L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Reductio ad unum

di Isabella Ferrara

Al Teatro Bellini è in scena Tre modi per non morire. Baudelaire, Dante, i Greci di Giuseppe Montesano, diretto e interpretato da un carismatico Toni Servillo

NAPOLI, 24 gennaio 2023 - Su un palco spoglio, contro il nero della scena si erge un leggio. Pronto alla lectio che ci racconterà Tre modi per non morire di Giuseppe Montesano. A luci ancora accese entra in scena Toni Servillo che senza indugio inizia a percorrere le strade che furono di Baudelaire, il giovane poeta ribelle dello spleen parigino; di Dante, il Sommo poeta che nella sua Commedia cantò di uomini e spirito; di famosi filosofi e teoretici e poeti greci che rappresentarono l’umanità, presentandola al futuro.

Tre registri di recitazione diversi; tre atmosfere diverse rese dai toni, gli accenti, le espressioni; tre luci diverse ad accogliere il pubblico per condurlo fra le parole; tre pathos diversi. Un solo uomo, un solo attore che parla a tutti e ad ognuno; che legge le parole che furono di uno, e poi di tanti, e poi per tutti.

Una reductio ad unum per un solo essenziale messaggio.

Il teatro è pieno, l’artista Servillo chiama a raccolta e sceglie di usare se stesso, la propria famosa bravura, fatta di corporeità, espressività, voce, personalità, per parlare di argomenti di cui sente l’urgenza, la necessità, e dire ciò che vuol dire su di noi, società di oggi, di ieri anche, e di domani assolutamente. Plasma la materia prima e viva di immortali poeti con la sua voce per renderla oggi, per raccontarla, per spingere le parole oltre il testo e i tempi. Possiamo, se vogliamo, scegliere il tono eccitato e severo e cupo di oppiacee atmosfere baudelairiane che annebbiano i sensi solo poco prima di liberarli del tutto, rinvigorendoli alla passione; il tono drammatico e meditativo del Dante che incede lentamente nel buio di un’infernale ricerca, che è passaggio e trasformazione verso luce paradisiaca; o il tono arioso, ironico, vivace dei greci antichi, che nella catarsi teatrale sublimavano la realtà, orrida o ridente che fosse. Possiamo scegliere o accogliere tutta la poesia, lasciando che ogni parola e ogni inflessione di voce e tono ci tocchino i sensi, la ragione, le emozioni. Seguendo il percorso che si apre su una luce in fondo, all’uscita dalla caverna, dall’inferno, dalla nebbia della noia, dove la poesia è regina di cuori che canta amore e vita. L’uomo solo, sul palco e fra di noi, acquista spazio e tempo. Ebbro, rabbioso, annoiato, ignavo, smarrito nella nebbia, incatenato dall’ “oppio mediatico” alle apparenze e alle ombre, cerca la luce della poesia. Non è rima leziosa, o parole arcaiche su testi noiosi per chi insegue l’immagine successiva; la poesia era ed è esperimento, espressione sentita e ragionata, voce per sentimenti e riflessioni, parole che superino ostacoli per raggiungere il singolo nella moltitudine, e per accendere la luce su tutti e per ognuno. Lo spettacolo si conclude a luci accese, per vedersi e per vederci.

Per immergersi nella vita ad occhi ben aperti, sensi accesi, mente lucida, per non morire di noia, o di ignavia, o di mancanza di significato.

 


 

 

 
 
 

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