L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tre solisti e un mecenate

di Roberta Pedrotti

F. J. Haydn

Concerto per fortepiano (pianoforte) in Re maggiore, Hob. XVIII:11

Concerto per violoncello in Do maggiore, Hob. VIIB:1

Concerto per violino in Sol maggiore, Hob. VIIA:1

Maurizio Baglini, pianoforte

Silvia Chiesa, violoncello

Guido Rimonda, violino e direttore

Camerata Ducale

Registrato all'Amiata Piano Festival il 27 agosto 2015

CD Decca 481 5395, 2017

Tre concerti solistici per un omaggio ad Haydn che è anche, nell'ambito dell'Amiata Piano Festival, un omaggio all'idea di mecenatismo - allora il principe Nicola I Giuseppe Esterházy di Galantha, oggi per la rassegna toscana la famiglia Bertarelli Tipa - e all'idea del solista anche quale concertatore e catalizzatore di un'orchestra - Haydn a Eszterháza, Rimonda con la sua Cappella Ducale (e par chiaro che l'idea non sia di superba identificazione, quanto di devota emulazione).

Al di là di questi paralleli programmatici nel pensare un concerto in cui l'orchestra abbia il proprio creatore e mentore sul podio e, in alternanza con altri, solista interlocutore, in cui si celebri l'importanza dell'impegno di un mecenate per creare bellezza, il cd, registrato dal vivo in una serata che prevedeva anche la Sinfonia degli Addii, offre altri importanti elementi di riflessione su Haydn, l'arte, il ruolo dell'interprete. L'alternarsi di diverse voci soliste focalizza diverse caratteristiche della scrittura haydniana in un percorso volutamente avulso da criteri cronologici. Dal concerto per fortepiano pubblicato nel 1784, con il suo andamento libero dai canoni della forma sonata e culminante in un originale rondò "all'ungherese" (ma in realtà decisamente balcanico, su danze che, anzi, oltre un secolo dopo l'ungherese Lehàr assocerà all'esotico e immaginario Pontevedro), si passa a quelli di una ventina d'anni precedenti per violoncello e per violino,quest'ultimo dall'impostazione ben più classica, anzi, in cui tratti ancora galanti e tardobarocchi maturano in un nuovo ordine formale.

Dal fortepiano, strumento nuovo e in rapida evoluzione sulla strada che condurrà al pianoforte, alle potenzialità consolidate del violino, anch'esso strumento praticato con ottimi risultati dallo stesso compositore (mentre il suo mecenate preferiva esibirsi al baryton, altro parente della viola oggi in disuso). Nel caso della tastiera un brano di fortuna ininterrotta di cui sono conservate cadenze d'autore, mentre il concerto per violoncello, caduto nell'oblìo per quasi due secoli, venne onorato da cadenze stese poi, nella riscoperta, da Benjamin Britten. E proprio la cadenza è la chiave dell'approccio del trio che si alterna nel dialogo con la Camerata Ducale: Maurizio Baglini, pur in un raffinato rigore stilistico, non rinuncia all'idiomaticità del suo strumento moderno nell'improvvisare sulla base della traccia haydniana, come a ricordare che il rispetto dell'antico passa attraverso la voce viva dei contemporanei; Silvia Chiesa, che parimenti calibra arcate e dosa il vibrato per non tradire le linee classiche, accoglie come punto di partenza la cadenza di Britten, per poi liberare il suo estro di virtuosa nell'improvvisazione; Guido Rimonda riconferma di aver perfettamente assimilato il gusto e la prassi del secondo Settecento e di saperli porgere con preziosa eleganza. L'articolazione della Camerata Ducale è chiara e compatta, il suono leggero, dalla vibrazione contenuta al punto giusto.

Maurizio Baglini stesso firma le note di copertina spiegando con passione i cardini programmatici animati dal calore, dall'idea di presenza la ripresa dal vivo, applausi compresi, garantisce.


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