L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Petra Lang, wagneriana per caso

di Ramón Jacques

 

Originaria di Francoforte, ha cominciato gli studi di violino prima di iniziare quelli di canto con Gertie Charleut, all’Accademia Musicale di Darmstadt. Dal 1989 fino al 2006 ha studiato con Ingrid Bjoner. Attualmente è acclamata per le sue interpretazioni wagneriane, Kundry, Siegliende, Brangaene, Venus, Ortrud, Adriano, coltre che di Judith (Bartok), di Cassandre (Berlioz), e Ariadne auf Naxos, come pure per le interpretazioni mahleriane.

Si è esibita nei principale teatri d’Europa e d’America, ai Festival di Bayreuth, di Salzburg e Bregenz, lavorando con direttori come Abbado, Boulez, Bychkov, Chailly, Chung, Davis, Dohnany, Eschenbach, Harding, Haitink, Inbal, Janowski, Jordan, Mehta, Muti, Saraste, Sawallish, Rattle, Runnicles, Tate e Thielemann.

Ha vinto il Grammy per la sua interpretazione di Cassandre nei Troyens di Berlioz. Petra Lang ha anche un’ottima reputazione come cantante liederista.

Ci puoi parlare dei tuoi inizi come cantante d’opera e delle tue prime apparizioni in teatro come mezzosoprano lirico?

Ho cominciato nello Studio d’Opera del Teatro di Monaco di Baviera dove ho cantato in produzioni del teatro: la Madre in Butterfly, o Adelige Weise nel Rosenkavalier, tra le altre. Tra le produzioni dello Studio: Dorabella e Der Revisor di Egk. Dopo un anno a Monaco mi sono trasferita a Basilea dove ho cantato in produzioni per bambini: Diana in Iphigenie, Giannetta in Elisir d’amore, e Annina in Traviata. L’anno seguente ho aggiunto al mio repertorio Cherubino a Werkersheim e Don Ramiro (La finta giardiniera) a Norimberga. Successivamente a Dortmund Dorabella, Rosina, Suzuki, Octavian e i primi personaggi wagneriani.

La musica di Wagner è indubbiamente la tua specialità. Qual è la tua affinità con questo compositore e come è iniziato il rapporto con la sua musica?

Ho sempre amato la sua musica. Dall’età di sei anni quando ascoltavo le vecchie registrazioni discografiche di mio padre, il Tannhauser con la Silja, la Bumbry e Windgassen, o Der fliegende Holländer con la Silja. Poi mi regalarono il Lohengrin e così di opera in opera ho scoperto tutto il repertorio wagneraino e ne fui affascinata.

Come si è sviluppata la tua voce dopo la decisione di affrontare questo repertorio?

Non ci fu una decisione o un desiderio particolare di cantare questa musica. E’ qualcosa che è arrivato naturalmente già quando la mia maestra di canto per la mia laurea artistica mi insegnò i Wesendonck Lieder, e fu molto contenta del risultato sostenendo che quella musica fluiva spontaneamente dalla mia bocca. Feci poi una audizione con Hans Hotter ma fui in seguito accettata nella classe della Bjoner. Mi chiese cosa poteva insegnarmi un soprano wagneriano visto che io avrei voluto studiare con Hotter, ma fu amore a prima vista dato che fu la mia seconda maestra di canto fino alla sua morte avvenuta nel 2006. Ella preparava i miei ruoli dal punto di vista tecnico, vocale e interpretativo.

 

Cominciammo nel ’89 ed io passavo le estati nella sua villetta in Norvegia dove studiavo intensamente. Nel 1992 quando dovevo interpretare i ruoli di Flosshilde e della seconda Norna, mi chiese di studiare anche Waltraute, ruolo che non pensavo di cantare. Nel 1994 il direttore del teatro di Dortmund oltre a Das Lied von der Erde mi chiese proprio di interpretare Waltraute al posto di Jane Henschel che aveva cancellato. Ingrid mi incoraggiò a farlo e questo fu il mio vero debutto wagneriano. Questa produzione ebbe un ottimo successo e mi permise di cantare a Dortmund nel ciclo completo del Ring i ruoli di Fricka e di Waltraute. Poi è arrivata Brangäne a Braunschweig, con Luana De Vol come Isotta, un ruolo che ho cantato in moltissimi teatri. Sono seguiti Venus e Adriano e nel 2000 la mia prima Kundry in forma di concerto con Simon Rattle a Londra. Nel 2001 ho interpretato Sieglinde nel terzo atto della Walküre, dopodiché ho cantato molte volte il primo atto. E’ del 2003 la mia Sieglinde nella meravigliosa produzione di Robert Carsen a Colonia, e la mia prima Ortrud ad Edimburgo. La mia prima Ortrud in scena fu invece a Vienna nel 2006, proprio un mese dopo la morte di Ingrid Bjoner e di Astrid Varnay. Quest’ultima l’ho conosciuta durante il mio soggiorno a Monaco di Baviera. Mi ha chiamato dopo avermi ascoltato alla Radio per chiedermi se mi poteva consigliare. Risposi di sì, e per quattro anni ho avuto il piacere di studiare con lei Ortrud, Kundry, e Siegliende. Che grande occasione!

Quali sono i ruoli che rappresentano per te delle vere e proprie sfide?

La cosa più importante della mia carriera è che ogni personaggio è arrivato al momento giusto aiutandomi sempre a migliorare. Ho accettato i ruoli solo quando mi sono sentita pronta ad interpretarli. Qualche volta ho iniziato prima a studiarli per poterli maturare e prepararli per il debutto sul palcoscenico. La mia insegnante mi diceva che per portare in scena un personaggio bisogna immaginarlo dentro, nella mente. Prende molto tempo e sforzo personale creare certi ruoli e richiede anche molto coraggio, come l’interiorità di Sieglinde nel secondo atto della Walküre, la disperazione di Cassandre, o vivere le differenti fasi di Kundry e di Ortrud, che anche se è un personaggio relativamente semplice mi piace immensamente. Non c’è assolutamente nulla di positivo nel suo carattere, così devo accettare di fare la cattiva dell’opera.

Molto apprezzata anche la tua interpretazione di Judith nel Barbablù di Bartok e di Cassandre nei Troyens di Berlioz. Cosa significa per te interpretare questi personaggi?

 

Judith e Cassandre sono ruoli che mi piacciono molto. Judith è una donna molto egoista che segue Barbablù per dimostrargli che può dominarlo. Se lo amasse veramente lo accetterebbe così come è, smettendo di fargli domande (che è il miglior modo di distruggere una relazione). E’ un personaggio negativo e la vera vittima è Barbablù. Cassandra è un’altra vittima, ma saggia, chiara e onesta, che cozza contro una parete. Se non parlasse, magari troverebbe un’altra via d’uscita, ma ciò non la aiuterebbe a sopravvivere. In entrambi i personaggi esiste uno sviluppo che mi piace molto mettere in evidenza.

Perché ti interessa molto fare recital di Lieder?

Ho sempre interpretato Lieder perché fin dall’inizio è stata una opportunità di interpretare e mostrare la piccola storia del Lied in pubblico. Mi ha aiutato a sviluppare la voce e le mie capacità attoriali e vocali. Poi ho scoperto che, rispetto al pesante repertorio operistico, poteva rappresentare una pausa nella quale per dipingere era necessaria solo una matita ben appuntita, non un pennello. E’ una medicina per la mia voce e posso creare da venti a ventiquattro personaggi solo con il solo mio vestito, senza cambiare abito come succede in palcoscenico anche per una solo opera. Sono molto felice di ciò.

Esistono direttori, registi o colleghi che ti hanno influenzato?

Guardando indietro devo dire che ho sempre trovato le persone giuste al momento giusto. Molto importanti per la mia carriera sono stati Bernard Haitink, Ivan Fischer, Armin Jordan, Christian Thielemann e Marek janowski. Tra i registi ricorderei Pierre Audi, Robert Carsen Hans Neuenfels.

La tua carriera in quale direzione andrà in futuro?

Vorrei rimanere in maniera più stabile possibile sui miei ruoli wagneriani: Kundry, Venus, Ortrud, così come Judith e Cassandre bilanciandoli con i recital, come ho fatto in questo ultimo anno. Vorrei poi aggiungere al mio repertorio il personaggio di Brünnhilde.

Infine, quale è stato il momento più memorabile della tua carriera?

Les Troyens in forma di concerto diretti da Colin Davis con la London Symphony Orchestra. Sembrava che Dio stesso fosse coinvolto nel progetto.

 


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