Grazia profonda
di Roberta Pedrotti
N. Rota
Chamber works
Alessio Bidoli, violino
Bruno canino, pianoforte
Massimo Mercelli, flauto
Nicoletta Sanzin, arpa
registrazioni effettuate a Cremona nel novembre 2019
CD Decca, 4819147, 2020
La popolarità raggiunta attraverso il cinema può essere un'arma a doppio taglio? Se ne è discusso all'indomani della scomparsa di Ennio Morricone; il discorso vale ancor più per Nino Rota, se non altro perché oramai ben storicizzato.
Considerato, non del tutto a torto, l'alter ego musicale di Fellini, era tanto immerso nelle note – e disinteressato alle proiezioni perfino dei film cui collaborava – quanto il regista riminese era immerso nel cinema e impermeabile all'arte dei suoni. Eppure, musicalissimo Federico, quantomai cinematografico Nino. Tanto cinematografico da far forse trascurare il valore come compositore autonomo per il teatro e le sale da concerto. In realtà, il suo nutrito catalogo guadagnò la stima di tanti insigni interpreti e aiuta a comprendere perché anche le sue colonne sonore andavano oltre il mero accompagnamento funzionale all'effetto.
Ascoltando la musica da camera di Nino Rota, ascoltiamo l'allievo di Pizzetti e Casella, l'erede della generazione dell'Ottanta il cui richiamo neoclassico respira di ampi orizzonti internazionali. La melodia di Rota, la pulizia formale, la chiarezza armonica non hanno mai nulla di artificioso, di programmatico, irrigidito, bensì una grazia disarmante, un senso di delicata naturalezza che anima tutta la costruzione e attraverso piccoli gesti ironici (ascoltate l'Improvviso per violino e pianoforte Un diavolo sentimentale del 1969!) ci porta verso lidi inaspettati, il lirismo accattivante intriga e gioca con effetti perturbanti. La musica è un oggetto, materia; il classico si combina in nuove soluzioni, senza temere ingredienti esotici o sperimentali. L'accoppiata violino pianoforte è quanto di familiare si possa immaginare, ma se suonano meno consueti, anche il due arpa flauto, che sa tanto di Novecento, ha un modello nel concerto per arpa flauto e orchestra di Mozart e il trio con tastiera flauto e violino fu praticato già da Bach nella sonata BWV 1038.
Rota ammicca a Stravinskij e ai Six francesi, ma resta sornione nella sua grazia solo apparentemente rassicurante. Resta se stesso, un compositore emblematico del 900, ancora in buona parte da scoprire e riscoprire, come avviene ascoltando questo CD affidato alle cure di un quartetto di solisti che miscela, fra diverse generazioni, la classe ed entusiasmo, esperienza ed energia. Alessio Bidoli, violino, Bruno Canino, pianoforte, Massimo Mercelli, flauto, e Nicoletta Sanzin (chissà perché estromessa dalle foto di copertina), arpa, in rigoroso ordine alfabetico servono in bell'equilibrio, tutti ben avvezzi agli idiomi novecenteschi, la grazia profonda di Rota. Le note di Nicola Scardicchio sono tradotte oltre che in inglese in russo, lasciando intendere un interesse e un mercato ampliato a est: ottima cosa per un compositore che, nella sua unicità, resta fra i più significativi del nostro Novecento.