L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il pianoforte non è dattilografia

di Daniele Valersi

Cles, concerto Kovacevich, 18/08/2022

Ancora una volta il festival “Omaggio all’arte pianistica di Arturo Benedetti Michelangeli” non manca l’obiettivo e presenta, come evento concertistico conclusivo dell’edizione 2022, il pianista statunitense Stephen Kovacevich, non particolarmente noto nel nostro paese quantunque uno degli artisti più in vista in Europa e negli Stati Uniti, potendo vantare oltre mezzo secolo di carriera ai più alti livelli. Tra le molte collaborazioni con musicisti tra i più celebri (quali Jacqueline du Pré, Steven Isserlis, Nigel Kennedy, Lynn Harrell, Sarah Chang, Gautier Capuçon, Renaud Capuçon, Emmanuel Pahud, Josef Suk), si ricorda il suo sodalizio con Martha Argerich, con la quale ha suonato in duo e della quale è stato il compagno per un lungo periodo. È stata un’occasione veramente unica di ascoltare questo notevole pianista, assente dalle sale italiane da moltissimo tempo, quest’anno in Trentino in esclusiva nazionale per il Festival. I suoi esiti artistici sono stati argomento di un incontro pubblico, al termine del quale il maestro ha risposto ad alcune domande dei presenti:

Maestro Kovacevich, come si è avvicinato alla musica?

I miei genitori non erano musicisti, ma ho iniziato ad appassionarmi molto presto, ascoltando la Sinfonia in sol minore di Mozart. Mia madre lavorava in un giornale: aveva molti contatti e riuscì a scovare quello che allora era probabilmente il miglior insegnante di pianoforte in tutta la California: Lev Schorr, un russo che viveva a San Francisco. Dunque cominciai a studiare con lui: era un eccellente didatta.

Lei ha studiato a Londra con Myra Hess: che ricordo ha di questa grande pianista?

Era veramente una grande artista; tra i pochi che all'epoca potessero davvero capire il tardo stile di Beethoven. Una docente perfetta anche per approfondire Schubert e Brahms.

Quali grandi pianisti l'hanno influenzata maggiormente?

Probabilmente Horowitz, Serkin e Schnabel. Ho anche molto ammirato Lipatti. Oltre naturalmente a Rachmaninov.

E Benedetti Michelangeli?

Un maestro eccelso: adoro la sua interpretazione del concerto n. 4 di Rachmaninov. Talvolta può capitare, come nella Sonata op. 111 di Beethoven, che io non condivida tutte le sue scelte, ma si capisce comunque che suona un grande.

Quale consiglio darebbe ai giovani pianisti di oggi?

Di non limitarsi a concentrarsi sui soli aspetti tecnici dell'esecuzione, perché suonare il pianoforte non è certo una forma di dattilografia. Ci sono tante fantastiche interpretazioni di grandi pianisti del Novecento su cui riflettere, pensiamo soltanto a quelle lasciate da Rachmaninov.


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