Ricordando Fausto Ricci
Il concorso dedicato a Fausto Ricci nella sua città natale e sotto l'ala protettrice di Alfonso Antoniozzi e Raina Kabaivanska ha premiato giovani voci e selezionato gli interpreti per l'allestimento dei Pagliacci di Leoncavallo
VITERBO, dal 13 al 16 ottobre - La splendida città di Viterbo dovrebbe esigere dalle ferrovie dello stato qualche collegamento più rapido con la Capitale. Dopo di più di due ore di metropolitana, che ferma ogni cinque minuti sia nel nord di Roma sia nell’alto Lazio, si arriva a Porta Romana estenuati. Ma le piazze, le salite e le discese del centro medievale sono di una bellezza che consola dello stress.
La decima edizione del Premio Fausto Ricci si è svolta a Viterbo dal 13 al 16 ottobre. Presidente della giuria è stata Raina Kabaivanska. Qualcosa occorre dire del baritono viterbese Fausto Ricci, al quale è giustamente intitolato il concorso, nato e morto nella sua città rispettivamente nel 1892 e nel 1964. Scoperto dal tenore romano Francesco (“Checco”) Marconi, fu da lui avviato allo studio con Giuseppina Vitali Augusti a Roma, Marconi morì prima di assistere al debutto teatrale di Ricci, che avvenne nel 1916 al Teatro Nazionale di Roma nell’Ernani. Subito dopo la capitale lo riascoltava come Amonasro al Costanzi. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, nel 1918 fu alla Scala nel rossiniano Mosè, poi in Aida e Andrea Chénier. Cantò a Venna, Berlino, Madrid, Londra e dal 1924 al 1927 al Colòn di Buenos Aires. Nel corso della carriera ebbe l’approvazione di Serafin, di Toscanini e di Mascagni. In scena era imponente (non amava il repertorio buffo) e per la recitazione chiedeva ispirazione e consigli a grandi attori come Ermete Zacconi e Ruggero Ruggeri. Per qualche tempo, negli anni Venti, fu etichettato come “nemico del regime”, ma pare che si trattasse soprattutto della rappresaglia di un impresario con cui era venuto in contrasto.
La discografia di Fausto Ricci pubblicata nel sito La Voce Antica è incompleta e priva di date e sarebbe bene fare chiarezza su di essa, come pure sulle svariate canzoni napoletane postate su YouTube con il suo nome. YouTube consente comunque di farsi un’idea. Vi troviamo brani di Rigoletto (soprano Pia Ravenna, 1928) e della Traviata (1929) incisi per la Fonotipia; per la Parlophon si ascoltano il Prologo dei Pagliacci con membri della Staatskapelle di Berlino come orchestra, sotto l’interessante bacchetta del tedesco Samuel Weissmann.(che diresse per la Parlophon tra il ’21 e il ’34), l’aria di Valentin nel Faust, il “Bell’astro incantator” del Tannhäuser (1929), il duetto di Gioconda “Enzo Grimaldo, principe di Santafior” con il tenore Nino Piccaluga (indicato come Berlino 1930, probabilmente nella stessa cornice artistica di Pagliacci). Nel sito La Voce Antica si può ascoltare dall’opera di Leoncavallo non “Zazà, piccola zingara” come affermato, ma il breve arioso “Buona Zazà”, sempre per la Parlophon. Voce facile, morbida e squillante, quella di Ricci, che meriterebbe di essere molto più conosciuta; lo merita anche l’artista. Che risulta musicale e coinvolto come interprete.
Su Internet si legge che il nostro baritono nel 1938 prestò la voce nel film Fiori senza primavera, sulla vita di Johann Strauss. Non credo si tratti di una versione italiana di The Great Waltz, con regìa di Julien Duvivier, di quello stesso anno. Spero che qualcuno possa risolvere l’enigma e rendere reperibile la scheda completa di questa pellicola ( e magari, perché no, proiettarne una copia al prossimo concorso?)
Fausto Ricci pubblicò nel 1951 un volumetto dal titolo Come si canta. Metodo pratico e consigli per lo studio del canto e per l’impostazione della voce, con critiche varie del teatro e dello studio. Alla fine degli anni Cinquanta diresse nella sua Viterbo una scuola di canto. Ancora nel 1960 partecipò a un concerto in occasione dell’inaugurazione del teatro San Leonardo di questa città.
Non tutti sanno che il baritono Alfonso Antoniozzi, nato a Viterbo, è oggi vicesindaco e assessore alla cultura della città – quindi giurato e colonna portante di questo Premio. Per la decima edizione alla presidenza della giuria c’era Raina Kabaivanska, appena reduce dall’annuale massacrante appuntamento di Sofia. Instancabile, vivace, elegante, ha più volte ripetuto il suo entusiasmo per il fatto che un concorso offra in premio ai vincitori anche la chance di andare in scena con un’opera in diverse città (lei sa quanto conta il rodaggio scenico!). Infatti, Pagliacci sarà rappresentata a Viterbo, in Sicilia e forse altrove con i cantanti premiati. Ecco quindi che Canio sarà il giovane coreano Donghyun Kim, al Teatro dell’Unione ascoltato in “Che gelida manina” e “Recitar! Mentre preso dal delirio”. Materiale interessante e promettente di tenore lirico spinto: ha vinto il secondo Premio Ricci, ex aequo con Chiara Mogini, di Assisi, bella e statuaria interprete di “Voi lo sapete, o mamma”. Nedda saranno la serbo-bulgara Isidora Moles – che nella finale ha affrontato “È strano…Sempre libera” e il duetto con Silvio di Pagliacci con soddisfacente tecnica e una bella figura slanciata, guadagnandosi anche il primo premio del concorso Ricci vero e proprio – e la padovana già in carriera Arianna Cimolin, di voce dolce e tecnicamente rifinita. Se i ruoli di Tonio e Beppe non sono stati assegnati, quello di Silvio è andato a Eduardo Martinez Flores, messicano, impegnato anche scenicamente, terzo premio del concorso. Ma devo ricordare il baritono palermitano Giovanni Palminteri, spigliato e sicuro nella cavatina di Figaro (Premio del Pubblico). E voglio sottolineare che il tenore Donghyun Kim, il soprano Arianna Cimolin e il mezzosoprano Chiara Mogini studiano con la Kabaivanska.
Un po’ di confusione in palcoscenico nell’annunciare i premi non ha tolto nulla alla simpatia e all’entusiasmo degli organizzatori. Alla loro “creatura” annuale auguriamo successo e lunga vita.