Concerto di Natale 2018 dalla Scala
Rai5, sabato 28 dicembre 2019 - 19:30
Per lo spazio “Sabato classica”, nel mese di dicembre Rai Cultura propone un ciclo di concerti dedicati a uno degli appuntamenti musicali più prestigiosi delle festività natalizie, nonché uno degli appuntamenti scaligeri più attesi dell’anno: il tradizionale Concerto di Natale che ogni anno il Teatro alla Scala esegue con le bacchette più prestigiose della scena musicale per celebrare le feste. L’evento, introdotto nel cartellone scaligero da Riccardo Muti nel 1996, è da allora un appuntamento fisso delle festività. Nell’ultimo appuntamento, in onda sabato 28 dicembre alle 19.30 su Rai5, sarà proposto il Concerto di Natale 2018. Protagonista è Diego Fasolis, il maestro che ha tenuto a battesimo la formazione di strumentisti barocchi in seno all’Orchestra scaligera. Le voci soliste sono quelle di Rosa Feola, Elisabeth Kulman, Mauro Peter, Gianluca Buratto e dell’allieva dell’Accademia Anna-Doris Capitelli. Accanto a loro è impegnato il Coro della Scala diretto da Bruno Casoni.
Il programma si apre con il Concerto in sol minore RV 517 per archi e basso continuo di Antonio Vivaldi. Scritto forse verso la metà del 1720 e primo di una serie di dodici concerti conservati alla Biblioteca Nazionale di Parigi, questo Concerto appartiene alla categoria dei cosiddetti “concerti ripieno” o concerti a quattro, cioè senza solista e destinati a un complesso d’archi diviso in quattro parti.
Segue il mottetto O qui coeli terraeque serenitas RV 631, affidato alla voce solista di Rosa Feola, che risale con ogni probabilità agli anni del soggiorno romano di Vivaldi (verso la metà del 1725) e ai contatti del compositore con il cardinale Ottoboni; il manoscritto, solo parzialmente autografo, è infatti in tre tipi di carta, tutti del tipo prodotto e impiegato a Roma. La sua struttura tripartita è tipica di questo genere di composizioni: due arie separate da un recitativo.
Ancora di Vivaldi il Magnificat ossecensis RV 610, composto probabilmente tra il 1713 e il 1717. Scritto per cinque solisti vocali, coro e complesso d’archi, non è un Magnificat esultante, trionfalistico, ma un cantico meditativo e di certezza nella fede.
Si prosegue con Mozart e con la sua Missa in do maggiore K 317 (Krönungsmesse) che si è a lungo creduto dovesse il suo nome alla celebrazione dell’incoronazione dell’immagine della Vergine, conservata nella chiesa di Maria Plain, un piccolo santuario nei dintorni di Salisburgo, anche se l’organico orchestrale piuttosto importante e il fatto che la composizione fosse completata il 23 marzo 1779, tre mesi prima dell’inizio delle celebrazioni, avevano alimentato forti dubbi. Oggi si è propensi a ritenere che il nome “Messa dell’Incoronazione” sia derivato a quest’opera dopo l’esecuzione nel 1791, sotto la direzione di Salieri, per l’incoronazione a Praga di Leopoldo II (la stessa occasione in cui Mozart presentò la Clemenza di Tito). Certo è che la Messa rappresenta per Mozart un’occasione per tentare una svolta stilistica nella musica sacra, alla quale affida un’espansione e un vigore strumentale ancora sconosciuti.
Il concerto si conclude con un capolavoro dell’ultimo anno di vita di Mozart: l’Ave Verum Corpus K 618. E’ l’altra faccia del Requiem: qui una musica della più sublime sottigliezza armonica e contrappuntistica assume vesti dimesse e dimensioni contenute (appena 46 battute), contrapposte alle pagine più fiammeggianti di quel grande lavoro incompiuto. Umile la destinazione: Mozart lo scrive nel luglio del 1791, per Anton Stoll, il maestro del coro della chiesa parrocchiale di Baden, la località termale in cui si recava la moglie.