La rosa scolorita
di Valentina Anzani
Nel centocinquantesimo dalla nascita di Richard Strauss, il Théâtre des Champs-Élysées propone in forma di concerto un'esecuzione non particolarmente entusismante di Der Rosenkavalier, salvata dal Barone Ochs di Peter Rose.
PARIGI, 18 marzo 2014 – Nell’anno delle celebrazioni dei centocinquanta anni della nascita di Richard Strauss, l’orchestra della Bayerische Staadsoper, spesso ospite a Parigi, ha apportato il proprio contributo al cartellone del Theatre des Champs Elysees con un’esecuzione in forma di concerto del Rosenkavalier, diretta dalla bacchetta di Kirill Petrenko.
Il pubblico, soddisfatto di una delle rare esecuzioni di quest’opera, non ha lesinato applausi, nonostante i vistosi errori interpretativi di parte del cast vocale e del direttore.
La vocalità e il portamento di Soile Isokoski ben suggeriscono la posizione sociale di una principessa e certamente trarne ottimo partito nel delineare il carattere della Marescialla, se non si fosse astenuta dal dare adeguato rilievo al dramma profondo vissuto dal personaggio straussiano. È una Marescialla pacata nel primo atto, che non dimostra particolare passione per il giovane Octavian e che non è troppo turbata, nel terzo atto, nel constatare che questi le preferisce un’altra donna più giovane. Proprio in questo momento, però, la sua figura dovrebbe mostrare tutta la sua autunnale, aristocratica tragicità, il suo desiderio di aggrapparsi con ogni mezzo alla propria giovinezza, la consapevolezza di nn potersi rassegnare. La Isokoski spreca, però, la sua occasione, pronunciando quello ‹‹Ja, ja›› che nell’opera segna il momento esatto in cui la donna prende coscienza del trascorrere del tempo con sola noncuranza e approvazione per l’unione dei due giovani, senza un briciolo di malinconia.
Sophie Koch, donna sofisticata, non riesce a liberarsi di se stessa per essere l’adolescente Octavian e stizzisce il suo miagolare sul proprio timbro, nel momento in cui il ragazzo si traveste da donna per prendersi gioco del Barone Ochs. Quest’ultimo era un Peter Rose frizzante, capace di rianimare il palcoscenico con la sua sola presenza. È interprete consapevole e divertito, il cui approccio è aderente a quanto richiesto dal personaggio: ben ci informa della sua posizione di signore attempato e ormai disinteressato ai giudizi morali.
Una sorpresa piacevole è stata la sostituzione di Mojica Erdmann con Christiane Karg, che si è rivelata una Sophie accurata, fresca della sua giovinezza, senza per questo scadere nel bambinesco.
Petrenko non chiede troppo alla propria orchestra, permettendo che l’esecuzione risulti asettica e priva di reale volontà interpretativa, anche se il pubblico sembra non essere rimasto deluso dalla serata, che si è conclusa con lunghi applausi.