L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il Rosenkavalier di fondamento

di Francesco Lora

Attraverso 45 anni di riprese, il capolavoro di Strauss con la regìa di Schenk domina ancora il cartellone della Staatsoper di Vienna. Nelle recite di ottobre, una compagnia di canto particolarmente lussuosa con Fleming, Koch e Rose.

VIENNA, 27 ottobre 2013 - Alla bella faccia di chi crede che l’interesse di uno spettacolo d’opera coincida con la novità del suo allestimento scenico – una colpa che riguarda in primis le testate giornalistiche, spesso euforiche intorno ai nuovi allestimenti ma non alle riprese – la Staatsoper di Vienna è tornata a esibire la perfezione incorruttibile: dal 1968 a oggi Der Rosenkavalier di Richard Strauss è andato in scena tutti gli anni, nessuno escluso, fino a sforare oltre le 350 recite, e sempre nello storico spettacolo con regìa di Otto Schenk, scene di Rudolf Heinrich e costumi di Erni Kniepert. C’è poco da stupirsi: nella sua concezione visiva e teatrale questo è il em>Rosenkavalier di fondamento, ossia quello che fa apparire ogni altro allestimento forse più mirato su questo o quel singolo aspetto drammaturgico, ma comunque un poco più distante dalla bella letteralità del libretto e della partitura. Tradizionale nella sua iconografia viennese settecentesca, l’impianto scenico stupisce ancora per audacia strutturale e prospettica, per esempio nell’atto II e in casa Faninal, con lo scalone sospeso nel vuoto che conduce a un loggiato senza base. Sulle scene e sui costumi può essersi depositata polvere a volontà: pure, essa ha via via aumentato il loro fascino, apponendo sui colori vividi da pasticceria quella patina fuligginosa che evoca non già la Vienna dei turisti, bensì quella imperiale, nostalgica, autentica.

Quasi ogni ripresa viennese della regìa di Schenk si giova di una compagnia di canto tra le più attendibili: ecco allora l’opportunità di riferire dell’ultimo ciclo di recite, 20-30 ottobre, dirette con encomiabile precisione, coerenza e vividezza da Adam Fischer. Il suo compito e i suoi meriti sono stati innanzitutto quelli di un mediatore, equamente posto tra le tradizioni esecutive dei Wiener Philharmoniker – ponderose, nel Rosenkavalier, in fatto di rubato e interventi scherzosi – e il personale contributo interpretativo di ciascun cantante principale. Intorno a lui le personalità forti non sono del resto mancate, a partire dall’insuperabile Barone Ochs realizzato da Peter Rose. Il personaggio sembra già costruito con la sua sola figura fisica, tanto straripante di mole e di gesto da sembrar quasi voler invadere l’universo: si aggiungono invece un canto di qualità da un capo all’altro della tessitura, e un accento che saltella senza riposo dalla boria all’ammicco, alla bonarietà, alla goffa seduzione; dal canto di conversazione e dalle controscene emergono così piccoli capolavori esilaranti, come il dialogo col Notaio impersonato dall’inossidabile Alfred Šramek.

All’opposto dell’interpretazione, ma altrettanto attendibile, è stata la freschissima Sophie di Ileana Tonca, subentrata all’ultimo a Mojca Erdmann indisposta. A sua volta, leggere in locandina il nome di Adrian Eröd accanto alla parte di Faninal procura l’ebbrezza dello scialo a cuor leggero. Un paio di delusioni, ma di lusso, si sono invece appuntate sulle due interpreti più in vista. La Marescialla di Renée Fleming risulta infatti povera di un vero affinamento psicologico, rimpiazzato da un’affettazione buona a molti usi ma sempre mistificante; rimarrebbero la sensualità del timbro e la mollezza del fraseggio, con le quali la Fleming sa fare arti magiche nelle incisioni discografiche, ma il passaggio dal microfono alla grande sala riconferma i limiti di una voce né proiettata né risonante. Anche Sophie Koch dà a Octavian splendida figura scenica e le più forbite intenzioni interpretative, ma la piccolezza della voce obbliga a forzare, indi a stancare il timbro e a decimare le sfumature. Senza macchia, infine, tutto l’innumerevole comprimariato, dove meritano la menzione almeno la Marianne di Simina Ivan, il Valzacchi di Thomas Ebenstein, l’Annina di Ulrike Helzel, il Commissario di Polizia di Walter Fink e il Cantante italiano di Jinxu Xiahou. Uno spettacolo col quale la Staatsoper di Vienna può dettar legge ai teatri del mondo. A piè di pagina: la recita del 27 ottobre, cui questa recensione si riferisce, ha raggiunto tramite la trasmissione televisiva live streaming un pubblico ben più ampio di quello che gremiva la Staatsoper. Dal sito internet del teatro si può tuttora godere di questo servizio.

 


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