L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

I segreti della mia Carmen

 di Pietro Gandetto

Anita Rachvelishvili - nome di ghiaccio, e voce di fuoco - è un mezzosoprano georgiano. Si è diplomata in canto al Conservatorio di Tbilisi, perfezionandosi poi all’Accademia del Teatro alla Scala, dove il 7 dicembre del 2009 ha inaugurato la Stagione come protagonista della Carmen di Bizet al fianco di Jonas Kaufmann e diretta da Daniel Barenboim. Dopo due anni ha debuttato nello stesso ruolo al Metropolitan di New York, che l’ha definitivamente consacrata come una stella del panorama lirico internazionale. Anita ha cantata Carmen al Bayerische Staatsoper di Monaco, al Seattle Opera, al San Francisco Opera, al Teatro Regio di Torino, al Canadian Opera Company, a Toronto, all’Opera di Roma e, ovviamente, all’Arena di Verona. Da quasi sei anni, è ospite fissa in tutti i maggiori teatri lirici del mondo e l’intereprete più richiesta dell'opera di Bizet. Colta nel turbine dei suoi impegni internazionali, Anita ci racconta qualcosa sulla sua Carmen e su cosa significa essere una cantante d’opera al giorno d’oggi.

Partiamo con una domanda semplice ma fondamentale: che cosa rappresenta per te la tua voce?

La mia voce per me è una fonte inesauribile di adrenalina ed è il miglior modo per esprimere al pubblico le mie emozioni. Il miglior modo per far capire agli altri chi sono davvero.

Questa voce speciale è un dono di Dio o è frutto di un duro lavoro?

Siamo onesti, per avere una voce così bisogna nascere con un bel colore naturale. Il colore della voce non si cambia con la tecnica. Con la tecnica si può imparare a non indurirla e a non rovinarla, mantenendo intatto il proprio patrimonio vocale. Se si ha una buona tecnica, ma la voce è mediocre, lì c’è poco da fare. Personalmente, penso che una buona tecnica, senza una voce calda e dotata di un colore piacevole, non abbia molto fascino. Comunque, nella storia ci sono stati cantanti straordinari che hanno saputo fare cose bellissime senza avere una voce particolarmente accattivante, ma grazie a una musicalità e a una sensibilità indimenticabili.

Oltre alla bella voce, è importante sapersi muovere bene sul palco. La cosa più audace che ti hanno proposto a livello registico?

Di spogliarmi, ma l'ho fatto solo a metà. Non perché sia contraria in generale a un’idea registica di questo tipo, ma perché non ero d'accordo in quel caso specifico. Mi spiego meglio. Era una Carmen, e il regista insisteva nel sostenere che per trattenere il suo Don José, Carmen si doveva spogliare. Secondo me una donna come Carmen non ha bisogno di spogliarsi per trattenere un uomo, ha mille altre armi di seduzione.

E come andò a finire?

Andò a finire che feci come volevo io. Questa è Carmen.

Ma allora parliamo di questa Carmen. Sei l’interprete di questo ruolo più richiesta al mondo. Perché la tua Carmen piace tanto?

Carmen è una parte molto importante di me: è un ruolo che ha stravolto in positivo la mia vita. Sono forse anche un po' simile a lei. Dopo la Carmen che ha aperto la stagione della Scala il 7 dicembre del 2009, mi si sono spalancate le porte di tutti i teatri del mondo e da li ho iniziato a questa bella carriera.

La mia Carmen è diversa non perché io sia diversa dalle altre colleghe, ma perché quando l’ho imparata per la prima volta in Francia, l’ho studiata esattamente come l’ha scritta Bizet, esattamente nota per nota, pausa per pausa, con le dinamiche così come sono scritte, senza mai aggiungere o togliere niente. Non sono d’accordo con le aggiunte di tradizione, non ho preso in considerazione nient'altro che il testo. E poi ogni volta che la riprendo, la ripasso completamente dall’inizio alla fine e la canto come sono io in quel momento. Non siamo mai uguali a noi stessi. Quindi forse è per questo che ogni volta è un’opera nuova e piace così tanto.

Qual è il segreto per non annoiare mai il pubblico?

La musica regala infinite possibilità interpretative e se un artista è consapevole di ciò e si pone nei confronti della musica con il giusto approccio, potrà sempre ottenere un risultato nuovo, come se fosse la “prima volta”. Lo studio di un ruolo è una ricerca a 360° che conduco nel tempo e che praticamente non finisce mai; riprendendo un ruolo dopo anni, cerco di trovare sempre una chiave di lettura nuova, vado alla ricerca delle pause scritte dall’autore e delle note che magari prima non avevo analizzato e valorizzato. Così si propone qualcosa sempre nuovo.

Cosa senti quando il pubblico è sotto il tuo “dominio”, rapito dalla musica?

In quei momenti provo una carica di adrenalina pazzesca. Quando senti di aver conquistato il pubblico, è come sentire un potere assoluto. Questo flusso di energie con il pubblico per noi cantanti è l'emozione più grande e più appagante che possiamo avere.

E parlando di emozioni, secondo te è vero che sul palcoscenico viene fuori la vera natura di ogni artista?

È verissimo, perché la musica svela la natura autentica di ogni persona. Quando canti o suoni non puoi controllarti, perché la tua mente è presa da mille pensieri e sei concentrato su quello che stai facendo. Ed è in quel momento che si vede chi sei veramente. Un altro momento di questo tipo è quello dei primissimi applausi alla fine della recita. Là si vede sempre il vero carattere di un cantante.

Che rapporto hai con la moda? Cosa fai quando i costumi di scena non ti piacciono?

Non seguo la moda, non mi interessa, seguo il tempo, che è diverso. Cerco di vestirmi per valorizzarmi e per essere più bella, ma non mi metto addosso qualunque cosa solo perché è cool.

E quando gli abiti di scena non ti piacciono?

Cerco di farli modificare perché soprattutto sul palcoscenico è importante sentirsi comodi e sapere che il pubblico guardandoti vede una figura bella, un corpo bello. Spesso i designer creano cose un po’ "così" e quindi devi fare di tutto per farti fare qualcosa che ti senti bene addosso.

Che rapporto hai con i social?

È importantissimo tenersi in contatto con il pubblico, per me è una parte fondamentale del mio lavoro. Uso quasi tutti i social e sono felice di essere in contatto con i miei fan. Negli anni, alcuni di loro sono diventati veri amici che sento sempre e mi stanno accanto anche nei momenti difficili. Però è importante che l’uso dei social non diventi un’ossessione. Tutto deve avere un limite.

Impegni futuri e novità in vista?

Molti impegni con diversi teatri e molti debutti in nuovi ruoli. Tra le opere di repertorio, Requiem di Verdi il 29 e il 30 settembre a Milano, Aida al Regio di Torino a novembre. Tra i debutti, Il trovatore al Covent Garden l'anno prossimo con il Maestro Pappano e il Don Carlo a Chicago nel 2018. Debutterò, poi, a Parigi in tre o quattro nuove opere. Ho molti progetti in corso e devo dire che tutti mi affascinano e mi coinvolgono molto. A dicembre di quest’anno inciderò il mio primo disco con la casa Discografica Delos. Sarà un CD molto particolare e interessante, con delle sorprese. In più continuo a fare anche il Jazz con la mia band e ho intenzione di registrare un paio di CD anche in questo genere di musica. Anita non si ferma mai!!

Un pregio e un difetto di Anita

Tanti pregi e ancor più difetti, ma ce n’è uno che è contemporaneamente pregio e difetto ed è la troppa focosità, le troppe emozioni da gestire!

Come ti vedi tra vent'anni?

Tra vent'anni mi vedo sempre sul palcoscenico, cantando i ruoli che amo, magari tornando a casa ad abbracciare dei figli e un marito che mi ami e che amo perdutamente.

Parlando di amore, cosa ti colpisce in un uomo?

La sicurezza, le poche parole, l’eleganza, non solo quella esteriore, ma quella interiore, quella che puoi trovare negli uomini sicuri di sé, intelligenti ed eruditi. E, soprattutto, il senso dell’umorismo, perché non è facile, passate le prime ore, trovare qualcuno che sia ancora interessante e divertente.

E adesso sei innamorata?

Chi lo sa? Te lo dirò alla prossima intervista! 


 

 

 
 
 

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