L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tutto nel canto

di Valentina Anzani

Nell’ennesima ripresa del tradizionalissimo allestimento di Marcello Grigorov, voci frizzanti per l’Elisir d’amore in scena al Teatro Regio di Parma come titolo inaugurale della stagione.

Parma, 22 marzo 2015 – La rapidità con cui Donizetti compose L’elisir d’amore per sostituire, nel giro di poche settimane, un altro titolo previsto al Teatro della Canobbiana non andò a discapito della qualità, e l’opera riscosse fin da subito il successo che si rinnova a ogni ripresa, come è stato anche per il gustoso spettacolo in scena al Regio di Parma per un’inaugurazione di stagione di tutto rispetto, che si spera sia di buon auspicio per il risollevamento dalla crisi che il teatro parmigiano ha dovuto subire.

La bacchetta abile del giovane Francesco Cilluffo ha ben guidato una produzione gratificata da un’interpretazione vocale ineccepibile, a partire dall’Adina di Jessica Nuccio, rivestita di una schiettezza scenica corroborata da una vocalità brillante di tutto rispetto. Squillante e luminosa in tutta la gamma dell’emissione, precisa nelle salite all’acuto e coerente nella rotondità di suono fino alle note più gravi, si è cimentata in variazioni in perfetto ossequio allo stile del belcanto, per stupire tutti nella cabaletta "Il mio rigor dimentica", pirotecnica, acutissima, agilissima. Ben si accorda con Celso Abelo, interprete di Nemorino dal mezzo vocale ampio e potente, che colpisce con i suoi sfavillanti acuti di petto e seduce per le sue capacità espressive: entra perfettamente nella parte del bamboccio caratterizzato da gestualità goffa e sopra le righe, ma all’occasione sa strappare la risata con un cenno del capo stoccato al punto giusto. La rosa delle voci maschili annoverava poi i timbri scuri di Julian Kim, nel ruolo di Belcore, cui va fatta una menzione d’onore per la pronuncia lodevole e la disinvoltura nella declamazione, e il buffo Roberto De Candia, perfettamente calato nel ruolo di un dottor Dulcamara dipinto come un vecchio marpione. Neppure la parte di Giannetta è stata trascurata, affidata a Eleonora Contucci, inteprete dalla voce densa e proiettata, che, nonostante la tessitura grave, riesce sempre a non essere sommersa nei passaggi d’insieme. Molto curati come sempre gli interventi del Coro del Teatro Regio di Parma, sia nella pronuncia e nelle dinamiche, sia nelle animate controscene dietro i solisti, quasi sempre voluti in pose declamatorie.

Si riprendeva un allestimento con la regia di Marcello Grigorov, dominata da una luce chiarissima a evocazione di ampi spazi campestri: se è tradizionale tanto da aderire al libretto quasi ai limiti della pedanteria, è però molto favorevole alle voci di prima qualità del cast. Grigorov ha proposto una lettura burlesca che puntava sull’aspetto caricaturale di personaggi e situazioni per suscitare effetti comici, ma così facendo ha scelto di astenersi dalla possibilità di indagine dell’animo umano che libretto e partitura offrirebbero. Argomento giocoso non è peraltro sinonimo di ridicolo, né avere come criterio di lavoro il rispetto dei dettami del libretto comporta l’obbligo di doversi fermare a quel livello di interpretazione. Nella vicenda vi è infatti molto più romanticismo di quanto le note di sala e l’impostazione registica vorrebbero far credere. Che Donizetti ci informi che i due provano un sentimento comune è chiaro fin dall’inizio: le terze e seste tra cui si ritrovano a tubare fin dal primo momento di dialogo in solitudine rivela quanto l’ordine di Adina “ama altrove, a te è concesso” sia solo una tra tante provocazioni di lei per farsi desiderare; dipingerla, invece, come una mera approfittatrice dell’inaspettata sopraggiunta ricchezza di lui è dare una lettura tanto superficiale quanto cinica che non tiene conto della graduale frizione dell’ostentata indifferenza di lui sull’orgoglio viziato di lei, che la rende conscia di un sentimento che già era nell’animo della capricciosa borghese. Se ha proposto quadri scenici certo raffinati, sotto la patina di gradevolezza non è però altro che una bella regia semplicetta che almeno, se nulla ha aggiunto, nulla ha tolto all’estrema perizia dell’intepretazione vocale.

foto Roberto Ricci

 

 

 


 

 

 
 
 

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