dipinge un plot dallo sfondo politico, ma il ritmo della narrazione e la musica che lo descrive hanno un’accezione sognata. Quando si pensa al Tell l’immagine immediata che abbiamo è legata alla ‘scena della mela’, una punizione che il repressore austriaco Gessler impone al dissidente ribelle eroe svizzero, il quale si è rifiutato di inchinarsi ad un cappello esposto in una piazza, omaggio dovuto dagli oppressi (Svizzeri) al potere degli invasori (gli Austriaci). Ma l’invasione austriaca medievale dipinta nel Tell è storicamente lontana per noi, e l’unica immagine potente riguarda il momento della mela, scena entrata nell’immaginario collettivo, che in sé è un’immagine poetica poco credibile, se presa sul serio in quanto sfida o punizione realistica. Per questo motivo, ‘cercare’ di fare uno spettacolo realistico è un errore dal momento che non possediamo gli strumenti per credervi fino in fondo.

Leggere l’opera valorizzandone il contesto politico, che come detto è un mero sfondo, non fa giustizia alle immagini sognate e agli altri contenuti sentimentali impressi nella musica e nel libretto. Da qui l’idea di leggere lo spettacolo come se fosse un atto di fantasia compiuto da un bambino (Jemmy) che, solo nelle stanze di casa sua, ricrea attraverso la propria immaginazione l’aspetto monumentale dell’opera attraverso il filtro dell’ingenuità e della purezza fanciullesca, un connubio che omaggia sia la musica che il libretto, dimodoché lo spettatore possa riconoscersi in questa ‘magia’ senza vivere passivamente un leggendario racconto politico delle quali si sono perse le tracce nel corso dei secoli.

Questo per dire che non è necessario attualizzare un titolo che ha un ritmo ed una natura specifici, la ‘modernità’ consiste nel ricercare la vera sostanza insita nell’opera.


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